Interviste

Solazzo: il mio viaggio perfetto nella musica

Pianista, compositore, arrangiatore e produttore, dopo svariate collaborazioni da Carosone a Fabrizio Moro, da Califano a Baglioni, debutta da leader con l’album “Perfect Journey” in cui riassume e rilegge tutte le sue esperienze: dagli anni Settanta al rap, da Hollywood al jazz. Nel disco coinvolti una quarantina di amici, fra cui Stefano Di Battista, Roberto Gatto e Tony Esposito. «Il lavoro più bello? Quello con Alex Britti: ho visto nascere una stella»
La copertina del disco

«Il mio album va un po’ controcorrente. I discografici ti consigliano di fare un disco dallo stile unico, di evitare l’“insalata”. Io, invece, spazio nei generi musicali». Sarà una insalata, ma Perfect Journey, esordio discografico da leader di Enrico Solazzo, è ben condito, abbondante e vario negli ingredienti, molto saporito e, alla fine, risulta un piatto gourmet. 

Perfect Journey è, soprattutto, un disco che nasce dall’urgenza di fare il punto di tutte le esperienze musicali del pianista d’origine salentina, romano d’adozione. E sono davvero tante e incredibili: Alex Britti, Franco Califano, Renato Carosone, Riccardo Cocciante, Fabrizio Moro, Il Rovescio della Medaglia, Claudio Baglioni, Pino Daniele, Manu Katche, Bireli Lagrene, per citare solo un decimo dei musicisti con i quali Solazzo ha lavorato. Un viaggio che lo ha messo in contatto con i più disparati generi musicali, perfettamente sintetizzati in questo disco.

Ed è impressionante anche il numero di amici musicisti che hanno preso parte alla registrazione. Una quarantina, dai più noti Stefano Di Battista, Roberto Gatto, Gegè Munari, Tony Esposito ai più giovani Dynamite MC o Kadir González López. «Nella lavorazione dell’album ho voluto seguire una modalità un po’ retrò, alla maniera anni Ottanta, un team di musicisti per ciascun brano, cambiando formazione in base al genere», spiega. «Ovviamente l’ho potuto fare perché sono tutti amici miei ed hanno collaborato soltanto per amore della musica. Uno scambio di favori».

L’album è un tuffo nella musica degli anni Settanta, dalla fusion alla Weather Report allo shuffle stile Huey Lewis and the News, dal funky-soul degli Earth Wind & Fire, ripresi con la cover di September, agli Steely Dan di Donald Fagen, del quale Solazzo riscopre la poco nota Lazy Nina che Fagen scrisse per Greg Phillinganes. Non mancano richiami alle colonne sonore di Ennio Morricone o della Hollywood anni Quaranta attraverso la voce della moglie Fabiana Rosciglione. Tutto riveduto e corretto da un musicista che si sente più arrangiatore e produttore. Come nella rilettura di Caruso di Lucio Dalla, canzone da molti ritenuta intoccabile e della quale invece Solazzo offre una versione jazzy, sussurrata e soffice. «Inizialmente avevo pensato di stravolgerla, poi invece l’ho affrontata come se la cantasse Sting», spiega. «Non l’ho registrata per ricordo di Dalla. Sting nelle sue cover mette sempre il suo stile, così come quando Herbie Hancock rivisitò in chiave jazz canzoni pop. Nel rispetto dell’artista, si deve cercare una propria originalità».

Aperto a ogni tipo di musica, ha prodotto tre dischi dei Flaminio Maphia, Solazzo crea un arrangiamento alla Stevie Wonder per l’hit Crazy del primo album dei Gnarls Barkley con tanto di armonica, suonata dal giovanissimo cubano Kadir González López, «un talento del quale sentirete presto parlare», e si affida al soul-jazz rappato del singolo Paint the Picture per promuovere l’album anche con un video.

Enrico Solazzo

«Adoro tutta la musica». E lo conferma quando gli chiediamo quali collaborazioni sono state più importanti nella sua formazione e nella sua crescita. «Nel mondo del pop certamente Alex Britti, perché ho potuto seguire da vicino la nascita di una stella. Veniva in studio con i provini del suo primo album, e da lì ho visto come si crea un prodotto di successo: da zero a Sanremo», racconta. «Nel jazz, musica che adoro, è stata importante l’esperienza con Antonio Faraò, con il quale ho lavorato nella co-produzione e negli arrangiamenti per l’album Eklektik nel quale hanno suonato come ospiti Marcus Miller, Bireli Lagrène, Manu Katché. Straordinaria anche la successiva tournée alla quale hanno preso parte musicisti di primo livello. E poi il rock blues con Lello Panico, con il quale ho lavorato in tre album e in diversi festival internazionali, durante i quali ho potuto conoscere altri musicisti e confrontarmi con loro. Senza dimenticare i due anni con il rock progressivo del Rovescio della Medaglia. Adesso, complice anche un periodo di riflessione durante la pandemia, ho messo insieme tutti questi ingredienti per realizzare qualcosa di personale. È un nuovo modo di scoprire la musica».

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