Storia

Pino D’Angiò: così i giovani mi hanno riscoperto

Con l’hit “Ma quale idea” fece sbocciare il rap in Italia e con “The Age of Love” fondò la musica trance. Con una corda vocale sola dopo sei operazioni di cancro alla gola, un tumore polmonare, un sarcoma e un infarto, torna in pista e venerdì 4 agosto sarà fra i protagonisti della serata funk del FestiValle di Agrigento 

Se è realistico, e supportato dalle fonti, affermare che la festa organizzata l’11 agosto di cinquant’anni fa al 1520 di Sedwick Avenue in un “Block” del West Bronx in cui DJ Kool Herc ha messo i dischi per un centinaio di persone è il primo passo ufficiale dell’hip hop. Con quasi altrettanta sicurezza si può inserire tra le date più probabili di nascita del rap italiano il 16 dicembre 1980, giorno d’uscita di Ma quale idea, funkettone che campionava la linea di basso di Ain’t no stoppin’ us now del duo McFadden & Whitehead mentre Pino D’Angiò – all’anagrafe Giuseppe Chierchia (Pompei, 14 agosto 1952) – faceva lo sbruffone da discoteca, vantando conquiste inesistenti. 

A 70 anni Pino D’Angiò, assurto ad artista di culto proprio per quel brano, con una corda vocale sola dopo sei operazioni di cancro alla gola, un tumore polmonare («ma grazie alle terapie da due anni se ne sta fermo lì…»), un sarcoma e un infarto, torna in pista e venerdì 4 agosto sarà fra i protagonisti della serata funk del FestiValle di Agrigento. «La malattia? Per adesso stiamo sette a zero per me, ma prima o poi vincerà lei. Non so come sono sopravvissuto, per fortuna: non lo dico per me, ma per mio figlio, non me lo meritavo e me lo godo finché sarà possibile».

Pino D’Angiò, definito inoltre da Billboard il fondatore della musica trance per il brano The Age of Love, torna sulle ali della riscoperta da parte dei giovani dopo un decennio in cui è rimasto lontano dalle scene. «È successo in modo del tutto inaspettato…», si meraviglia ancora D’Angiò. «Merito di un dj milanese, Tommiboy, che mi ha dato il tormento… Cercando su Wikipedia il mio vero nome, ha rintracciato mio figlio Francesco sui social e lo ha implorato di metterci in contatto… Diceva che avremmo dovuto fare degli spettacoli insieme… Io all’inizio non ne volevo sapere, lo prendevo per matto, ma a forza di insistere mi ha convinto e abbiamo fatto una prova. I ragazzini mi amano, mi dicono che parliamo lo stesso linguaggio… forse l’infantile sono io…».

Pino D’Angiò oggi

Ma quale idea, secondo Wikipedia, ha venduto dodici milioni di copie nel mondo, conquistando persino un dj come Bob Sinclair che la cita tra le sue “reference” italiane. «Quel pezzo ha fatto davvero il giro del pianeta, e io con lui: Francia, Spagna, Germania, Argentina, Stati Uniti, Giappone, Sudamerica, Russia…», commenta. «Ma quale idea funzionò perché era una novità, nello stile vocale, il rap appunto, nel sound danzereccio, nell’ironia della narrazione: sembravo il ragazzino che finge di averle rimorchiate tutte e, invece, è rimasto a bocca asciutta. Con questo pezzo c’è un rapporto come con una donna bellissima ma un po’ zoccola (ride), Nel senso che la devi ringraziare perché ti ha cambiato la vita, ma certe volte la odi perché la gente ti riconosce per quella, come se avessi fatto solo quella. Ho fatto una valanga di cose, anche più importanti. Il premio non l’ho vinto con Ma quale idea, Amazon per lo spot globale non ha scelto Ma quale idea (ha chiesto, invece, Okay Okay, nda), adesso mi hanno chiamato dal Brasile per mettere Perdoni tenente in ogni puntata di una fiction da cinquanta episodi, ci sono tanti altri successi. Io ho vinto dischi d’oro per brani come Evelonpappà evelonmammà che in Italia non li hanno manco mai sentiti. E quindi a volte mi lamento… ma, nella realtà, se non ci fosse stata quella canzone oggi non sarei qua. O meglio, sarei qua comunque ma senza tutto quello che mi è successo. Sarei un medico di terza categoria da qualche parte, non sono mai stato tagliato per fare quel lavoro».

Perché D’Angiò, studente di medicina all’Università di Siena alla fine degli anni Settanta, «mai mi sarei immaginato di fare il cantante, né lo desideravo». «Lo facevo perché si cuccava», ride. «Ma mi sono divertito di più da ragazzo che da artista di successo, quando venivano con me per il successo, più che per l’artista o per l’uomo».

Riguardo al rinnovato interesse per l’Italo disco, D’Angiò è convinto si tratti di un «miracolo», di un fenomeno senza precedenti: «Nella storia della musica leggera non è mai successo che i giovani abbiano cantato e ballato le hit di quarant’anni prima. Forse si deve al fatto che quei ritmi fossero particolarmente ballabili o che, in questo momento, non ci sono alternative…». Prova ne sia l’attenzione nei suoi confronti da parte dei ventenni che insistono per coinvolgerlo nei loro progetti: da Tommyboy, che lo ha inseguito sui social convincendolo a rimettersi in gioco quando pensava ormai di ritrarsi, a Franco 126 che lo ha voluto nel brano Scandalo.

Pino D’Angiò chiuderà la serata di venerdì 4 del FestiValle al Tempio di Giunione di Agrigento. Prima di lui esploderà l’energico afrobeat di Seun Kuty & Egypt 80, preceduto dal jazz elettronico strumentale dei Brekky Boy. Poi si prosegue con gli afterparty fino a notte fonda con Whodamanny Fool Arcana.

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