Disco

Dischi, imprevedibile Taylor Swift e un “Revolver” luccicante

Le canzoni della svolta psichedelica dei Beatles mixate in stereo e Dolby Atmos e portate a nuova vita. Quinto album in poco più di due anni per la cantautrice americana: dopo la svolta indie-folk, torna al pop con un lavoro ricco di sorprese. Esce “The Car” degli Arctic Monkeys. Simple Minds tra Glasgow e Taormina. Primo album tributo a Roberto Vecchioni

Beatles Revolver

L’album dei Beatles del 1966 che ha inaugurato una nuova era di psichedelia sonora sperimentale e d’avanguardia, segnando una svolta nell’evoluzione creativa di John Lennon, Paul McCartney, George Harrison e Ringo Starr, viene pubblicato in una versione aggiornata: le 14 tracce del disco sono diventate 63, fra seconde versioni, out-take, provini. Sono state mixate in stereo e Dolby Atmos e portate a nuova vita grazie ad un meticoloso restauro sonoro del produttore Giles Martin e del sound engineer Sam Okell. Sono state conservate le versioni con il mix mono originale dell’album, tratto dal suo master tape mono.

Uscito solo una settimana dopo la vittoria inglese della Coppa del Mondo, Revolver ha riunito tutti gli sviluppi musicali precedenti per rompere ulteriori confini, alienando molti fan e, nello stesso tempo, attirando un nuovo pubblico di giovani arrabbiati con lo status quo. La band è al suo meglio, sebbene la relazione tra Lennon e McCartney stesse già iniziando a rompersi alla fine della registrazione, e le canzoni li catturano al culmine della loro creatività, con Harrison che inizia a diventare lui stesso un cantautore. Ogni canzone su Revolver suona come un successo; nessuna dura più di tre minuti, con una coesione estetica determinata dalla sua produzione calda e compressa, alla deriva tra il rock psichedelico delle canzoni di Lennon e il pop barocco di Paul McCartney.

Revolver è costruito sugli album del ‘66 che lo precedettero, che a loro volta furono influenzati da Rubber Soul. Il sitar di Norwegian Wood si ritrova in Paint It Black dei Rolling Stones, e Revolver fa un ulteriore passo avanti scavando interamente nella musica indiana con Love You To di George Harrison. Se Rubber Soul ha ispirato Brian Wilson a creare Pet SoundsHere, There and Everywhere di Revolver rappresenta il tentativo di McCartney di eguagliare God Only Knows di Wilson. L’influenza di Revolver è chiara oggi, è difficile evitare somiglianze con la musica di band come Oasis e Tame Impala, mentre le sue canzoni continuano a emergere in vari generi, da artisti diversi.

Revolver ha dato il via all’era psichedelica dei Beatles, fluttuando attraverso cast di personaggi colorati (come Eleanor Rigby e Doctor Robert) punteggiati da momenti di insicurezza in contrasto con un costante ottimismo. Malinconia e solitudine filtrano attraverso i testi di Eleanor Rigby, mentre Here, There and Everywhere e For No Onerinunciano alla complessità per raccontare una storia di amore e crepacuore. Se i brani di Paul McCartney sono orchestrali, quelli di Lennon sono più apertamente psichedelici: I’m Only Sleeping crea un paesaggio onirico con chitarre al contrario, mentre She Said She SaidTomorrow Never Knows contemplano rispettivamente il significato della morte e della vita. Tomorrow Never Knows rimane la gemma nascosta dell’opera dei Beatles, impostata su un loop di batteria e un collage di rumori accelerati e invertiti. Il nostro futuro è buio, eppure la musica di Revolver ha ancora il potere di illuminare e plasmare il futuro.

