Interviste

Samara Joy, l’erede di Sarah Vaughan

Alla scoperta dell’artista emergente che ha battuto i Måneskin. Nel novembre del 2021 fu ospite della rassegna di Catania Jazz. «Sono onorata di essere stata scelta come ambasciatrice per rappresentare la musica che amo così tanto»

Cantante come lei ne nascono poche in una intera generazione. Samara Joy a soli 23 anni aveva già raccolto il plauso della critica per una voce «ricca come crema» (The New York Times) e un’emissione vocale «disarmante e priva di sforzo» (NPR Fresh Air), conquistando uno stuolo di fan su TikTok e platee jazz, come quella che la salutò con una standing ovation nel concerto del novembre 2021 al Teatro Abc, dove si esibì ospite della rassegna Catania Jazz. Un’ascesa consacrata l’altra notte dal Grammy Award come miglior artista emergente, categoria nella quale ha battuto gli italiani Måneskin.

L’album Linger Awhile, con il quale ha debuttato per l’etichetta Verve lo scorso settembre, vede Samara alle prese con il repertorio classico, che riesce ad ammodernare, a volte cantando testi originali applicati nota per nota a famosi assoli strumentali (lo stile noto come vocalese). Registrata al Sear Sound di New York City e forte della musicalità straordinaria di Pasquale Grasso (chitarra), Ben Paterson (piano), David Wong (contrabbasso) e Kenny Washington (batteria), la tracklist è composta da classici reinventati tra cui Someone to Watch Over Me” di George Gershwin, ‘Round Midnight di Thelonious Monk e Nostalgia (The Day I Knew) di Fats Navarro. Linger Awhile non solo mette ben in mostra la voce senza tempo di Samara e una disinvoltura rara per un’artista tanto giovane, ma riesce nell’intento di far conoscere questo repertorio ad un pubblico giovane. 

«Sono profondamente onorata di far parte di una squadra che ha contato così tante fra le mie più grandi fonti di ispirazione: Sarah, Billie, Ella e Betty (Carter) per citarne alcune», aveva detto Samara a proposito del suo debutto su Verve. «Essere parte di questa eredità ti riconduce a una certa umiltà, e naturalmente continuerò a fare tesoro di tutta l’ispirazione elargitami nel proseguire lungo il mio personale percorso artistico».

La musica è sempre stata presente nella famiglia di Samara. «Sono cresciuta in città, nel Bronx. Vengo da una famiglia di musicisti, ma non ascoltavo musica jazz», racconta. «I miei nonni avevano un coro gospel chiamato The Savettes a Philadelphia. Mio padre suona il basso e canta, ma da piccolo non gli è stato permesso di ascoltare musica profana. Doveva sgattaiolare in giro e impararlo alla radio prima che i suoi genitori tornassero a casa, cose del genere. È stato quasi un po’ imbarazzante per me… Voglio dire, vengo da New York e i miei genitori sono musicisti, e la musica era tutto intorno a me crescendo, ma non sono stato veramente attratta dal jazz fino a quando non avevo circa 16-17 anni».

Ha vinto il Sarah Vaughan International Vocal Jazz Competition nel 2019, che ti ha aiutato a metterti sulla mappa dai suoni. Le cose sono decollate immediatamente per te o è avvenuto in modo più graduale?

«Subito dopo essere stata annunciata come la vincitrice, sono stata intervistata nel backstage e all’improvviso ero sul radar del jazz. Le cose iniziarono gradualmente a progredire da lì. Sono stata invitata al Newport Jazz Festival. È accaduto nel 2019, l’anno successivo la pandemia ha interrotto qualsiasi tipo di progresso».

Samara Joy, 23 anni, di New York

Sarah Vaughan stessa è stata una grande fonte di ispirazione per lei all’inizio, o è stata una scoperta successiva?

«Sicuramente all’inizio, ma per me “l’inizio” è soltanto circa quattro anni fa. Non avevo molte basi nel jazz, quindi è stato solo quando sono arrivato al Purchase College che l’ho davvero scoperta. Una volta che ho iniziato a imparare gli standard e le diverse versioni di questi classici, mi sono completamente innamorata del suo stile e del suo modo di interpretare una melodia. Ricordo di aver cercato di imitarla – e lo faccio ancora! – è stata una delle prime cantanti nelle quali mi sono imbattuta all’inizio della scuola. Ha avuto un impatto su di me».

Cosa significa per lei essere premiata come miglior nuovo artista, per il jazz come genere? Quanto è bello poter diventare l’ambasciatore di una musica?

«È decisamente una sensazione surreale e sono decisamente onorata di essere stata scelta cone l’ambasciatrice per rappresentare in questo particolare momento la musica che amo così tanto. La diversità nel genere Best New Artist quest’anno dimostra che quando più artisti sono coinvolti nel processo di votazione allora ottieni la varietà, che è effettivamente rappresentata nel mondo. Quindi è davvero speciale per me questa vittoria».

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *