Libri

Pino Cacucci e il mito di Pancho Villa

– “Dieguito e il Centauro del Nord” è un libro a metà fra storia e favola che avvince e ci svela aspetti poco noti della rivoluzione messicana
– L’autore: «Non so se sia vero o meno, ma in Messico si dice che poco importa se una storia è vera o falsa, ciò che conta è che sia ben raccontata»
–  È un racconto universale che si adatta ancora ai nostri giorni, ovunque si continui a combattere contro l’ingiustizia e le disparità sociali

Potrebbe essere una storia reale o frutto di pura fantasia, anche perché la narrazione stessa è costruita come una favola. Una fiaba appare anche perché è il racconto della sua vita che il nonno materno racconta alla nipote Adelita. L’abuelo, il nonno, una volta Dieguito, protagonista del libro Dieguito e il Centauro del Nord, ci avverte l’autore Pino Cacucci a fine libro, è un personaggio immaginario (anche se  ispirato a un fatto realmente accaduto) che, tuttavia, guida il lettore a scoprire aspetti poco noti al grande pubblico della rivoluzione messicana e a far conoscere Pancho Villa (“il Centauro del Nord”) la cui figura viene riportata anche attingendo alla monumentale biografia scritta da Paco Ignacio Taibo II – Un rivoluzionario chiamato Pancho – e tradotta in italiano dallo stesso Cacucci.

Nel racconto, però, si muovono personaggi realmente esistiti in quegli anni (oltre ovviamente a Pancho Villa). Diego, ad esempio, si trova a incontrare anche il noto generale Patton o il colonnello Peppino Garibaldi, nipote dell’eroe dei due mondi e al quale è tuttora dedicata una piazza a Città del Messico (che, ancora oggi, tutti pensano sia intitolata al più famoso nonno) la cui storia si intreccia con quella del protagonista e della sua famiglia. 

Lo scrittore Pino Cacucci

La storia si svolge nel 1983, a Chihuahua, dove agli inizi degli anni Novanta Pino Cacucci si trovava in viaggio. «Fu la mia guida a raccontarmi che suo nonno gli diceva che a 12 anni in una grotta aveva trovato Pancho Villa ferito, che gli aveva puntato contro una pistola. Non so se sia vero o meno, ma in Messico si dice che poco importa se una storia è vera o falsa, ciò che conta è che sia ben raccontata».

E Cacucci, o meglio l’abuelo la racconta così bene da incantare la nipotina Adelita, che lo ascolta con la partecipazione che è dei più piccoli quando stanno scoprendo il mondo, e insieme al mondo scopre anche un pezzo importante della sua storia. Quello di Adelita è un ascolto tanto più importante perché le informazioni sulla storia del Messico, che riceve a scuola, sono opache e contraddittorie e hanno bisogno di una voce più trasparente, più vicina al cuore delle cose e degli eventi. 

Parral, 1916. Pancho Villa è ferito, nascosto in una grotta nel deserto. L’abuelo, che allora è ancora il piccolo Dieguito, gli porta regolarmente il necessario per vivere, a rischio di essere catturato. Il padre che teneva quel collegamento è stato sorpreso proprio al ritorno dalla grotta e condotto in prigione. A sostituirlo è il figlio che si muove lesto e attento. Sa tener testa ai gringos, e sa di avere una missione importantissima da compiere: assicurare a Villa, che i suoi uomini cercano di far credere morto, una nuova esistenza. 

Una immagine del generale Pancho Villa

I gringos si ritireranno e Pancho Villa uscirà dalla grotta per affrontare altri epici combattimenti, durante uno dei quali muore il papà di Dieguito. Il generale poi fonderà l’Hacienda di Canutillo, dove fu creata una comune, una sorta di Stato indipendente, e vennero ingaggiati i migliori insegnanti perché, secondo il rivoluzionario messicano, un Paese poteva definirsi civile solo quando un insegnante avrebbe guadagnato più di un generale. 

Tante sono le domande di Adelita e tutte confluiscono in fondo in una sola: chi è Pancho Villa, anima di un Messico quasi dimenticato? L’abuelo racconta, e più racconta, più agita intorno alla figura del condottiero un sentore di leggenda e di speranza che tuttavia coincide con un ben più palpabile destino di giustizia sociale. 

Il libro si chiude con Adelita ormai donna. È cresciuta ed è diventata una voce amata, nella tradizione di cantanti memorabili come la grandissima Chavela Vargas: quasi distillasse in sé le parole di Dieguito e la memoria del Messico rivoluzionario, canta davanti a un pubblico che la adora e, fra le altre, ripete una struggente canzone che, intrecciando passato e futuro, accende una nuova consapevolezza del presente: “Tu li hai vissuti quei tempi e ora… dimmi, cosa resta?”.

Il libro di Cacucci non è soltanto uno spaccato della storia messicana. È un racconto universale che si adatta ancora ai nostri giorni, ovunque si continui a combattere contro l’ingiustizia e le disparità sociali. Anche per questo motivo, rimane quel vago sapore di fiaba. 

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