Aubrey Powell, uno dei grafici della compagnia che ideò il prisma racconta come nacque quell’idea. Nel 2023 si prepara un megaprogetto per celebrare il cinquantenario dell’album che aprì ai Pink Floyd le porte del Pantheon del rock
Nelle classifiche delle più iconiche cover della storia della musica è l’unica che non può mancare: è quella di The Dark Side Of The Moon, il disco perfetto che mandò i Pink Floyd su un altro pianeta. Un’illustrazione essenziale che tuttavia non ha mai smesso di agitare gli animi.
A cavallo degli anni Settanta, i Pink Floyd tracciarono un nuovo corso per il rock. Con le loro miscele psichedeliche, senza l’ex compositore Syd Barrett salpato per un brutto viaggio permanente, la formazione britannica raccoglie serie di successi. Tuttavia, nessuno dei quattro album pubblicati all’inizio del decennio avrà l’impatto di quello uscito il primo marzo 1973. È la data in cui viene lanciato The Dark Side Of The Moon. È il giorno in cui Richard Wright, David Gilmour, Roger Waters e Nick Mason si guadagnano il biglietto d’ingresso al Pantheon del rock.
Quarantadue minuti di navigazione del cosmo. Titoli inquietanti che affascinano l’intero pianeta e una copertina mistica che lascia senza parole. Eravamo abituati allo stile astratto e psichedelico delle loro grafiche. Ci eravamo persino trovati faccia a faccia con una mucca. Ecco adesso questo imponente e misterioso triangolo su sfondo nero.
«Fu un’idea molto semplice», sorride Aubrey Powell, il grafico che con Storm Thorgerson guidava la Hipgnosis, un collettivo di graphic design co-fondato a Cambridge alcuni anni prima e che si era occupato delle copertine degli album dei Pink Floyd sin dal secondo album, A Saucerful of Secrets del 1968. «Andai agli Abbey Road Studios, dove i Pink Floyd stavano registrando per parlare della copertina», racconta Powell ospite del Medimex di Taranto lo scorso giugno. «Presentammo idee ambiziose, compreso un Silver Surfer tra le galassie, ma i Floyd chiesero una grafica semplice. Non volevano un’altra trovata surrealista. Niente più collage o altre fotografie molto elaborate. Richard Wright propose: “Perché non una scatola di cioccolatini?”. Io stavo leggendo un libro di fisica elementare e da lì viene l’idea del prisma che rifrange la luce. Troppo basica per noi, ma la band non ebbe dubbi, fu subito convinta da questa idea. E aveva ragione».
Dopo lunghe notti sul lato oscuro della luna, Storm Thorgerson tirò fuori una fotografia tratta dal manuale di chimica. La squadra di Hipgnosis è conquistata. L’immagine è una delle cinque scelte per essere sottoposte al gruppo, con, tra le altre alternative, un’illustrazione di Silver Surfer reinterpretata dai fumetti Marvel.
I Pink Floyd convalidano il prisma. Il grafico George Hardie si mette al lavoro per riprodurlo a mano. Ed è Roger Waters ad aggiungere la sua pietra all’edificio: «L’interno della copertina deve un battito cardiaco, visto secondo un cardiofrequenzimetro».
Nessuno dei quattro membri del gruppo ha dato la vera spiegazione del significato di questo prisma. Strano come il monolito di 2001: Odissea nello spazio di Kubrick. Tuttavia, possiamo collegarci ai temi dell’album. Le dieci tracce di The Dark Side Of The Moon sono state create tra due concerti durante i loro tour precedenti, tutte strumentali, prima che Roger Waters arrivasse a infilarci i suoi tormenti. In questa fase del gruppo, gli altri membri hanno ancora un (piccolo) impatto sulla scrittura, e ognuno innesta un pezzo delle proprie ansie e altri problemi psicoanalitici. Ma è il bassista che guida la barca a questo livello. Un presagio per il futuro dei Pink Floyd.
«Il motivo per cui questa copertina è così forte è che all’epoca era al 100% l’immagine dei Pink Floyd», prosegue il capo della Hipgnosis. «Erano la prima band al mondo a concentrarsi su grandi spettacoli di luci. Era ciò che Roger Waters chiamava “teatro elettrico”. Ma erano sempre vestiti di nero, non si vedevano bene, suonavano anche girati di spalle. Per cui il palco era molto scuro, pur avendo queste luci incredibili. Per questa la copertina era una perfetta rappresentazione. Non avrei mai pensato che un’immagine così semplice sarebbe diventata iconica, con oltre 50 milioni di copie vendute, per cui grazie ai Pink Floyd e grazie a me! Quel simbolo ci ha cambiato la vita, è finito nello spazio e nei cortei contro la guerra».
Per il cinquantennale del 2023 è prevista qualche celebrazione?
«Sto lavorando con i Floyd a un progetto enorme che toccherà anche l’Italia. Sarà molto speciale».