Disco

Blondshell tra alcol, amori tossici e vendette

La cantautrice americana, all’anagrafe Sabrina Teitelbaum, è il nuovo fenomeno dell’alt-rock. Il suo sorprendente esordio è un album “terapeutico”, in cui mette insieme Hole, Wilco, Nirvana, Liz Phair. «So solo abbastanza per sapere che non so niente»

Una settimana prima che Sabrina Teitelbaum pubblicasse il suo singolo di debutto come Blondshell ha condiviso un breve messaggio sulla natura del nuovo progetto: «È la musica che ho sempre voluto fare, ma ho avuto troppa paura». Giorni dopo, è seguito Olympus, un ritratto sgangherato e malinconico delle conseguenze di una relazione, con le braci dell’amore che ancora brillano di arancione mentre il calore si spegne. “Ucciderei ancora per te”, canta. “Morirei per passare la notte da te”.

Sabrina Teitelbaum, venticinquenne californiana, si era presentata in precedenza come Baum, scrivendo alt-pop disamorato, dagli slogan femministi un po’ datati. Dopo il lockdown, la svolta che l’ha portata a scrivere la musica arrabbiata che aveva sempre avuto paura di fare, ispirata da Hole e PJ Harvey. In Blondshell, un torrido ma sorprendentemente divertente album di formazione, Teitelbaum riesce a trasmettere emozioni e forti sentimenti.

Una costante è il desiderio distruttivo, sia che si tratti di droghe o di sesso. «Penso che mi sto perdendo», ammette Teitelbaum su Tarmac, la frustrazione che le sfilaccia la voce mentre il ritornello si gonfia: “Sono innamorata di un sentimento / Non di nessuno o di qualcosa di reale”. Blondshell trasmuta quel desiderio in un alt-rock enormemente originale (prodotto da Yves Rothman) che rinfresca influenze logore. Teitelbaum è una fan delle esplosioni forti-silenziose-forti in stile Pixies, del tono della chitarra dei Nirvana, della gioia incosciente di Liz Phair. Soprattutto ha una spiccata predisposizione per le melodie accattivanti – spesso euforiche anche quando canta qualcosa di lugubre – e le voci sfumate, qualità che danno al suo debutto un enorme potenziale dal vivo. Passa dal sarcastico al tagliente, alla auto-lacerazione: “Guardami negli occhi quando sto per finire… Penso che il mio nodo sia quando mi dici che io sono carina”, canta con una traccia di disgusto per il suo bisogno in  Kiss City, una delle poche canzoni più sognanti che danno spazio e portata a questo compatto album di nove tracce.

Salad è la conferma che il “revenge pop” sta diventando un grande affare quest’anno. Flowers di Miley Cyrus, una scrollata di spalle nei confronti del suo ex marito, è stato un numero 1 globale; Shakira è diventata virale annientando il marito traditore; Lana Del Rey ha pubblicato l’unico cartellone pubblicitario per il suo nuovo album nella città natale del suo ex fidanzato; Kill Bill di SZA ha ucciso la sua ex e la sua nuova ragazza. Adesso Salad, un goth-rock da favola tra l’angoscia dei Cranberries e i bordi luccicanti dei Depeche Mode, in cui la cantautrice immagina di eliminare un uomo che si è comportato male nei confronti della sua amica. “Dio dimmi perché ha fatto del male alla mia ragazza?”, canta mentre le chitarre tuonano. È il momento più apertamente furioso di un album che altrimenti affronta sfumature di rabbia più sottili mentre ribalta le complesse dinamiche relazionali che possono condizionare le donne a tollerare i maltrattamenti. 

Blondshell raccoglie il testimone da Lana Del Rey, che, undici anni fa, pubblicando il suo album di debutto, ha fatto germogliare il tema degli amori tossici. È cresciuta una generazione successiva di giovani cantautori terapeuti, tra cui Teitelbaum, desiderosi di capire le radici di queste attrazioni deformate. Blondshell inizia con Veronica Mars, dal nome della serie statunitense degli anni Duemila su un investigatore privato adolescente. È una vignetta di un’infanzia trascorsa a guardare spettacoli inappropriati per l’età. “Logan è un coglione”, canta. Poi arriva una rapida altalena di reazioni: “Sto imparando che fa caldo / Dammi un riparo”, implora. Nessun riferimento ai Rolling Stones, ma un appello per la sua innocenza appena perduta.

È il seme di una vita che diventa solo più aggrovigliata con l’età. Blondshell inchioda la linea sottile tra devozione e illusione nelle relazioni autodistruttive. «E se fossi disposta a lasciare che questo mi uccida?», canta su Sepsis, versi sull’amare un coglione lasciando il posto a un ritornello urlato e urlante: “Dovrebbe volerci molto meno per spegnermi”. Confonde amore e dipendenza in un mormorio cupo su Olympus, una canzone degna di Cobain: “Odio me stesso perché perdo i sensi sempre”, canta.

L’uso di sostanze e l’insicurezza non fanno che aumentare questa precarietà. Le ultime due canzoni, Tarmac e la celestiale Dangerous, trovano Teitelbaum mutevole e indulgente per impressionare i nuovi volubili amici della festa, pienamente consapevoli delle conseguenze. Sembra debole, cantando il desiderio di fuga ma temendo di essere abbandonata, desiderando ardentemente la “vacanza emotiva” dell’alcol. “Non conosco la moderazione”, canta Teitelbaum. “So solo abbastanza per sapere che non so niente e voglio che qualcuno si prenda la colpa”. 

Affrontando il trauma, cercando la guarigione e promuovendo l’autostima con il suo acuto lirismo, Sabrina ha creato un corpus di opere audaci, eccitanti e non filtrate, mentre naviga tra gli alti e bassi della sua vita fino a questo punto.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *