Storia

Uzeda, dalla Sicilia al mondo

“Do it yourself” s’intitola il docu-film della regista catanese Maria Arena che racconta la storia della band che ha calcato i palchi americani e scalato le classifiche inglesi senza pagare pegni allo show business. Un crowdfunding e un concerto il 18 marzo al Centro Zō per raccogliere la somma necessaria per terminare il lavoro «tutto fatto da soli». «Un modo per storicizzare loro e la Catania anni Novanta»
Illustrazione di Stefano Libertini. In apertura, gli Uzeda (foto Jacopo Genassi)

Agostino Tilotta e Giovanna Cacciola sono una coppia normale. Sono sposati da quasi quarant’anni. Condividono gli stessi problemi e hanno le stesse abitudini di tante famiglie italiane. Uniti e felici nel loro piccolo mondo analogico di chitarre, amplificatori, vinili, t-shirt serigrafate, oggetti di un tempo perduto. Di quando la musica si faceva per amore. E si sognava l’America, Londra. 

Nessuno, incontrandoli per le strade di Catania, potrebbe immaginare che dietro quella apparente normalità si nasconda una coppia rock che farebbe impallidire Damiano David e Victoria De Angelis dei Måneskin. Non nei look eccentrici, ma nelle sonorità dure, aspre, taglienti, ai limiti del rumore. Una coppia che, ben prima della band romana e senza frequentare talent e tv, ha calcato palcoscenici americani ed ha scalato le Top Ten britanniche, realizzando quel sogno inseguito da adolescenti. 

Quel sogno, Agostino e Giovanna, l’hanno avverato insieme con Raffaele Gulisano e Davide Oliveri. Con gli Uzeda, storica rock band catanese. Primi italiani a firmare per un’etichetta statunitense. Primi italiani a suonare al prestigioso festival All Tomorrow’s Parties. Unici italiani assieme alla Pfm ospiti alle John Peel Sessions della BBC. «Ma noi siamo stati chiamati due volte», tiene a sottolineare Agostino Tilotta. «La prima volta abbiamo anche inciso la session, la seconda abbiamo dovuto rinunciare perché eravamo sotto contratto con la Touch&Go», leggendaria etichetta di Chicago, dove sono passate cult band come Calexico, Shellac, CocoRosie, Virgin Prunes e, appunto, Uzeda.

Una vita “on the road”

Una vita “on the road”, in giro per il mondo, a tenere concerti nei pub o davanti a 20mila spettatori, soltanto per il piacere di suonare. Tant’è che nella loro carriera, che quest’anno festeggia 36 anni, hanno inciso soltanto cinque album, uno ogni 7,2 anni. L’ultimo, Quocumque Jeceris Stabit, è del 2019. «Bisogna dire che ci sono state alcune parentesi personali», ricorda il batterista Davide Oliveri. «Agostino e Giovanna hanno creato un progetto americano con i Bellini, io e Raffaele Gulisano abbiamo collaborato con Gianna Nannini nel disco Aria», contribuendo al rilancio dell’artista senese.

Un sogno realizzato partendo dal Sud, dalla periferia del mondo, e quando non c’erano internet e YouTube a ridurre le distanze. «Una band che ha fatto tutto da sola, in modo indipendente, ma in modo genuino, non come quello che s’intende oggi per “indie”», commenta la regista Maria Arena. «Una band “do it yourself”». Come recita il titolo del docufilm che la filmaker catanese ha terminato di girare e che racconta la storia degli Uzeda. «Siamo all’ultima fase del montaggio e vorremmo terminare entro giugno per poter partecipare a qualche festival importante». 

«Indipendente è un modo di essere»

Fieri, integerrimi, mai inclini a compromessi di sorta, gli Uzeda incarnano da sempre l’immaginario del gruppo indipendente. «Che non è un’etichetta», sottolinea Tilotta. «Non esiste una musica indipendente. Indipendente è un modo di essere, è lo spirito con cui ti approcci alla musica. Oggi posso essere spettatore e domani salire sul palco e suonare».

