Venezia80 si conclude con una equa distribuzione del premi in palio. Se il film con Emma Stone vince quello più ambito, “Io capitano” del regista napoletano ne porta a casa due: per la regia e per l’attore esordiente. Cailee Spaeny, protagonista di “Priscilla”, miglior attrice; Peter Sarsgaard miglior attore per “Memory” parla delle proteste che bloccano Hollywood e che stanno arrivando a Cinecittà. Riconoscimenti anche a “Green Border”, al giapponese “Aku wa sonzai shinai” ed al cileno “El Conde”. A bocca asciutta “Dogman” di Luc Besson ed “Enea” di Pietro Castellitto
Alla Mostra del Cinema di Venezia, edizione numero 80, Le previsioni sono state rispettate. Tutti i film indicati alla vigilia tra i favoriti per la vittoria finale si sono distribuiti i premi in palio. Il più ambito, il Leone d’oro, è andato a “Povere creature!” (Poor Things) del regista greco Yorgos Lanthimos, la cui vittoria ha però danneggiato la protagonista Emma Stone nei panni di Bella Baxter, bellissimo innesto tra un corpo giovane e desideroso di piacere e un cervello da neonato spinto naturalmente verso i suoi impulsi/bisogni, che – nella equa distribuzione dei riconoscimenti – ha dovuto cedere la Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile a Cailee Spaeny, protagonista del biopic “Priscilla” di Sofia Coppola, adattamento cinematografico delle memorie “Elvis and Me” scritte dalla vedova Presley.
Soltanto “Io capitano” di Matteo Garrone porta a casa due premi: il Leone d’argento per la regia e il “Marcello Mastroianni” dedicato a un giovane attore emergente con Seydou Sarr, il ventunenne senegalese esordiente protagonista del film.
«Questo film racconta il viaggio attraverso l’Africa di due ragazzi migranti che cercano di arrivare in Europa e lo fa attraverso il loro punto di vista», ha commentato il regista napoletano. «Mi sono aggrappato alle loro storie, al loro vissuto, cercando di dare voce a chi di solito non ce l’ha».
Matteo Garrone ha dato poi la parola a Kouassi Pli Adama Mamadou, attivista del Centro sociale ex Canapificio e del Movimento migranti e rifugiati di Caserta, alla cui storia si è ispirato. «Il film racconta una realtà vera» sottolinea Mamadou. «Io sono riuscito ad arrivare in Italia, ma vorrei che dedicassimo questo premio a tutte le persone che non sono potute arrivare a Lampedusa. E vorrei ricordare che quando c’è la voglia e la necessita di partire, nessuno ti può fermare. Occorre dare il diritto di accesso a noi giovani, il visto per viaggiare, e credo che sarebbe lo strumento per sbloccare il traffico di esseri umani». Per Mamadou, «un canale di ingresso regolare, come ha detto anche il presidente Mattarella, aiuterebbe ad affrontare l problema. Ringrazio il festival e tutta la comunità di Caserta che aiuta gli immigrati nell’inserimento».
Leone d’argento gran premio della giuria è stato assegnato al film “Aku Wa Sonzai Shinai” (Il male non esiste) del regista giapponese Ryusuke Hamaguchidel premio Oscar per “Drive My Car”. È un dramma che, attraverso la storia piccola di Takumi e sua figlia Hana che vivono nel villaggio di Mizubiki, vicino a Tokyo, dove un gruppo di investitori vorrebbe costruire un glamping di lusso, mette al centro la necessità di rispettare la Natura e di trovare un equilibro con essa.
Ambiente e migrazioni sono stati i temi delle opere premiate. A “Green border” è andato il premio speciale della giuria. Le quotazioni del film di di Agnieszka Holland erano salite parecchio dopo l’attacco da parte di due ministri polacchi che contestano la sua lettura di ciò che accade al confine tra Polonia e Bielorussia. Ovvero il “confine verde” di cui a cui fa riferimento il titolo, una terra di nessuno dove i migranti vengono sfruttati, percossi, abbandonati e soprattutto rimbalzati da una parte all’altra. La descrizione delle guardie di frontiera polacche fatta dalla regista ha fortemente irritato il ministro dell’Interno di Varsavia, Mariusz Kaminski, dopo che lunedì era stato quello della Giustizia, Zbigniew Ziobro, a paragonare The Green Border alla propaganda nazista.
L’altro tema della serata conclusiva dell’edizione numero 80 della Mostra del cinema di Venezia è stata la protesta che da mesi si porta avanti negli studios di Hollywood e che sta per arrivare anche a Cinecittà. Alla lotta di attori e sceneggiatori hanno fatto riferimento Peter Sarsgaard, vincitore della Coppa Volpi per la miglior interpretazione maschile in Memory di Michel Franco, e Guillermo Calderón e Pablo Larraín, ai quali è stato consegnato il Premio per la Miglior sceneggiatura per il film El Conde per aver hanno ritratto il dittatore Pinochet come un vampiro, in un film in bianco e nero, che mescola horror e commedia ed è una allegoria sui mali del generale, la sua ansia di potere e di arricchimento.
Il protagonista di “Memory” ha parlato dello sciopero degli attori contro l’Intelligenza artificiale che mette a repentaglio il loro lavoro. «Se perdiamo questa battaglia, questa disconnessione preparerà semplicemente la strada dell’atrocità, quindi davvero faccio appello all’umanità per creare un futuro ai nostri stessi bambini».
«I film si basano sulla collaborazione: in quanto autore, non posso non parlare dei colleghi in sciopero. Spero che attraverso la collaborazione trovino un accordo con gli Studios. Abbiamo bisogno di dignità, rispetto, passione e compassione per gli autori in tutto il mondo», ha fatto eco Pablo Larraín ritirato il premio.
A bocca asciutta “Dogman” di Luc Besson ed “Enea” di Pietro Castellitto.