Lo straordinario debutto del duo Montparnasse Musique formato da un dj franco-algerino e da un musicista di Johannesburg, incontro fra un mondo rituale e dance floor. «Il Congo è stato il nostro punto d’incontro: è un Paese in cui arte contemporanea e musica sono legate forti l’una con l’altra»
Da underground a oveground. Dalla foresta alla metropoli. Nord Africa e Sud Africa, incontrandosi, scavando, trovando l’oro nelle cuciture. Qui, all’intersezione tra dance floor e rituale, tra elettronica e cerimonia, ci sono mondi sia antichi che moderni. Altri mondi, dove le inibizioni svaniscono, i ballerini si agitano e la trance ti porta là fuori, e lontano. Questo è Archaeology, lo sbalorditivo album di debutto di Montparnasse Musique, un duo il cui recente EP omonimo, uscito sulla nuova linea di Real World X, ha fatto estasiare i critici.
Avvolto in immagini straordinarie e pubblicato dall’etichetta madre Real World Records, Archaeology si basa sulle basi di quel progetto embrionale, in cui i ritmi dal vivo dell’Africa tradizionale e urbana – in particolare quella di Kinshasa, la capitale della Repubblica Democratica del Congo – incontra i ritmi programmati della moderna Johannesburg. Espande il suono già distintivo della coppia, rendendolo più selvaggio, più sfumato, ancora più panafricano.
«L’Africa è un continente così vasto che le persone di un Paese non conoscono quasi mai la musica di un altro», afferma il dj/produttore franco-algerino Nadjib, che ha formato la Montparnasse Musique, duo costituitosi dopo un incontro fortuito all’omonima stazione della metro di Parigi. Aero Manyelo era in tour con il collettivo panafricano Batuk e Nadjib Ben Bella aveva appena assistito al loro concerto, quando si sono incrociati per caso alla fermata e Nadjib lo aveva invitato a casa per bere un bicchiere insieme. Nel momento in cui Manyelo vide lo studio di Ben Bella, i piani cambiano e parte una session di musica che è durata tutta la notte.
«L’Africa francofona raramente ha qualcosa a che fare con quella di lingua inglese», riprende Nadjib. «Io e Manyelo abbiamo immaginato un’avventura musicale etnologica che corre dal Nord al Sud dell’Africa e ci incontriamo nel mezzo, in Congo, un Paese in cui arte contemporanea e musica sono legate forti l’una con l’altra». «Ho viaggiato in tutta l’Africa con progetti precedenti, in Kenya, Uganda, Burkina Faso», annuisce Manyelo. «Ma trovare questi suoni grezzi e l’arte del Congo mi ha aperto il cervello».
“Eh, mamma, non sei stanca, puoi ballare tutta la notte, ogni notte”, canta Kabeya in lingala su Muparue, un brano dedicato alla donna congolese sempre più liberata. In Plowman, un interludio, lui e Nadjib ricreano lo spirito della regione forestale del Kasai nel Congo centro-meridionale usando flauti, ritmi e pianoforti a pollice simili a metallo mentre salutano l’albero dell’autenticità: abbattendo le foreste nel Kasai, canta Kebaya, ne derivano inondazioni, tempeste e miseria.
Tutte le dodici tracce dell’album inducono alla trance. «Ogni ascolto di Archaeology porta alla luce nuove trame, svela nuovi misteri, ci conduce attraverso un altro portale magico», sostiene Nadjib. «Montparnasse Musique si è formata attraverso un comune amore per la trance. Che si tratti di trance elettronica suonata dai dj dei club o di musica acustica tradizionale suonata durante i rituali, per noi è la stessa energia». «Stiamo unendo i due mondi. Stiamo facendo musica che parli al corpo», sorride Manyelo. «E stiamo inviando pace, amore e buone vibrazioni in tutta l’Africa».