Giovanna Tilotta e Agostino Tilotta alla chitarra

«Uzeda è la porta di Catania che segna una linea di confine, tra il mare e la montagna, tra la zona popolare e il salotto buono della città: è una prospettiva che cambia non appena volti lo sguardo», spiega Giovanna. Ma Uzeda è anche il nome della famiglia italo-spagnola al centro de “I Viceré”, meraviglioso affresco della Sicilia di fine Ottocento. In loro, scrive Federico De Roberto, “la cocciutaggine è ereditaria molto più che l’impressionabilità”. La stessa testarda volontà degli Uzeda, che ha consentito loro di salire dalla periferia dell’Impero rock sino all’America. «All’inizio eravamo contenti: il nostro disco stampato negli Stati Uniti!», racconta Agostino. «Ma era questo che volevamo? O volevamo un’altra cosa? Man mano il sogno veniva affinato, ridimensionato».

«Riportare il successo alla dimensione umana»

Gli Uzeda sono l’esempio di come il successo non sia soltanto apparire in televisione, ma l’aver portato avanti il proprio progetto. Oggi o sei al top o non sei nessuno. Il successo è dettato dai numeri: da quanto guadagni, dai milioni di followers o dei like. Hai successo se sei seguitissimo, fichissimo, ricchissimo. Gli Uzeda sono fuori da questa congiunzione diabolica

Maria Arena (foto di Max Cardelli)
Maria Arena, regista

«Gli Uzeda sono l’esempio di come il successo non sia soltanto apparire in televisione, ma l’aver portato avanti il proprio progetto», commenta la regista Maria Arena. «Oggi o sei al top o non sei nessuno. Il successo è dettato dai numeri: da quanto guadagni, dai milioni di followers o dei like. Hai successo se sei seguitissimo, fichissimo, ricchissimo. Gli Uzeda sono fuori da questa congiunzione diabolica. Bisogna riportare il successo alla dimensione umana».

Proprio perché puri e integri, ovviamente gli Uzeda non hanno mai avuto santi in paradiso, dovendo lavorare sodo e fare sacrifici per realizzare i loro sogni. Anche nel caso di questo film, che non ha trovato produzione. «Ho fatto tutto da me», racconta la regista. «Ho seguito il gruppo dal 2016, dal tour con gli Shellac. Avevo già collaborato con loro nel mio primo lavoro, Gesù è morto per i peccati degli altri, girato a Catania nel 2014 e per il quale avevo usato musiche degli Uzeda. Dal 2016 ho però cominciato a raccogliere il materiale, filmandoli sul palco, nel backstage, nei momenti più familiari. Ne è uscito fuori un lavoro sgangherato e arruffato come sono loro. Ma per il rush finale, dovendo accelerare, abbiamo bisogno di un sostegno economico».

E, per racimolare la somma di 20mila euro, è stato lanciato online un crowdfunding (questo il link per partecipare: https://sostieni.link/33109) e il 18 marzo al Centro Zō di Catania si terrà un concerto al quale prenderanno parte Colapesce, Roy Paci, Lautari, Stash Raiders, The Cockroaches e Clustersun. Durante la serata, inoltre, verranno proiettati tre video inediti degli Uzeda.

«La risposta è incredibile», si emoziona Maria Arena. «In 24 ore abbiamo raccolto quasi 1.500 euro e sono tantissimi i messaggi che stanno arrivando sulla pagina del crowdfunding. Sono molti a sostenere quest’opera di storicizzazione degli Uzeda, che è anche un ritratto della Catania anni Novanta. Il film lo racconta, con il suono degli Uzeda, che ha ancora qualcosa da dire. Non ha tempo. Ai loro concerti vengono molti giovanissimi che li scoprono su Internet e si meravigliano vedendo sul palco dei musicisti sessantenni: “Dal suono non pensavamo che fossero vecchi”, commentano. Invece, gli Uzeda sono una roccia granitica che attraversa le ere».

Gli Uzeda sono: da sinistra, Agostino Tilotta (chitarra), Davide Oliveri (batteria), Giovanna Tilotta (voce) e Raffaele Gulisano (basso) (foto MariaVittoria Trovato)

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