S’intitola “Bosco colto” il progetto con cui si vuole valorizzare la riserva naturale orientata di Santo Pietro di Caltagirone, l’omonimo Borgo dove sarebbe dovuta sorgere Mussolinia, e la Sughereta di Niscemi. Dopo una prima parte dedicata a workshop d’arte, architettura, fotografia ed enogastronomia, il 2 settembre comincia “Pane selvaggio”, la festa della mescolanza, con l’installazione delle opere create nel campus. Seminari, dibattiti, dj set, passeggiate musicali, degustazioni, spettacoli teatrali per adulti e bambini. «Vogliamo attivare un processo di rinascita di un bosco e di un sughereto che abbraccia dieci comuni coinvolgendo le comunità e le aziende del territorio», spiega Marco Navarra, docente universitario di architettura, ideatore dell’iniziativa
«Negli anni Ottanta il Borgo di Santo Pietro era una località di villeggiatura estiva. Andavamo in vacanza lì con tutta la famiglia», ricorda il giornalista e agitatore musicale Gianluca Runza. «C’erano perfino un ufficio postale e la stazione dei Carabinieri. Poi, negli anni Novanta, il lento declino». Oggi sono appena una cinquantina le persone che vivono nel borgo del Calatino dove nel Ventennio fascista sarebbe dovuta sorgere Mussolinia, la città forestale dedicata al duce che in teoria, una volta realizzata, avrebbe dovuto accogliere «duemilacinquecento famiglie di viddrani», e che in pratica non fu mai costruita, se non nella finzione di un fotomontaggio.
Sopravvivono la chiesa di Pietro e Paolo e alcuni caseggiati con tipici porticati d’epoca. Dietro alla piazza sorge il Centro Sperimentale per la Granicoltura, portato a compimento nel 1927, sempre in epoca fascista, ma quando ormai il progetto di Mussolinia era già stato abbandonato. In epoca più recente si è tentato di dare una storia al borgo creando un museo di Mussolinia, che risulta “temporaneamente chiuso” da diverso tempo. Come il Museo naturalistico dirimpettaio del bosco attrezzato per le domeniche “arrusti e mangia”. L’area verde dovrebbe essere “plastic free”, recitano alcuni cartelli, ma la realtà è, purtroppo, diversa.
Per “rigenerare il territorio” è stato avviato quest’anno il progetto “Bosco colto”. «Un titolo indicativo, che intreccia natura e artificio, biodiversità e cultura», spiega Marco Navarra, calatino, docente di progettazione architettonica dell’Università di Catania. «È un progetto che vuole coinvolgere artisti, architetti, scrittori, fotografi, chef, e le comunità del territorio, agricoltori, forestali, associazioni naturalistiche, facendoli dialogare fra loro al fine di attivare un processo di rinascita del Bosco di Santo Pietro di Caltagirone e della Sughereta di Niscemi in un territorio che abbraccia dieci comuni».
Prima fase: “Rasoterra, imparare dalla selva”
Il progetto ha vissuto una prima fase con un campus svoltosi a cavallo fra agosto e settembre al quale hanno partecipato una trentina di studenti delle Accademie di Belle Arti e Design, seguiti da otto tutor. «Nel corso di questa prima parte, intitolata “Rasoterra, imparare dalla selva”, ci siamo posti l’obiettivo di realizzare aule temporanee da collocare nel bosco, dove poi portare bambini a (ri)scoprire la terra, il bosco, la natura, soprattutto dopo due anni di pandemia», prosegue il professore Navarra.
Seconda fase: “Pane selvaggio”, ovvero “festa della mescolanza”
“Pane selvaggio”, ovvero “festa della mescolanza”, è, invece, il nome della seconda fase, che comincerà venerdì 2 settembre per chiudersi domenica 4. «Fa riferimento alla lettura trasversale del pane nei suoi sviluppi storici che ne ha fatto Piero Camporesi nell’omonimo libro», sottolinea il docente di architettura. «Il pane rappresenta non solo un alimento fondamentale che segna il passaggio di civiltà dal crudo al cotto, ma anche una delle primordiali tecnologie inventate dall’uomo. Costituisce un elemento altamente simbolico che ha segnato diverse civiltà e ancora oggi, in forme diverse, è alla base della nostra vita». È la fase in cui le opere realizzare nel workshop vengono esposte. «Alcune saranno da completare e questo consentirà di creare un laboratorio a cielo aperto nel quale continuare il programma delle attività nel corso dell’anno, mantenendo così vivo l’interesse».
Fra i laboratori c’è quello di enogastronomia curato da Uccalamma, alias Marco Falcone, «giovane chef catanese con una formazione di architetto». Approfittando dell’unico centro attivo del Borgo di Santo Pietro, ovvero della Stazione di sperimentazione di grani antichi, che ha catalogato e conservato trecento specie di grani, e del sostegno del Molino Crisafulli, domenica 4 settembre si svolgerà una performance che prevede la panificazione collettiva. «Sarà creata una madia lunga 15 metri sulla quale una trentina di persone impasterà la farina», spiega Navarra. «In serata, il pane verrà cotto in un forno che verrà realizzato con le tecniche degli scout, bidoni di ferro sotterrati».
Il programma prevede anche la presentazione di libri, seminari sul rapporto fra il bosco e la salute mentale, visite guidate e passeggiate musicali nel bosco (sabato sera con Gianluca Runza), l’intervento dei dj di Ortigia Sound System e spettacoli teatrali di Nave Argo e Babel, per concludersi con la piantumazione di 50 querce.
Un progetto finalizzato alla valorizzazione delle risorse dimenticate e delle vocazioni rimosse. Ma è davvero sufficiente per la rigenerazione di territori abbandonati e in via di spopolamento? O servirebbero anche strade, servizi, connessioni? «Strumenti indubbiamente necessari», commenta il professore Navarra. «Ma bisogna agire per far crescere la domanda e la necessità di quei servizi. Il bosco può diventare un laboratorio a cielo aperto per le scienze botaniche e per l’arte. Nel Borgo ci sono risorse insospettabili: tremila ettari a disposizione per sperimentare. Si potrebbe rilanciare la produzione di sughero. Questa è una zona spesso danneggiata dagli incendi legati al pascolo abusivo. Se non c’è crescita dal basso, queste difficoltà ostacoleranno le attività positive. Questa azione vuole svilupparsi per modificare il punto di vista di guardare il bosco e attivare risorse per coordinare progetti più efficaci».
L’edizione di quest’anno di “Bosco colto” è un progetto pilota. «Ci siamo posti una prospettiva quinquennale», è l’obiettivo di Navarra. «Vogliamo ampliare il festival e il campus, dilatandoli per tutto l’anno. Le aziende del territorio ci stanno sostenendo, non attraverso finanziamenti, ma con la condivisione del progetto». E poi c’è la collaborazione dell’Università di Catania, «che in questo modo si sposta sul campo per dialogare con i soggetti del territorio: essenziale per discipline come architettura e urbanistica».