Zoom

Sanremo record, ma non è più Sanremo

Simbolo di questa edizione premiata dagli ascolti sono le urla distopiche dell’invasata monaca Anna Oxa. Canzoni orribili. Una sfilata di zombie omologabili dall’aria tetra, logorroica, vinta, finta, esasperata. Una volta si cantava “Grazie dei fior” oggi i fiori si prendono a calci

Gianni Morandi per tenersi stretta la fetta di pubblico anziano, la più grossa. Chiara Ferragni e un nugolo di ragazzini canterini per attrarre il popolo social e le nuove generazioni. I Pooh per i nostalgici. Fiorello per fare quattro risate fra amici. Roberto Benigni per incuriosire quelli che il Festival lo guardano con la puzza sotto il naso. Perfino il presidente della Repubblica Sergio Mattarella sul palchetto e l’inno nazionale cantato in coro dal pubblico dell’Ariston. Davvero si vuole vincere facile! Così Rai1 può gongolare sbandierando nuovi record d’ascolti. Che garantiranno altre stellette al soldato Amadeus e al suo agente Lucio Presta e, soprattutto, più lauti introiti pubblicitari per la prossima edizione.

Amadeus

Alle persone ragionevoli, tuttavia, immaginare che 10 milioni 757 mila spettatori (pari al 62,4% di share, più 8% rispetto al 2022, mai così alti dal Baudo del 1995) si siano volontariamente sottoposti al Festival di Sanremo, fa un’impressione tremenda: una folla, una moltitudine, una popolazione grande come quella dell’intera Svezia. Tutti incollati al piccolo schermo. Può sembrare una visione apocalittica, un segnale nero, da cupa Metropolis, di un’umanità diventata schiava delle macchine, in questo caso televisive. Ancor più impressionante che 6 milioni 412 mila di persone siano rimaste ipnotizzate per sei ore da Amadeus & company (Fiorello compreso, per più disperati e sonnambuli), anche se c’è il sospetto che si siano addormentate davanti al televisore acceso. Senza parlare del contorno di brutte trasmissioni, tg, anteprime all’insegna del Festival. Insomma, Sanremo h24. 

Quello che appare più inspiegabile è che questi 10 milioni 757 mila spettatori, che solitamente non sopportano un film lungo due ore, abituati ai telefilm di 50 minuti, abbiano passato tre, quattro, cinque ore pietrificati a fissare Amadeus, l’orchestra, poltrone Sofà, Chiara Ferragni, una scala, una nave, le luci cangianti, e dei saltellanti big o pseudo big che ai più distratti sono sembrati tutti uguali e tutti senza voce.

Blanco, una gag mezza preparata finita male per l’esagerata rabbia del cantante per un auricolare difettoso

Un festival orribile, horror, ben rappresentato dalle urla distopiche dell’invasata monaca Anna Oxa. Una sfilata di zombie omologabili dall’aria tetra, logorroica, vinta, finta, esasperata, affogata. Non è più Sanremo: una volta si cantava Grazie dei fior, oggi i fiori vengono presi a calci da Blanco, modello negativo del seme della violenza che fiorisce fra le nuove generazioni. No, non è più Sanremo: una volta era la vetrina dell’Italia del belcanto, oggi si rappa, si sussurra, si stona, si gracchia. No, non è più Sanremo: una volta si allargavano le braccia e si cantava a cuore aperto, oggi sembra di stare sul divano dello psicologo. No, non è più Sanremo: è più Festivalbar, senza cantautori, rock, indie, un salsiccione insaccato di canzonette senza pretese. No, non è più Sanremo: non più nazionalpopolare ma plebeo, non più emozionante ma gelido, non più umano ma artefatto. Una mazzata che si è abbattuta sul Paese come un’epidemia per cui ancora non esiste un vaccino, una marea di scorie tossiche e rifiuti radioattivi.

«È incredibile che un’occasione di divertimento popolare diventi un evento nazionale», scriveva Indro Montanelli nel 1999. «C’è chi protesta per questo. Io dico invece: è credibile solo se si accetta che l’Italia è questa. Non un Paese, ma un paesone che aspetta la sagra. Esistono evidentemente pulsioni che sono difficili da spiegare e vanno accettate: i tedeschi cantano in birreria, gli americani amano il rumore e le luci di Las Vegas, gli italiani guardano il Festival di Sanremo».

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *