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Raffaella Carrà eroina di un’opera lirica

– “Raffa in the Sky” è il titolo della rappresentazione che debutta venerdì 29 settembre al teatro Donizetti di Bergamo
C’è chi grida allo scandalo e chi esulta per il rinnovamento dei temi nel settore della librettistica. In diretta su Rai5
«Io mi auguro che si torni a fare opere che parlano di oggi. Spero che dopo questa sulla Carrà, ne arrivino sulla Montessori, su Mina…», ha commentato il regista

Raffaella Carrà volando scende sul palco in una tuta da palombaro. Sembra Barbarella nel film culto di Roger Vadim proiettata in una atmosfera che incrocia Star Wars e la fantasia del melodramma barocco: comincia così Raffa in the Sky, l’opera lirica dedicata alla showgirl più famosa d’Italia, che debutterà il 29 settembre al teatro Donizetti di Bergamo in occasione dell’anno di Bergamo Brescia capitale della cultura. 

Voluto dal direttore del Festival Donizetti, Francesco Micheli, che firma la regia, il nuovo lavoro con le musiche di Lamberto Curtoni e il libretto di Renata Ciaravino e Alberto Mattioli è ben presto diventato bersaglio di dibattiti e polemiche. C’è chi ha gridato allo scandalo dimostrando, secondo Micheli, quali «pregiudizi e rigidità ci sono quando si squadernano le cose», ma anche chi ha accolto l’iniziativa con entusiasmo come gli sponsor che hanno coperto i 600mila euro di spese. 

Intorno allo spettacolo sono state create una serie di iniziative: convegni, conversazioni, prove aperte e una mostra a cura del Museo della Radio e della Tv Rai con costumi e materiale multimediale legato alla Carrà visibile nel foyer dove e nel giorno della prima, prenotandosi, trenta spettatori potranno anche “indossare” l’iconico caschetto biondo.

Un mix vario di iniziative, come variegata è la platea a cui Carrà si è rivolta, la stessa a cui si rivolge Raffa in the Sky perché «si sta andando verso un settorismo che divide, creando una piramide sociale che mi fa paura. Da direttore di teatri e festival il mio scopo è sempre stato quello di allargare il pubblico». Lei lo ha fatto scardinando tabù con un sorriso, riuscendo ad essere «non sensuale per piacere agli uomini ma esprimendo se stessa», «epica quanto Antigone», con uno stile inconfondibile, vistoso e allegro richiamato nelle scene di Edoardo Sanchi e nel costumi di Alessio Rosati. 

È questa Raffaella “divina” (interpretata da Chiara Dello Iacovo, unica nel cast a non avere una formazione lirica), che da Arcadia, pianeta dell’arte, scende sulla terra ad aiutare Carmela e Vito (il soprano Carmela Remigio e il baritono Haris Andrianos), coppia che dal Sud si traferisce al Nord, ad affrontare i cambiamenti della società, il nuovo rapporto uomo donna, il tema dell’orientamento sessuale del figlio Luca. Temi che riguardano quindi passato e presente. 

«La protagonista di Raffa in the Sky non è l’artista conosciuta in tutto il mondo, ma un’eroina, non umana, proveniente dall’Arcadia, il pianeta degli artisti», spiega Mattioli. «Viene inviata in missione sulla Terra dal sovrano Apollo XI nel 1943, nel pieno della Seconda Guerra Mondiale. Seguiremo la protagonista nelle sue avventure, in cui predica il verbo pace & love, la liberazione del corpo e dell’eros, la rivendicazione della libertà delle donne». E alla fine non potrà mancare una grande sorpresa: «Raffaella rinuncerà alla sua deità e sceglierà l’imperfezione umana e la morte, il destino di ogni essere umano».

«Ci mancano Raffaella e la libertà d’espressione, che nella televisione degli anni Settanta era chiara ed oggi meno. C’è un moralismo di ritorno. Viviamo con paura da vent’anni, dal 2001, e una delle prime conseguenze è l’aumento della mancanza di libertà d’espressione. La serenità ilare e intelligente della Carrà aiuta a vincere le paure». 

Raffaella Carrà, pseudonimo di Raffaella Maria Roberta Pelloni (Bologna, 18 giugno 1943 – Roma, 5 luglio 2021)

Per chi non sarà in teatro, come Sergio Japino, a lungo compagno di vita e di lavoro di Raffaella, ci sarà la possibilità di vedere l’opera in diretta su Rai5 alle ore 21:15 di venerdì 29, in attesa che l’opera – questa è la speranza della produzione – vada in tournée, non solo in Italia.

«Io mi auguro che si torni a fare opere che parlano di oggi. Spero che dopo questa sulla Carrà, ne arrivino sulla Montessori, su Mina…», ha concluso Micheli. «Abbiamo bisogno di nuovi miti: uomini, donne, bambini e trans».

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