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Al via la sagra nazional-popolare di Sanremo

– La Città dei Fiori è un brulicare di gente e di umanità varia dall’alba alla notte. Nei giorni del Festival si perde la nozione del tempo. Fiorello: «Sanremo è tornato ai fasti del baudismo»
– Non solo canzoni: dall’Aristonello di Fiorello alla Pizzeria Geolier, dalla noioteca di Angelina Mango all’Edicola Dargen D’Amico
– Clara offre cornetti, Ghali va in giro con un “alieno”, Il Tre apre un consultorio. E poi i party notturni delle radio, ormai padrone del Festival

Nelle vie di Sanremo è un brulicare di gente e di umanità varia sin da sabato scorso. Fuochi d’artificio la domenica dalla Costa Smeralda hanno illuminato a giorno il porto. E lunedì sera tutti in coda davanti al “green carpet” per il ritorno della sfilata degli artisti in gara alla edizione numero 74 del Festival, colonna portante dell’economia turistica locale e della Rai. Gridano e agitano in alto le braccia appena vedono una telecamera. “Armati” di smartphone ultima generazione, aspettano Al Bano e Francesco Renga, e se spieghi loro che il cantante pugliese quest’anno è assente, ma invece c’è Maninni: «Chi?» rispondono delusi. C’è, invece, Mahmood che sfoggia un dente d’oro, mentre Ghali si accompagna con Rich_ciolino, l’amico alieno che si porterà sul palco dell’Ariston.

Dargen D’Amico sul green carpet

Sul “tappeto verde”, che non si capisce se sia una versione ecologica del “red carpet” o un omaggio al tavolo verde del Casinò, per cinque sere sfileranno signore in pelliccia, ‎décolleté, nudité, crudité, tacchi a spilli, abiti luccicanti, rughe, cerone e botulino. Hanno speso 200 euro per un posto in platea, la metà in galleria (ma per la serata finale si va da 730 a 360 euro). Per finire la serata spendendo quasi 100 euro in uno di quei ristoranti frequentati dagli entourage dei divi. E poter raccontare di aver cenato nel tavolo accanto a quello di Mr. Rain o Rose Villain, mangiando alle tre di notte gamberi rossi di Sanremo che il mar Ligure non l’hanno visto neanche da lontano.

Geolier pizzaiolo

All’alba o a notte fonda (che è lo stesso, perché a Sanremo si perde la nozione del tempo) s’incontra gente d’ogni età nelle strade e nelle piazzette. C’è chi soffia nel sax. Chi strimpella la chitarra. Chi la pianola o la fisarmonica. Chi fa la bella statuina. Chi il giocoliere. C’è chi mendica e c’è chi urla contro il governo. E c’è il festivaliero tipo, quello che cammina tronfio, sfoggiando l’agognato pass sulla pancia gonfia di una notte di bagordi a focaccia e farinata. L’accredito è l’oggetto totem, simbolo di prestigio e di potere. Non importa quale, purché apra le porte di qualche luogo dov’è possibile entrare in contatto con cantanti o personaggi della tv. Per scattare un selfie, o quantomeno una foto che dimostri l’incontro ravvicinato. E poi le frotte di inviati, le truppe d’assalto dei vari programmi televisivi, i microfoni selvaggi delle radio. 

Finita la diretta tv, si continua a ballare, danzare, ridere e scherzare nei party notturni organizzati dai network radiofonici, ormai padroni del Festival, o da qualche settimanale che riesce a sopravvivere alla crisi della carta stampata. Chi non è possessore di inviti, può piazzarsi oltre le transenne davanti al glass dell’Aristonello con l’allegra compagnia di Fiorello a tenere svegli prima che il sole sorga all’orizzonte. «Sanremo è tornato ai fasti del baudismo, e questo grazie ad Amadeus», commenta lo showman di Letojanni.

Ghali con il pupazzo-alieno con il quale si fa vedere in giro

Si può andare alla pizzeria napoletana aperta per l’occasione da Geolier, rapper in gara al Festival. Angelina Mango ha invece inaugurato proprio accanto all’Ariston la sua noioteca (dal titolo della sua canzone, La noia), «spazio in cui ci si può scambiare la noia»: si possono mangiare biscotti della fortuna ironici, provare trucchi ispirati all’immaginario della cantautrice lucana e farsi fare tatuaggi temporanei. Il Tre ha battezzato il Civico Il Tre in piazza Bresca, alle spalle del teatro, una sorta di consultorio in cui i fan possono confrontarsi sul tema della salute mentale (ne parla nella sua Fragili). Dargen D’Amico ha scelto di aprire un’edicola temporanea, l’Edicola Dargen: prendendo spunto dalla sua Onda alta, affronta temi di attualità con esponenti del mondo dell’informazione e rappresentanti di organizzazioni umanitarie. Clara ha affittato un banchetto itinerante per offrire cappuccini per strada (ieri hanno offerto caffè e cornetti anche Francesco Renga e Nek, nelle insolite vesti di baristi). BigMama oggi inaugura la sua rosticceria, mentre Mahmood trasforma materassi in installazioni, come promozione del nuovo album Nei letti degli altri.

La statua di Mike Bongiorno

Alle prime luci del giorno, trovi ancora qualcuno a bisbigliare davanti alla statua di Mike Bongiorno in via Matteotti. Cerca protezione da ogni sorta di beffa. È il nuovo patrono, o meglio patròn, di quella che una volta era la città dei fiori e che adesso si scopre una terra inquinata dai veleni sparsi per far germogliare il ranuncolo. 

In questo scenario risalta ancor di più l’anomalia Sanremo, gara canora che non ha eguali al mondo, ancorata a una realtà provinciale da sagra paesana. Che pensa ancora alla musica come voce di una piccola provincia del mondo, piuttosto che come cittadina del mondo. Una manifestazione local, lontana dall’era global. Simbolo di un’Italia che non cresce. Un evento che, tuttavia, coinvolge l’intera industria musicale italiana, una media di dieci milioni di telespettatori, tutti i mass media nazionali. Che resuscita atmosfere antiche, sapori tradizionali, passioni, sentimenti, polemiche, che il mondo virtuale tende ad appiattire. Che riscopre l’amarcord in un’epoca che ha accelerato i tempi di attenzione e accorciato la memoria. 

Se ne era occupato anche il grande Indro Montanelli dando una sua versione: «È incredibile che un’occasione di divertimento popolare diventi un evento nazionale», aveva scritto nel 1999. «C’è chi protesta per questo. Io dico invece: è credibile solo se si accetta che l’Italia è questa. Non un Paese, ma un paesone che aspetta la sagra. Esistono evidentemente pulsioni che sono difficili da spiegare e vanno accettate: i tedeschi cantano in birreria, gli americani amano il rumore e le luci di Las Vegas, gli italiani guardano il Festival di Sanremo».

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