Taylor Swift Midnights

La cantautrice americana ormai è una fucina di album impressionante. È il quinto disco della Swift in poco più di due anni, dopo Folklore e Evermore in stile indie folk dell’era della quarantena, e poi Fearless (Taylor’s Version) e Red (Taylor’s Version), riletture dei suoi primi due album, un progetto che ha intrapreso dopo che la sua ex etichetta discografica è stata venduta senza la sua partecipazione. Adesso, alla mezzanotte tra giovedì e venerdì, senza alcuna promozione, né annunci, ha pubblicato a sorpresa il suo decimo album, che segna una nuova svolta nella sua carriera. Dopo i due album Folklore ed Evermore con i quali aveva abbandonato il pop platinato per addentrarsi nei boschi dell’America folk, adesso si avvicina all’elettro-pop. Ci sono toni synth filtrati, picchi di bassi influenzati dal dubstep, ritmi ed effetti ispirati alla trap e alla house che deformano la sua voce fino a un punto di androginia in Midnight Rain e Labyrinth, quest’ultima una protesta contro gli stereotipi di genere.

«Midnights è un collage di intensità, alti e bassi e alti e bassi», ha scritto Swift su Twitter poco dopo l’uscita del suo nuovo album. «La vita può essere oscura, stellata, nuvolosa, terrificante, elettrizzante, calda, fredda, romantica o solitaria. Proprio come una Mezzanotte». Ha poi aggiunto che l’album racconta «le storie di tredici notti insonni sparse per tutta la [sua] vita». Fra queste, la traccia intitolata Karma è stata oggetto di speculazioni da parte dei fan per anni sul fatto che Swift abbia scritto materiale, forse anche un intero album, sulla sua faida del 2016 con Kanye West e Kim Kardashian. La collaborazione con Lana Del Rey in Snow on the Beach è una perfetta congiunzione genetica tra i loro due stili musicali con una splendida melodia: c’è una leggerezza di tocco, una sobria fusione delle loro voci. La ritmica e trascinante You’re on Your Own, Kid è la fantastica descrizione di una Swift ormai famosa che torna nella sua città natale e si sente come una reginetta del ballo, anche se una reginetta del ballo molto strana: “Mi guardavo intorno con un abito intriso di sangue”, canta, evocando l’immagine di Sissy Spacek in CarrieMaroon è superba, Anti-Hero suona come un rock anni Ottanta, Sweet Nothing è sognante. Midnights è un album avvincente, imprevedibile, pieno di sorprese, variegato. L’ex pin-up della musica country si rivela album dopo album una cantautrice matura, intelligente e moderna.

Secondo i crediti dell’album, la maggior parte delle canzoni sono state scritte e registrate con il suo collaboratore di lunga data Jack Antonoff, e gran parte di esse è stata registrata nello studio di casa di Antonoff a Brooklyn e agli Electric Lady Studios, il laboratorio del Greenwich Village fondato da Jimi Hendrix.

La promozione dell’album avverrà soltanto sui social. Il marketing di Swift questa volta ha coinvolto una serie di video kitsch su TikTok che hanno rivelato i titoli delle canzoni, uno alla volta, presi da palline da ping-pong in un canestro, come in uno spot televisivo locale vecchio di decenni. Swift ha persino mostrato il suo piano per la settimana di rilascio su Instagram, con elementi disposti su un calendario giornaliero: una «sorpresa speciale molto caotica» per venerdì, ovvero l’uscita del video musicale di Anti-Hero.

Midnights si annuncia come un album di grande successo commerciale. 

Arctic Monkeys The Car

Il trentaseienne cantante Alex Turner sta trasformando gli Arctic Monkeys, una delle più talentuose band rock del nuovo millennio, in un gruppo lounge malato d’amore. The Car, il loro settimo album in studio, è pieno di deviazioni, tenute insieme dalle linee vocali ondulate di Turner e da un’orchestra sempre pronta a dare la carica a un giocattolo in attesa di essere rianimato. È un album di amore, desiderio e dubbio, e l’offuscamento serve a rafforzare la sua convinzione fondamentale che le verità più semplici siano quelle più difficili da scoprire. La musica di The Car corrisponde all’incertezza dei testi. Dopo l’apertura There’d Better Be a Mirrorball, che potrebbe essere la colonna sonora di un film noir francese di qualsiasi epoca, la band esplode in technicolor sull’ispirazione funk I Ain’t Quite Where I Think I Am. Altre avventure includono Jet Skis on the Moat, che potrebbe passare per una cover di Isaac Hayes, e Body Paint, un’esplosione di pop barocco che ha tutta la spavalderia di un brano dall’album AM senza la cruda disperazione. Turner canta gran parte di The Car in falsetto. Se prima poteva sembrare la parodia delle rockstar, ora che il falsetto è quasi lo standard, sparisce l’ironia e diventa un errore di direzione.

Simple Minds Direction of the Heart

Quarant’anni dopo il loro seminale album New Gold Dream (81-82-83-84), Jim Kerr e la sua band tornano con il loro diciottesimo album in studio. Purtroppo, come hanno dimostrato nella loro recente esibizione al Teatro antico di Taormina, quei tempi d’oro risultano sbiaditi. I Simple Minds, nel frattempo, fra alti (pochi) e bassi (molti), si sono appesantiti, hanno perso energia e creatività, sono diventati ripetitivi, troppo legati a un cliché anni Ottanta. Purtroppo, continuano a guardare indietro, al 1977, quando scrissero Act of Love, la prima canzone che la band abbia mai suonato dal vivo, inserita soltanto adesso in un disco. 

Suoni onesti e passionali, ma già sentiti. Dall’iniziale Vision Thing, omaggio al defunto padre di Kerr, alla cover di chiusura, The Walls Came Down dei The Call. Serve anche come tributo a Michael Breen, che ha scritto la canzone per The Call e che è stato in tour con i Simple Minds negli anni Ottanta. È morto nel 2010 e i Simple Minds avevano suonato la sua musica in Big Music (Let The Day Begin) del 2014. 

Direction of the Heart è nato dove Jim Kerr ha le sue radici, antiche e recenti. Iniziato infatti a Glasgow, nel 2019, è stato poi realizzato in gran parte a Taormina, durante il periodo del Covid. Il tutto con il compagno di sempre, il chitarrista Charlie Burchill, anche lui diventato cittadino taorminese.

Paolo Marrone e Massimo Germini E invece non finisce mai…

Un disco a due voci, volutamente scarno e diretto, con l’obiettivo di restituire l’essenzialità delle parole e il loro significato. È il primo progetto discografico che omaggia uno dei più grandi cantautori italiani, Roberto Vecchioni. Tredici ballad dell’artista milanese pubblicate tra il 1971 e il 2004; tredici canzoni che parlano di amore nel senso universale del termine. «Vecchioni è maestro nell’affrontare questo sentimento», dice Marrone, cantautore nonché voce solista dei Favonio. «La sua poetica ha una caratteristica che mi ha sempre colpito, la capacità di raccontare l’istante e quelle sensazioni così difficili da “fermare”. Quando ho pensato alla possibilità di realizzare un disco, ho contattato subito Massimo Germini, che da tanti anni accompagna Vecchioni con la sua chitarra. Questo progetto non lo avrei fatto con nessun altro, Massimo è stato il compagno ideale ed emozionale di questi brani». «Paolo mi ha sottoposto una trentina di brani che sono diventati subito meno della metà in seguito ad una mia cernita», racconta Germini. «Ho scelto quelli che ritenevo che rendessero meglio solo con la chitarra, alcuni li faccio già con l’autore. Si tratta però di variare tutte le tonalità; è lì infatti che scopro la profondità della voce di Paolo. Lavorare con lui diventa piacevole fin dal primo incontro, scopriamo di avere una sintonia rara». Un album minimale, corde e voce, e di grande intensità, che si arricchisce dell’armonica di Mauro Pagani in Viola d’inverno”, brano tratto dall’album del 2002 Il lanciatore di coltelli, di cui curò gli arrangiamenti.

Dry Cleaning Stumpwork

Ipnotici, ossessivi, una voce recitante che sembra evocare Lou Reed, stipano la noia esistenziale e i commenti social in canzoni in cui sembra che non succeda quasi nulla. Chitarre distorte, pischedeliche. John Parish, noto per il suo lavoro con PJ Harvey, ha prodotto l’album.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *