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Addio Sakamoto, ultimo imperatore del suono

A 71 anni il musicista e compositore giapponese ha perso la sua lunga battaglia contro il cancro. Tastierista-prodigio della Yellow Magic Orchestra, indimenticabile autore della colonna sonora del film “Merry Christmas Mr. Lawrence”, dove recita con David Bowie. Nell’87 vinse l’Oscar per la colonna sonora di “L’ultimo imperatore” di Bertolucci. Ha spaziato dal pop alla dance, dall’ambient alla bossa nova, dall’etnica alla classica

Proprio ieri, complice l’amico e collega Marco Mangiarotti, riascoltavo A day in New York, raffinato album che vede l’incontro fra il Brasile di Jaques Morelenbaum, Paula Morelenbaum e l’eclettico pianismo di Ryūichi Sakamoto. Ed è ancora con quelle riletture di classici di Antônio Carlos Jobim nelle orecchie che mi è arrivata la notizia della scomparsa del musicista e compositore giapponese. A 71 anni ha perso la sua lunga battaglia con il cancro.

In testa, ho una specie di mappa culturale, che mi permette di trovare analogie tra mondi diversi. Per me, ad esempio, la musica pop giapponese suona come quella araba. E Bali è vicina a New York

Ryūichi Sakamoto

Ryūichi Sakamoto è stato un artista senza frontiere. Pochi come lui sono riusciti a spaziare tra generi diversi senza perdere la propria bussola artistica: dal pop alla dance, dall’ambient alla bossa nova, dall’etnica alla classica, dal minimalismo all’elettronica, dal cinema alla danza. «In testa, ho una specie di mappa culturale, che mi permette di trovare analogie tra mondi diversi», raccontava. «Per me, ad esempio, la musica pop giapponese suona come quella araba. E Bali è vicina a New York». Da buon pensatore di musica, Ryūichi Sakamoto ha colto proprio quella che è mancato in molta produzione contemporanea: la capacità di emanare una sensazione di bellezza. Ha rifondato una estetica dell’universo pop, mentre altrove c’era una degenerazione di funzionalismo consumistico. Ha aperto orizzonti di gran lunga più suggestivi.

Sakamoto nasce il 17 gennaio 1952 a Nakano (Tokyo), in un Giappone ancora profondamente legato alle tradizioni e poco disposto ad aprirsi, anche nella musica, alle tendenze occidentali. Sin da bambino ha vissuto un’infanzia ricca di cultura. Suo padre era l’editore di romanzieri giapponesi del Dopoguerra come Kenzaburo Oe e Yukio Mishima. Ha iniziato a prendere lezioni di pianoforte quando aveva 6 anni e in seguito ha iniziato a scrivere la propria musica. Da adolescente, si innamorò del lavoro di Claude Debussy, un compositore che si era ispirato all’estetica musicale asiatica, inclusa quella del Giappone.

Come disse Sakamoto a Weekend Edition nel 1988, «penso che la mia musica sia basata su un sistema molto occidentale, perché c’è un ritmo, c’è una melodia, c’è armonia. Quindi questa è musica occidentale. Ma sai, qualche sensazione, qualche atmosfera, o il senso del suono è un po’ asiatico, forse il 25, 30 percento».

Quando Sakamoto s’iscrisse all’università per studiare composizione, la sua vita musicale stava già seguendo più percorsi contemporaneamente. A scuola, assorbiva le opere inebrianti dei giganti del modernismo europeo del dopoguerra, come Stockhausen, Ligeti, Xenakis e Boulez. Nel tempo libero suonava musica folk di Okinawa e free jazz, oltre a setacciare negozi di dischi per i Kraftwerk. Nel 1978, si unì al polistrumentista Haruomi Hosono e al batterista Yukihiro Takahashi per formare la band Yellow Magic Orchestra. Sakamoto suonava le tastiere e tutti e tre i membri cantavano. Il gruppo suonava elettro-pop nel solco dell’iconografia futurista dei Kraftwerk.

Nel frattempo, il musicista giapponese realizza nel ‘78 il suo primo album solista, Thousand Knives Of Asia, cui fa seguire due anni dopo B2 Unit (a cui collabora anche Andy Partridge degli XTC): due opere completamente diverse tra loro, a conferma del grande eclettismo di Sakamoto. 

Quando nel 1983 la Yellow Magic Orchestra si scioglie, Sakamoto si concentra sulla carriera solista, a partire dalle musiche del film di Nagisa Oshima Merry Christmas Mr. Lawrence, nel quale il musicista nipponico è anche uno dei protagonisti insieme a David Bowie. Una colonna sonora realizzata in collaborazione con David Sylvian dei Japan e impreziosita dallo splendido singolo Forbidden Colors.

Sakamoto viaggia attraverso i ritmi e le melodie, senza rinunciare al suo pianoforte raffinato e alle sue atmosfere estatiche, profumate d’Oriente. Negli anni, emerge come un compositore moderno, in grado di sfruttare al meglio le apparecchiature dello studio elettronico e di progettare scenari multimediali. La sua sterminata discografia spazia indifferentemente tra tentazioni di raffinato pop elettronico, classicheggianti colonne sonore e dischi di piano solo. I suoi album possono vantare una serie di collaborazioni prestigiose con artisti del valore di David Sylvian, Iggy Pop, David Bowie, Youssou N’Dour, Thomas Dolby, David Byrne, Hector Zazou. 

Negli anni, Sakamoto si specializza in colonne sonore. Quella per L’ultimo Imperatore di Bernardo Bertolucci gli vale l’Oscar, ma sono da ricordare anche Il tè nel deserto e Il piccolo Buddha (sempre per Bertolucci). Ha scritto oltre quaranta colonne sonore, collaborando con Brian De Palma e più recentemente per Alejandro Gonzales Inàrritu, per il quale con Alva Noto ha scritto la colonna sonora di The Revenant – Redivivo. Un lavoro che Sakamoto svolgeva con certosina meticolosità, ispirandosi ai suoi compositori preferiti di musica per film: Ennio Morricone, Bernard Hammer e Antoine Duhamel, autore di diverse colonne sonore per le opere di Jean-Luc Godard.

In album come Neo Geo (1987) e Beauty (1989), ha fuso pop, classica, musica elettronica e suoni etnici, lavorando con musicisti come Brian Wilson e Youssou N’Dour. Ha composto anche per serie televisive, videogiochi e installazioni artistiche. Negli anni Duemila Sakamoto ha lavorato a lungo con artisti sperimentali, tra ambient ed elettronica.

Sakamoto non si è mai fermato, continuando a esplorare gli avamposti dell’elettronica contemporanea, dal glitch all’ambient-music, filtrata dalla sensibilità “tradizionalista” e quasi mistica del compositore giapponese. Anche quando, nel 2014, gli fu diagnosticato un tumore alla gola. Quando, dopo diversi anni di cura, era andato in remissione, nel gennaio 2021, aveva scoperto un altro tumore, questa volta al retto. «Mi ero sentito sollevato dopo che il cancro alla gola che avevo è andato in remissione dopo sei anni di cure», aveva scritto sui social. «Tuttavia, sfortunatamente, mi è stato diagnosticato di nuovo un cancro, questa volta al retto. La notizia è sconfortante, ma grazie agli ottimi medici che ho conosciuto, l’intervento che ho subito è stato un successo. Ora sono in cura».

Nonostante i suoi problemi di salute, Sakamoto è rimasto prolifico come sempre, partecipando a concerti, mostre, mettendo in scena un’opera, Time, che fa parte della continua esplorazione dell’“asincronismo”, musica arrangiata al di fuori delle strutture temporali tradizionali. Il 10 dicembre, Sakamoto era tornato sul palco con una performance che abbraccia la carriera registrata al 509 Studio di Tokyo, inclusa una selezione da 12, l’album pubblicato a inizio anno, come parte di un live streaming con biglietto. Durante l’evento, il tono del compositore sembrava desolato. Prima della performance, confessò all’attore Masafumi Suzuki: «Non ho più l’energia per fare concerti dal vivo…. Questa potrebbe essere l’ultima volta che mi vedrai esibirmi in questo modo». 

La notizia della morte di Sakamoto ha suscitato un’ondata di dolore in Giappone e nel mondo. La sua etichetta discografica e il suo management hanno rilasciato una dichiarazione sul sito Web Avex per chiedere privacy per la sua famiglia e condividere la citazione preferita del musicista: “Ars longa, vita brevis”. L’arte è lunga, la vita è breve.

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