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A San Fratello squillano le trombette dei “giudei”

Al via mercoledì nel paesino dei Nebrodi la Settimana Santa che ha per protagoniste queste maschere coloratissime metà uomini, metà cavalli. «Abbiamo il compito di tramandare le nostre tradizioni e, in particolare, la nostra lingua, che si sta perdendo a causa dello spopolamento dei centri montani». Qui si parla il gallo-italico, fusione di dialetti

Accumanzu n mas prima a allineris pû sciea e la sara ntê tumpuoi, e puru suotta di dampiuoi, giea si santu li sunäri di passäri canusciuri. Suoma nieucc: quosc suoma i sanfrardei ch’aspittuoma tutt d’änn i trai giuorn dî giuriei. Roi ravvivu la purzian e culauru sträri e chjiezzi cu li rrabi arracamäri chi cumpanu li diviesi. Mengiu e bavu a chiesi chiesi, saunu nfina ô sfinimant pi pilesgir a la giant, specialmant a quoi di fuora chi fean sampr tänta strära p’ascuter la sunära di li trumi dî giuriei, chi cun amaur e tänta passian tienu viva, quossa nascia tradizzian

Giuseppe Mazzullo

È così che Giuseppe Mazzullo, abitante a San Fratello, presenta i tre giorni dei giudei nella Settimana Santa di Pasqua. Usa una parlata antica, il gallo-italico che ancora si può ascoltare nel paesino dei Nebrodi in provincia di Messina. Si tratta del Lombardo di Sicilia, fusione di dialetti del nord d’Italia che risuonano ancora a più di mille anni dall’arrivo nell’Isola dei primi coloni al tempo dei Normanni.

«I tre giorni dei giudei cominciano un mese prima», traduciamo Mazzullo. «S’inizia allenandosi per il fiato e la sera fuori porta, e pure sotto i lampioni, già si sentono le suonate di motivetti conosciuti. Siamo noi: siamo i sanfratellani che aspettiamo per un anno intero i tre giorni dei giudei. Loro ravvivano la processione e colorano vie e piazze con gli indumenti ricamati che compongono le divise. Mangiano e bevono per le case, suonano fino allo sfinimento per far piacere alla gente, specialmente ai forestieri che fanno sempre molta strada per ascoltare il suono delle trombe dei giudei che con amore e tanta passione tengono viva questa nostra tradizione».

Sono i “giudei” di San Fratello, o i “diavoletti”, gruppi di “maschere” che gironzolano liberamente per tutto il paese durante la Settimana Santa, suonando trombe e disturbando le stesse manifestazioni religiose e processioni. La scorsa estate Dolce & Gabbana li hanno voluti alla sfilata di Marzamemi, carpendo colori e disegni dei loro costumi. Con loro la cantautrice e ricercatrice Eleonora Bordonaro sta costruendo un progetto che comprende un disco e un film (una troupe filmerà quest’anno i tre giorni di festa).

I “giudei” rappresentano il popolo ebreo, secondo l’antica tradizione antisemita, accusato per parecchi secoli della morte del Cristo. Contemporaneamente, sono una sorta di diavoli allegri e rumorosi. Per metà sono uomini mascherati, con costumi coloratissimi e costosissimi (si arriva fino a tremila euro), ricoperti di perline e paillettes. Il volto è nascosto sotto un elmo e un cappuccio, con cucita sopra una lunga lingua di stoffa e una croce sulla punta. Una via di mezzo tra gli incappucciati, la carta del Jolly, Elton John e un ufficiale d’armata napoleonico. Per l’altra metà sono cavalli, che della zona sono un simbolo, con tanto di fluente coda. Una leggenda, insomma. Vera e vivente.

