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Vasco Rossi: i politici raccontano favole

Al Dall’Ara di Bologna la prima data del tour estivo che il 22 e 23 giugno farà sosta allo stadio Barbera di Palermo: «Torno a Palermo, che bello». Duro atto di accusa del rocker ai partiti: «Della distinzione tra destra o sinistra non me ne frega un cazzo. Qui il punto è che i politici non fanno gli interessi di questo Paese ma quelli personali per avere voti e raccontano stronzate per avere voti». Gli anni passano, il Blasco nazionale no: 3 ore di spettacolo con 26 canzoni più un medley sorprendente di 20 minuti con 7 brani

Pier Vittorio Tondelli scriveva alla fine degli Ottanta come il successo del suo corregionale Vasco Rossi non dipendesse tanto dal messaggio musicale quanto da «un atteggiamento, una storia vissuta, una mitologia. In anni in cui tutto stava andando verso la normalizzazione, il carrierismo, il perbenismo, Vasco, con la sua faccia da contadino, la sua andatura da montanaro, la sua voce sguaiata da fumatore, il suo sguardo sempre un po’ perso, diventava l’idolo di una diversità». 

Diversità comportamentale, non politica. Come rockstar Vasco dovrebbe stare a sinistra. Ribelle, antiproibizionista, contro le regole borghesi del vivere, si colloca inevitabilmente fra i trasgressori. Cosa anche facile ripensando alla sua nascita artistica nella Bologna anni Settanta, capitale della creatività, delle radio libere veramente, dei ragazzi del Dams, dei cantautori di protesta. La politica, in realtà, non lo ha mai preso più di tanto. Certo, su temi come la droga lui si schiera contro le proibizioni, ed è più vicino ai radicali che al Pd. Durante la data zero di Rimini, sulle note di T’immagini, con il solito sarcasmo, ha indicato il suo manifesto politico: «Meloni, Berlusconi, Salvini? Sono favole», ha detto. E subito dopo ha aggiunto: «Ma anche i comunisti e i Cinque Stelle sono favole». 

Meloni, Berlusconi, Salvini? Sono favole. Ma anche i comunisti e i Cinque Stelle sono favole. Li boccio tutti tranne Pannella, ma ahinoi lui non c’è più. Si sentono gran bei discorsi che alla fine sono solo discorsi, ma non sento decisioni su questioni reali. Della distinzione tra destra o sinistra non me ne frega un cazzo. Qui il punto è che i politici non fanno gli interessi di questo Paese ma quelli personali per avere voti e raccontano stronzate per avere voti

Vasco Rossi

E ieri, prima del debutto ufficiale del tour allo stadio Dall’Ara di Bologna, Vasco Rossi ha precisato il suo pensiero: «Li boccio tutti tranne Pannella, ma ahinoi lui non c’è più. Si sentono gran bei discorsi che alla fine sono solo discorsi, ma non sento decisioni su questioni reali. Della distinzione tra destra o sinistra non me ne frega un cazzo. Qui il punto è che i politici non fanno gli interessi di questo Paese ma quelli personali per avere voti e raccontano stronzate per avere voti».

“Guardala in faccia la realtà” canta in Dillo alla luna, il brano che apre il concerto. E la realtà che c’è attorno non lo convince: «È importante guardarla in faccia, la realtà, perché oggi nell’aria c’è una narrazione edulcorata da parte di chi dice che va tutto bene. Oggi tutti pensano al consenso, ma bisognerebbe risolvere i problemi. I politici dovrebbero pensare a quello, non ad altro. La musica in tutto questo può portare energia, può cambiare una giornata, coinvolgere e provocare. Ecco, io mi sento un provocatore. L’artista deve scuotere le coscienze e cercare di mantenere svegli chi ascolta. Chi capisce capisci, chi non capisce che si innervosisca pure. Magari è la volta che reagisce e si sveglia anche lui».

La realtà è un’altra, e Vasco la conosce bene. Lui sta istintivamente ancora e sempre con i ragazzi che nessuno vuole far entrare nel gioco del sistema, si riconosce nel loro mondo marginale, come loro si è sentito escluso, come loro ha cercato un paradiso fatto di notti bianche al Roxy Bar, di whisky, canne. La sua grande dote è quella di fiutare il mugugno popolare, quel suo captare il malessere giovanile (e non solo giovanile). 

Vasco ha un che di rabdomantico: di geniale. Dalla sua ha qualcosa che manca a tanti altri cantautori, il lessico giusto, il parlato semplice onesto e sincero, la capacità di dire le cose che i ragazzi pensano con le stesse parole che loro usano. «Ha il magico potere di trasformare il quotidiano in sublime». diceva Fernanda Pivano. «Usando solo poche e semplici parole». Così diventa, e rimane ancora oggi, l’unico in grado di sintonizzarsi con i giovani. Qualunque sia la loro fede politica. Vasco è un punto di riferimento piuttosto che un rocker. Più della sua arte, conta la sua percezione. 

Sin dalla botta d’inizio con Dillo alla luna, quando attacca “guardami in faccia quando parli” e crea immediatamente un contatto emozionale fortissimo. Li guarda in faccia uno per uno per confortarli: … “la voglio in faccia la verità / e se sarà dura / la chiamerò sfortuna / maledetta sfortuna…”. Subito dopo, con il secondo brano, l’atmosfera cambia: tre pezzi che tolgono il fiato, StendimiRock’n’roll show e Non sei quella che eri (da Vivere o niente, 2011). Provocatorio e ribelle con C’è chi dice noGli spari sopraManifesto futurista

Il tema lunare dell’introduzione viene riproposto anche nell’interludio, dove una statua che riproduce il volto di Vasco giace, abbandonato, sul suolo del nostro satellite. Poi è un crescendo di emozioni: Ogni voltaVivereCanzone, per la prima volta qui in versione integrale, Se ti potessi direSally, fino a Una canzone d’amore buttata via. Ballate e un rock asciutto sostenuto da una band che registra due new entry, Antonello D’Urso (programmazione, chitarra acustica e cori) e Roberta Montanari (cori), che vanno a prendere il posto di Frank Nemola e Beatrice Antolini. Confermati in blocco gli altri musicisti: Vince Pastano (direzione musicale, chitarre, cori), Stef Burns (chitarre), Matt Laug (batteria), Andrea Torresani (basso e cori), Alberto Rocchetti (pianoforte e tastiere), Andrea Ferrario (sax), Tiziano Bianchi (tromba), Roberto Solimando (trombone). Guest star, come da qualche anno a questa parte, Claudio Golinelli, detto “il Gallo”, al basso. 

Vita spericolata e Albachiara concludono quasi tre ore di spettacolo. Un’onda travolgente, che sale, scende, cresce e poi riparte. Ventisei canzoni più un medley sorprendente di 20 minuti con sette brani: Come nelle favole / Non l’hai mica capito / Cosa ti fai / Il blues della chitarra sola / Ormai è tardi / Incredibile romantica / Ridere di te.  Gli anni passano, Vasco no. Persino la vecchiaia, in lui, ha tratti iconoclasti. Non nasconde le ferite: le ostenta. Mostra un corpo orgogliosamente refrattario a diete e salutismi. I capelli non ci sono più, il cappellino all’indietro sarebbe per tutti un vezzo improponibile: non per lui. Lui può, perché è Vasco. Sul palco, che in Italia domina come nessuno, somiglia ancora alla descrizione di Edmondo Berselli: «Sulle assi del palcoscenico si muove come un tacchinone, saltando qua e là con balzi che il peso rende magnificamente goffi, e quando si avvicina alla chitarra solista, mimando con audacia il riff spalla a spalla con il chitarrista, sembra il ritratto dell’ex giovane che si è lasciato un po’ troppo andare». Eppure funziona.

Davanti a lui ha un popolo «onesto e sincero», eterogeneo, intergenerazionale, di ogni età, ceto e cultura, di ogni provenienza. Ha riempito per quattro sere lo stadio Dall’Ara di Bologna, per due sere l’Olimpico di Roma (16 e 17 giugno). Ha fatto registrato in pochi minuti il tutto esaurito al “Barbera” di Palermo che il 22 e 23 giugno, dopo venticinque anni, si riapre al rock grazie a Vasco: «Torno a Palermo, che bello». E così è accaduto allo stadio Arechi di Salerno (28 e 29 giugno), dove si concluderà questa tornata 2023. «Ma non preoccupatevi», assicura il Blasco. «C’è sempre l’estate prossima… se non arriva la fine del mondo, ci rivediamo a giugno, tra un anno».

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