Negli anni Sessanta la “città di smeraldo” fu un fiorente paradiso per le band soul, ma non formandosi una etichetta come la Motown a Detroit, che fosse in grado di definire il suono, i musicisti furono costretti a trasferirsi altrove. Oggi il progetto discografico The Oscillators intende rilanciare quel suono
Seattle fa parte di una manciata di città americane il cui nome evoca immediatamente uno stile di musica. L’esplosione del grunge negli anni Novanta ha puntato i riflettori del mondo della musica sulla “città di smeraldo”. Anche dopo che quella ondata rock si è placata, l’area ha mantenuto la sua reputazione con una importante scena indie. Ma ciò che potrebbe sorprendere molti è che negli anni Sessanta e Settanta Seattle era un fiorente paradiso per le band funk e soul. Poi tutto finì e anche il ricordo di quel periodo creativo sembrò perdersi nella notte dei tempi.
In quegli anni prima di Internet, la storia della scena musicale di Seattle agiva nell’isolamento più totale, mancava un movimento, come avvenne trent’anni dopo, a dare sostegno a quei fermenti. Artisti come Kenny G o Jimi Hendrix dovettero andarsene per trovare fortuna. I Family Affair di Robbie Hill si esibirono nello show di Dinah Shore e un paio di altre band hanno fatto rotto su Los Angeles. Non si è mai formata un’etichetta incentrata sulla città, come la Motown a Detroit, che fosse in grado di definire il suono di Seattle per il resto del Paese.
Separata dai maggiori centri della musica soul, la scena musicale della “città di smeraldo” si è sviluppata fuori dallo sguardo dell’industria musicale mainstream. Non essendo ben alimentato, quel fuoco non riuscì ad attecchire, spegnendosi al primo soffio della disco music. Quel fuoco, adesso, tentano di riattizzarlo gli Oscillators con un nuovissimo album omonimo su Tramp Records.
Più che una band, The Oscillators è una collaborazione discografica sperimentale che si è rivelata funzionante. Guidata dal batterista Olli Klomp, la formazione comprende membri di The Polyrhythmics, Rippin’ Chicken, The Pulsations, Lucky Brown, The Trueloves, 45th Street Brass, The S.G.’s e altri…
«Il nostro metro di misura? Fare quello che ci piace! Nessun programma né obiettivo. La modalità principale è semplicemente creare dal nulla ciò che ci piace. Apparentemente, avevamo bisogno di provare qualcosa fuori dall’ordinario… il processo si chiama “stackinphat”. Attrezzatura minima, massima atmosfera. In effetti, questo processo e questa attrezzatura farebbero rabbrividire i tecnici del suono più istruiti, ma i musicisti lo sanno».
Vero, profondo funk con una marcia in più, questo è il modo migliore per descrivere il nuovissimo album degli Oscillators che cattura appieno l’energia di una jam session improvvisata tra amici che sono anche musicisti affermati. Un piccolo gioiellino.
Le fortune funk di Seattle sono documentate nell’eccellente cd del 2006, Wheedle’s Groove – Seattle’s Finest in Funk & Soul 1965-75. Cinque anni dopo, il documentario Wheedle’s Groove: Seattle’s Forgotten Soul of the 1960’s and ‘70s tenta di raccontare la storia dietro alcune di queste band sconosciute. Attraverso interviste con artisti famosi (Sir Mix-a-Lot, Mark Arms di Mudhoney, Ben Gibbard, Quincy Jones e altri) e protagonisti della vecchia scena soul di Seattle, si viene a conoscenza di una prima scena jazz che ha prodotto nomi come Quincy Jones e Ray Charles, e che si è trasformata nell’eclettica scena funk e soul che ha prodotto molte interessanti band.
C’è così tanto materiale da esplorare che il film sembra limitarsi a grattare la superficie. C’è lo sfondo della stessa Seattle e della maggior parte della sua popolazione afroamericana, che all’epoca viveva e faceva musica in un’area di quattro miglia chiamata Central District. Poi c’è la politica razziale dei sindacati separati di musicisti bianchi e neri nonostante la ricchezza di band integrate, per non parlare della strana aritmetica che a volte determinava se una band fosse abbastanza bianca o nera da suonare in certi club. C’è il caso di una band funk tutta bianca chiamata Push e della sua rivalità con tutte le altre band di Seattle. Come panoramica di un tempo dimenticato, tuttavia, Wheedle’s Groove riesce a essere esaustivo. Per la prima volta la storia della scena funk e soul di Seattle viene finalmente ascoltata e alcuni dei suoi rappresentanti stanno finalmente ottenendo il riconoscimento che meritano.