La tromba militaresca usata dai “giudei” è a un pistone

Soffiano dentro una trombetta. Per suonarla ci vuole fiato, non solo orecchio come cantava Enzo Jannacci. Ci vuole forza e resistenza a gironzolare soffiando dentro uno strumento pesante sotto costumi disagevoli. «La nostra è una tromba militaresca a un pistone, che può fare poche note, ma più drammatica e adatta alla religiosità, mentre quella a tre pistoni è per la festa. La maggior parte di noi suoniamo ad orecchio, pochissimi sanno di musica. Prima si usavano i corni», spiega Cracò. Su usi e costumi dei Giudei ebbe una grande influenza la fine della Seconda guerra mondiale, quando furono assimilate molte figure legate al mondo militare. «La nostra è una tromba militare modello 1884, ormai fuori produzione. Le ordiniamo al Nord, Torino, Novara», aggiunge Alfredo Cracò, che è anche il responsabile della fanfara di San Fratello.

Suonano un flusso infinito di melodie, creando un sovraccarico uditivo. Per un attimo sembra un’enfatica marcia trionfante, la fanfara dei Bersaglieri, poi un valzer distorto, infine si trasforma in una strana polka. Ma anche una fastidiosa e petulante vuvuzela o un cacofonico kazoo. Altri stravolgono una selezione di canti tradizionali, come Torna a Sorrento e O Sole Mio. È un collage musicale così strano e giocoso il modo in cui i trombettisti raccolgono frammenti di brani popolari e li distorcono, creando tanto colore e disordine quanto la celebrazione stessa.

Alla tromba affiancano la “disciplina”, “d’scplina” in vernacolo locale: è un pendaglio pieno di monete ed è simbolo di autoflagellazione. Ed è un altro elemento di disturbo durante le manifestazioni religiose, nel loro girovagare per il borgo, visitando bar, osterie e abitazioni, dove gli viene offerto vino e dolci, secondo una tradizione ritenuta di buon auspicio. 

«Noi abbiamo anche il compito di tramandare la nostra lingua, che si sta perdendo», spiega Alfio Carrini, un “giudeo”. «Dipende dai matrimoni: se la moglie non è di madrelingua, la nostra parlata si perderà. Viceversa, sarà conservata. Questo perché la madre è quella che bada alla crescita dei figli». Non è soltanto il gallo-italico che si sta perdendo. È tutta una comunità minacciata dallo spopolamento dei piccoli centri montani. A peggiorare la situazione la devastante frana che nel 1922 portò morte e terrore a San Fratello. «Prima eravamo quasi dodicimila abitanti, oggi siamo meno di quattromila. In tanti preferiscono andare a vivere ad Acquedolci o lasciare la Sicilia», osserva con amarezza Benedetto Cracò. Suo padre è il capostipite del gruppo “Principini”, fondato cinquant’anni fa.  «È il nomignolo che accompagna ogni famiglia in molti centri dei Nebrodi», spiega.«Siamo mille i Giudei, divisi in tanti gruppi: da tre a venti. Noi siamo quello più numeroso, con 22 elementi, il più giovane ha 13 anni e già a 4 mesi ha indossato il costume, il più anziano ne ha 56. Sono gruppi che si formano per parentela, amicizia. Alcuni suonatori possono passare da un gruppo all’altro. Ma non c’è rivalità». 

All’alba del Mercoledì Santo cominciano i tre giorni dei “giudei”, quando vengono preparati i sepolcri in tutte le chiese parrocchiali. Nel pomeriggio i “giudei” fanno la loro prima apparizione, sfilando e suonando pacificamente. L’indomani, Giovedì Santo, inizieranno sin dal mattino a riempire di colori e di suoni le strade e le chiese di San Fratello. È il Venerdì Santo che si scatenano in scorribande fino a notte fonda, «aggruppandosi, dividendosi, raggruppandosi innanzi le case, innanzi le chiese, si mescolano alla folla dei devoti, vi si fanno strada, sguisciando, sgambettando, saltando e facendo a chi più può nel raggiungere un posto, una chiesa, un orto, un giardino fuori il Comune, non curandosi di manomettere quanto incontrano», come racconta Giuseppe Pitrè.

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