Storia

Sicilia, l’allegra gestione dei fondi dell’assessorato al Turismo

Prima che scoppiasse l’“affaire Cannes”, a denunciare il ricorso all’uso dell’affidamento privato era stata l’associazione Catania Jazz. Che adesso scrive al presidente Schifani perché blocchi anche il Sicilia Jazz Festival. Il giallo del dirigente sostituito perché si rifiutò di firmare il decreto «che era illegale», sostiene Pompeo Benincasa. «Una sentenza del Consiglio di Stato di Bari smonta tutta l’impalcatura costruita dall’assessorato»

Alla Regione Sicilia sotto la lente della Guardia di finanza non c’è solo l’affidamento per l’evento di Cannes ma tutte le spese dell’assessorato al Turismo che negli ultimi anni, cioè da quando è retto da Fratelli d’Italia – prima Manlio Messina, oggi vice capogruppo di Fdi alla Camera, ora Francesco Scarpinato, – ha distribuito un’ingente quantità di finanziamenti. Tra questi, quasi 11 milioni a produzioni cinematografiche e tv, una spesa più che triplicata rispetto all’anno precedente, quando erano stati stanziati tre milioni di euro. 

Ma, ancor prima che scoppiasse il “caso Cannes”, l’allegra gestione dell’assessorato al Turismo da parte del meloniano Manlio Messina era stata denunciata dall’associazione Catania Jazz. Certo, non si parlava delle cifre milionarie (5,7) elargite senza bando di gara alla società Absolute blue di Patrick Nassogne, con sede in Lussemburgo, per organizzare l’evento siciliano alla 76esima edizione del Festival di Cannes. No, poco meno di 547mila euro nel 2021 e 537mila l’anno seguente, per organizzare il Sicilia Jazz Festival. Decreto reiterato anche quest’anno, senza bando di gara e che ha sempre lo stesso beneficiario: il Brass Group di Palermo. 

Pompeo Benincasa

Noi non contestiamo i costi, anche se avremmo molto da ridire: basti pensare che ogni concerto costava in media 60mila euro, neanche l’Orchestra Filarmonica di Vienna. Quello che denunciamo è la modalità dell’affidamento, simile a quello usato per Cannes: ovvero l’affido privato senza bando di gara

Pompeo Benincasa, direttore artistico di Catania Jazz

«Aggiungendo le spese di pubblicità e quelle tecniche pagate con altre voci e il bando per l’appalto del service, che lo vinceva sempre la ditta che lavorava per il Brass, questa manifestazione in tre anni è costata ben 5 milioni di euro», protesta Pompeo Benincasa, direttore artistico di Catania Jazz. «Ma noi non contestiamo i costi, anche se avremmo molto da ridire: basti pensare che ogni concerto costava in media 60mila euro, neanche l’Orchestra Filarmonica di Vienna. Quello che denunciamo è la modalità dell’affidamento, simile a quello usato per Cannes: ovvero l’affido privato senza bando di gara».

Da sinistra: Ignazio Garsia, presidente dell’Orchestra Jazz Siciliana – Fondazione The Brass Group, Francesco Paolo Scarpinato, assessore regionale al Turismo, allo Sport e allo Spettacolo, e Luca Luzzu, direttore artistico della rassegna Sicilia Jazz Festival 

Per questo motivo, approfittando del clamore mediatico suscitato dallo scandalo di Cannes che ha fatto intervenire il presidente della Regione Renato Schifani bloccando l’evento in terra francese, la Corte dei Conti e la Procura europea (perché si tratta di fondi Ue), Catania Jazz ha inviato una lettera a Schifani e ai gruppi parlamentari all’Ars per denunciare l’illegalità degli appalti per il Sicilia Jazz Festival. «Prima di rivolgerci alla magistratura, cerchiamo una soluzione politica», riprende Pompeo Benincasa. «Non c’è una legge che giustifica il ricorso all’affidamento privato, neppure quella dell’esclusiva che si sono inventati per il Lussemburgo. E lo sanno anche a Palermo. C’è uno schema che abbiamo allegato alla denuncia, in cui si nota un cambiamento nella dicitura: nel 2021 si parla di “convenzione Sicilia Jazz Festival”, l’anno dopo di “accordo”. E c’è un motivo: la legge per appalti d’emergenza non può reiterare l’affidamento alla stessa ditta. In seguito a una nostra PEC, con la quale sollevavamo la questione, il dott. Solina, responsabile del settore 6, quello dei Grandi Eventi, nominato RUP (responsabile unità procedimento, nda), si è rifiutato di firmare il decreto ed è stato sostituito da un suo subalterno, appena una settimana prima dell’inizio del Festival, in tempo per emettere il decreto del Sicilia Jazz Festival. Un particolare che rivela in maniera evidente che le ragioni da noi addotte qualcosa hanno provocato».

Palazzo dei Normani. In alto a sinistra, l’attuale assessore al Turismo Francesco Scarpinato. A destra, il premier Giorgia Meloni, l’ex presidente della Regione Nello Musumeci e l’ex assessore al Turismo Manlio Messina

Alle varie richieste di chiarimenti avanzate da Catania Jazz, lo swingin’ assessorato non ha mai risposto. Anche perché c’è una sentenza, emessa dal Consiglio di Stato di Bari che ha condannato il Comune pugliese perché, con le stesse modalità dell’assessorato regionale siciliano al Turismo, aveva affidato la gestione del Teatro Piccinni direttamente alla Fondazione Petruzzelli di Bari. «La sentenza-chiave di Bari, condanna il Comune a risarcire i danni e gli impone di indire il bando, contestando la validità dell’essere una Fondazione in house il Teatro Petruzzelli, come si è tentato di fare con il Brass Group, che è un privato a tutti gli effetti», spiega il direttore artistico di Catania Jazz. «E sempre la stessa sentenza dice che, anche se fosse stato una Fondazione in house, il Comune aveva l’obbligo del bando pubblico, altrimenti vìola le leggi sulla concorrenza. Quindi, non c’è alcuna legge o norma che consentivano l’affidamento negli anni 2021 e poi 2022 e 2023 alla Fondazione Brass Group del Festival in questione». 

Catania Jazz chiede che, come nell’affaire Cannes, venga bloccata la manifestazione di giugno e indetto un bando. «E chiediamo un risarcimento, perché siamo stati penalizzati. Noi avremmo vinto il bando, senza ombra di dubbio. Ci è stata tolta la possibilità di lavorare. La sentenza di Bari smonta tutta l’impalcatura costruita dall’assessorato siciliano al Turismo».

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