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Nessuno più come Marilyn ed Elvis nell’era di influencer e supereroi

Ci sarà in futuro un artista famoso come il “re del rock” o un’attrice iconica quanto Monroe? Se lo è chiesto L’Economist in occasione delle prime dei film “Blonde” ed “Elvis”. E la risposta è negativa. Internet ha esteso a tutti la profezia di Andy Warhol, ma la celebrità non dura oltre i 15 minuti. E ci si rifugia nel passato
Elvis Presley e Marilyn Monroe

Succede sempre di più, anche a persone ben inserite nella cultura pop. Un bel giorno, scopri di non conoscere la metà degli interpreti che compaiono nel famoso numero speciale dedicato a Hollywood edito da Vanity Fair in occasione degli Oscar. Chi è quell’attrice accanto a Nicole Kidman? Nessuna idea. E quanti di voi conoscono chi occupa le prime posizioni nella hit parade italiana (Thasup, Lazza, Night Skinny) o nella lista dei successi musicali negli Stati Uniti, la Billboard Hot 100 (Morgan Wallen, Steve Lacy). La casa di un’influencer di nome Emma Chamberlain diventa virale e non ci è chiaro chi sia e come abbia fatto quella persona di 21 anni per comprare una villa da 4,3 milioni di dollari (quasi 4,4 milioni di euro). Stesse domande che ci poniamo davanti a fenomeni misteriosi come Chiara Ferragni, attesa come una star sul palco di Sanremo 2023. Non è solo questione di invecchiare, è un vero e proprio cambiamento epocale.

Ci sarà in futuro un artista famoso come Elvis o un’attrice iconica quanto Marilyn? Se lo è chiesto L’Economist in occasione delle prime dei film Blonde, di Andrew Dominik, e Elvis, di Baz Luhrmann. E si è domandato: se, fra cinquant’anni, qualcuno farà un film chiamato Kim, tutti capiranno che si parla di Kim Kardashian, una persona onnipresente nei media nei primi due decenni del XXI secolo? Non sembra probabile. Anche con i suoi 152 milioni di follower su Instagram e la sua portata globale e multitasking (ha un impero al suo nome che raggiunge le industrie della moda, della bellezza e dell’intrattenimento), Kim K. non è Marilyn M., per quanto possa indossare un vestito appartenuto all’attrice di A qualcuno piace caldo all’ultimo galà del Met.

Elvis e Marilyn Monroe sono come i monoliti di 2001: Odissea nello spazio della fama. Alla base ci sono ragioni storiche che a molti appaiono irripetibili, definite dall’Economist «cambiamenti sismici che potevano verificarsi soltanto una volta». E quei cambiamenti, di cui Elvis e Marilyn sono stati allo stesso tempo sia una concausa che una conseguenza, hanno a che fare sia con la nascita del rock’n’roll sia con il progressivo cambiamento dei costumi sessuali e della morale comune. Entrambi incarnavano la stessa cosa: l’ideale più alto del desiderio, nelle sue modulazioni maschili e femminili. Oggi, invece, i nuovi modelli di fama rispondono a una realtà molto più frammentata, che è in corrispondenza non solo con i nuovi modi in cui desideriamo, ma anche con i nuovi modi in cui consumiamo e generiamo cultura.

Una realtà molto più frammentata

Frammentazione è la parola chiave. Sta diventando sempre più difficile che ci siano abbastanza persone a cui piace la stessa cosa nello stesso tempo. Anche i prodotti con la maggiore capacità di diffusione (serie come Stranger ThingsHouse of dragon) provengono da piattaforme segmentate, come Netflix, HBO Max e Twitch. Le prime due sono a pagamento. E nel terzo, quasi il 50% degli utenti ha tra i 25 ei 34 anni e solo l’1,3% ha più di 65 anni, tanto che ciò che esce da lì è necessariamente condannato a essere filtrato per età e genere. Meno del 20% degli utenti sono donne.

Gran parte di questa transizione dalla fama assoluta a tante micro-fama ha anche a che fare con la perdita di potere del cinema come arte unificante nella cultura popolare e con la svolta che il film campione d’incassi ha preso nel XXI secolo. Anche se, come accade con la gallina e l’uovo, non è facile capire cosa sia successo prima: se è morto prima il cinema, come creatore di stelle, o sono scomparse le stelle che sostenevano quel veicolo.

La verità è che il sistema stellare non è quello che era. Tra i dieci film che hanno incassato di più in Italia quest’anno, c’è in testa un cartone animato (Minions 2 – Come Gru diventa cattivissimo), seguito da film che hanno a che fare con supereroi (Doctor Strange nel multiverso della folliaThor: Love and ThunderThe Batman e Spider-Man: No way home) e un altro che è un adattamento di un videogioco (Uncharted). Solo uno, il sequel di Top Gun, al numero tre, ha come protagonista una star globale, Tom Cruise, che tutti considerano “l’ultima grande star di Hollywood” in senso classico.

Anthony Mackie

Nell’era dell’intrattenimento basato sulla proprietà intellettuale e sui franchising, gli artisti sono intercambiabili. Quasi tutte le grandi star, da Benedict Cumberbatch a Jennifer Lawrence, sono legate alla Marvel o alla DC, ma tutte sono usa e getta, nessuna essenziale. Anche gli artisti lo sanno. L’attore Anthony Mackie, che interpreta il Falcon nei film del Marvel Cinematic Universe, ha dichiarato in una clip diventata virale nel 2019: «Non ci sono più star del cinema. Anthony Mackie non è una star. Il falco è una stella. Andavi a vedere il film di Will Smith, o quello di Stallone, o quello di Schwarzenegger. Ora vedrai gli X-Men. L’evoluzione del film sui supereroi ha segnato la morte della star del cinema».

Il celeberrimo ritratto di Marilyn Monroe realizzato da Andy Warhol

Come sottolinea lo storico del cinema Ben Fritz nel suo libro The Big Picture, la situazione è in contrasto con quella di appena due decenni fa, quando attori come Tom Hanks o Julia Roberts erano il cuore dell’industria e potevano ottenere stipendi di 20 milioni di dollari e l’ultima decisione su ogni elemento dei loro film, anche se non li avevano prodotti. 

In assenza di star di nuova generazione, non resta che crogiolarsi nella nostalgia di quelle vecchie. L’enorme e in qualche misura inaspettato successo di Bohemian Rhapsody, il film biografico su Freddie Mercury, nel 2018, ha aperto le porte a Rocketman, su Elton John, ed a Elvis di Luhrmann. E nella musica sono ancora i Rolling Stones a riempire gli stadi in ogni angolo del mondo. Domina la retromania, la “ri-creatività”, l’idea secondo cui ogni artista fa riferimento a qualcosa che c’è già stato nel passato. Insomma, tutto è un remix. 

Come scrive l’Economist parafrasando l’artista statunitense Andy Warhol, «Internet ha reso famose innumerevoli persone per 15 minuti, ma rimanere famosi più a lungo è diventato più difficile, per non parlare del tempo sufficiente per definire un’epoca o raccogliere lo slancio per superarla». Ed il passato, sempre più manipolato e distorto, è l’unica cosa che abbiamo in comune in questa epoca frammentata.

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