Storia

Yungblud, è lui il futuro del rock?

Genz-2 / La seconda storia arriva dal mondo della musica e vede protagonista un giovane britannico che, tra i suoi fan, annovera Mick Jagger, Ozzy Osbourne, Robert Smith dei Cure e Dave Grohl dei Foo Fighters. Contro ha un esercito di haters sui social. Il nuovo album del musicista inglese è una risposta ai “bulli della tastiera” ed anche ai suoi incensatori: «Non voglio essere una rockstar»

Dave Grohl dei Foo Fighters è un suo fan della prima ora. Presentandolo sul palco degli MTV European Music Awards, già nel 2020 disse: «Ecco perché penso che il rock and roll non è morto». Mick Jagger lo ha definito «il futuro del rock». Ozzy Osbourne ha accettato di partecipare al video del brano The funeral. Robert Smith dei Cure gli ha concesso di usare un sample di Close to me in Tissues, uno dei dodici pezzi dell’album che porta il nome dell’autore: Yungblud. Ed i tre miliardi di stream totalizzati sulle piattaforme fino ad oggi contribuiscono a rendere altissime le aspettative nei confronti di questo venticinquenne nato nello Yorkshire.

La copertina di “Yungblud”

Sulla stregua di quanto accade in Italia per i Måneskin, se da una parte Yungblud viene visto come il salvatore del rock, dall’altra c’è un altro schieramento che lo definisce una caricatura fastidiosa, che copia ciò che era accaduto prima. Sui social media, è stato accusato di “queerbaiting” (ovvero di utilizzare aspetti della cultura queer per fini spettacolari), di essere un “impianto industriale” e di fingere di essere un working class hero. 

Yungblud, il cui vero nome è Dominic Harrison, è cresciuto a Doncaster. Rimase vittima di bullismo, anche da parte dei suoi insegnanti che lo additavano alla classe per le sue scelte sartoriali. «Ho avuto i miei primi pensieri suicidi a 13 anni», racconta. La sua famiglia è stata di supporto. «Mia madre mi tingeva i capelli quando avevo cinque anni e mio padre era un rivenditore di chitarre». Era una casa piena di musica; suo nonno («un fottuto pazzo») si esibiva con T Rex negli anni Sessanta, mentre sua nonna materna amava così tanto Rod Stewart da dire a Harrison che era il suo ragazzo. Si spiega così il suo amore per il rock’n’roll e per gli abiti bizzarri.

Questo disco sono io come essere umano, parlo di ciò che la gente dice di me per strada, proprio come facevano a scuola. Volevo umanizzarlo. Non voglio essere una rockstar, perché poi sei irraggiungibile. Se sei una fottuta rockstar, come puoi relazionarti con qualcuno?

Yungblud

Nel suo primo album 21st Century Liability si libera della camicia di forza che stringeva Harrison e sfoga anni di frustrazione. Come un punk iperattivo «monello e arrabbiato» si scatena contro un mondo che non ascoltava lui e la sua generazione, la Gen Z. Il secondo album Weird! è un viaggio vertiginoso attraverso l’alt-rock, con le straordinarie collaborazioni di Bring Me The Horizon, Halsey e Machine Gun Kelly. Adesso con Yungblud, l’album che non a caso porta come titolo il suo nome, vuole dare una risposta a incensatori e denigratori, perché, come ha spiegato l’autore, Yungblud è l’argomento del suo terzo disco omonimo. «Non volevo che questo fosse un album da rockstar», ha dichiarato in una intervista a un giornale inglese. «Questo disco sono io come essere umano, parlo di ciò che la gente dice di me per strada, proprio come facevano a scuola. Volevo umanizzarlo. Non voglio essere una rockstar, perché poi sei irraggiungibile. Se sei una fottuta rockstar, come puoi relazionarti con qualcuno?».

C’è molta tristezza in Yungblud, con canzoni sulla morte, la depressione e la mascolinità tossica. Sin dall’iniziale The Funeral, un rock nervoso alla Billy Idol che vede Harrison elencare senza paura tutte le sue insicurezze nel tentativo di diventare «a prova di proiettile». Nella ballata In Die For A Night immagina la propria scomparsa, chiedendosi come si sentirebbero le persone se non fosse qui: “A qualcuno dispiacerebbe / Piacerebbe a tutti?” chiede. 

Yungblud sembra quasi crogiolarsi in questa negatività, ma tutto quel dolore sembra semplicemente spingere Harrison a creare un cambiamento positivo. La celebrativa Don’t Feel Like Feeling Sad Today, dall’intro che riecheggia gli U2, respinge tutte le critiche dei social definendole “giochi da cortile” e incoraggia a reagire. “Perché stiamo seduti in silenzio / chiedendoci come possiamo sconfiggere tutta la violenza”, inizia il brano tuonante. “Il politico non ti aiuterà”. L’electro funky di Sex Not Violence tocca i diritti dei trans mentre i ritmi glitch di I Cry 2 sono influenzati da Radiohead e The 1975. «Tutti online continuano a dire che non sono davvero gay / Inizierò a uscire con uomini quando andranno in terapia», sfida Yungblud.

Yungblud, il cui vero nome è Dominic Harrison, è cresciuto a Doncaster

Le sue canzoni iperattive sbandano tra il pop da gomma da masticare, emo con sfumature gotiche e rock lacerante la gola, affrontando ogni tipo di argomento. Tissues è una canzone d’amore costruita attorno all’iconica linea di chitarra di Close To Me dei Cure; Sweet Heroine è una traccia elettronica che mette in luce la poesia dei testi di Harrison. Nel grintoso e trascinante rock alternativo di Memories  Yungblud duetta con Willow. 

Tutto porta a Boy In The Black Dress, un inno cinematografico e gotico di accettazione di sé, scoperta di sé e feroce fiducia in se stessi. «Odiano ciò che è e odiano ciò che non è», canta, legando l’odio che riceve ora alla violenza che ha subito da bambino per essere diverso. Si capisce perché Harrison è così determinato a continuare a dare voce agli outsider con i suoi inni angosciati.

Sarebbe stato facile per Yungblud ritirarsi dai riflettori, dopo essere stato rimasto vittima dei “bulli della tastiera”. Invece, è tornato con il suo album più sicuro e coeso, che lo vede combattere l’odio con comprensione e amore. È una battaglia che sa di poter vincere. 

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