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Parigi premia l’Italia, Berlino no

– Ai Premi César, i più importanti del cinema francese, Andrea Laszlo De Simone ha vinto per la migliore musica originale di “Animal Kingdom”
– Alla Berlinale i due nostri film in concorso – “Another End” di Piero Messina e “Gloria!” dell’esordiente Margherita Vicario – escono a mani vuote 

Se a Parigi il tricolore sventola alto grazie al musicista Andrea Laszlo De Simone, a Berlino l’Italia esce a mani vuote.

Alla cerimonia della edizione numero 49 dei Premi César, i più importanti del cinema francese, Andrea Laszlo De Simone ha vinto per la migliore musica originale di Animal Kingdom (Le Règne Animal), film di genere di Thomas Cailley. Un risultato ancora più importante se si pensa che Andrea è il primo italiano nella storia a ricevere un premio in questa categoria.

Andrea Laszlo De Simone

Anche per questo grande è stata la sorpresa quanto immensa la soddisfazione. Nelle parole di Andrea Laszlo De Simone che ritira il premio c’è tutta la sua emozione: «Questo film è stata un’esperienza incredibile per me, è un film politico: c’è l’avventura, c’è il dramma, c’è tutto in questo film!  Grazie agli attori che mi hanno ispirato, non è facile da spiegare, non è semplice fare la musica per un film. È il mio secondo film ed è incredibile per me, sono davvero emozionato!».

Animal Kingdom (Le Règne Animal) è stato il lungometraggio con più nomination – dodici in tutto – e venerdì sera ha vinto altri quattro César. Dopo aver ottenuto un notevole successo al botteghino in Francia, arriverà nelle sale italiane dal 20 giugno.

L’umanità rappresentata nel film è immersa nel caos e assiste al risveglio del suo lato animale. L’intensità del lavoro risiede in un viaggio emotivo, divertente e al tempo stesso commovente, tra un padre e suo figlio. Un film attraverso cui Thomas Cailley con la complicitá della musica di Andrea Laszlo De Simone eleva l’esperienza cinematografica verso nuovi orizzonti, lontani dalle solite distopie.

La colonna sonora fonde elementi acustici, elettronici e classici: una composizione musicale potente, condotta sulle tonalità del film, sul suo naturalismo e sulla narrazione di una mitologia universale. Andrea anche questa volta ha prodotto, suonato e registrato nella poetica solitudine del suo Ecce Homo Studio di Torino completando il tutto con arrangiamenti per una piccola orchestra di archi, strumenti a fiato e voci. Il risultato è una colonna sonora originale che è un’esperienza viva, sensuale e organica.

Il cast del film “Gloria!”

Delusione, invece, alla Berlinale dove l’Italia aveva due film in concorso. Nessun premio ad Another End di Piero Messina e Gloria! dell’esordiente Margherita Vicario. Incoronato come miglior film un documentario di 67 minuti sulla restituzione di una ventina di opere primitive dalla Francia al Benin, Dahomey. Il festival di Berlino non è nuovo a questi premi “fuori norma” (l’anno scorso aveva vinto il francese Sur l’Adamant, nel 2016 era stata la volta del nostro Fuocoammare di Gianfranco Rosi) ma, in effetti, il film della giovane franco-senegalese Mati Diop era una delle pellicole più interessanti viste in concorso, per la capacità di fondere da una parte il documentario puro (l’imballaggio e il viaggio delle statue dal museo parigino Quai Branly fino a Porto-Novo in Benin, ricevute da autorità e notabili locali) e dall’altra la riflessione sul significato storico e antropologico di quelle opere, grazie a un dibattito tutt’altro che superficiale tra studenti universitari.

Il Gran Premio della Giuria, va invece al film A Traveler’s Needs di Hong Sang-soo dove una Isabelle Huppert di magica presenza smonta le corazze emotive dietro cui cercano di proteggersi i coreani a cui deve insegnare il francese. Francese è anche il Premio della giuria, andato a L’Empire di Bruno Dumont, un’opera ambiziosa quanto pasticciata che vorrebbe rileggere con spirito goliardico e irriverente la saga di Star Wars tra i campi della Normandia, alla ricerca di parallelismi tra contadini e cavalieri jedi, astronavi e palazzi, anche divertente se non finisse per prendersi troppo sul serio. 

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