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Paola Turci: ho cancellato le cicatrici

– L’artista romana in Sicilia nelle vesti di attrice con lo spettacolo “Mi amerò lo stesso”: domenica 10 al Teatro Eschilo di Gela (Cl) e dal 12 al 14 dicembre al Teatro Musco di Catania
 – «Una storia che racconta di una ragazzina cresciuta con un amore smisurato per la musica. Ci sono ricordi personali, e momenti in cui prendo in mano la chitarra»
– «L’incidente è lo spartiacque della mia vita, mi ha costretto a fare i conti con la realtà». Anni di insicurezze e paure, poi la felicità con Francesca Pascale e 11 cani

Paola Turci ormai da tempo non è più “la ragazza con la chitarra” di Sanremo. Sin dal 1991, quando, forte di tre Premi della Critica consecutivi, incise Candido, ambizioso concept album ispirato al personaggio di Voltaire. Era il segno che prima o poi si sarebbe smarcata, intraprendendo uno di quei percorsi che l’avrebbe condotta a lasciare le grosse cifre per declinare dal ruolo di artista “mainstream” a quello di autrice di nicchia, facendo coincidere la sua attività musicale con un sempre più appassionato impegno civile. Nel 2003 dedica il brano Il gigante alla vicenda di Adriano Sofri, nel 2005 denuncia in Rwandail «genocidio per 100 giorni», che nel 1994 colpì lo Stato africano tra l’indifferenza della comunità internazionale, vincendo l’anno dopo il Premio Amnesty. Da sempre partecipe al dramma dell’infanzia nei Paesi poveri, Paola ha affrontato sul campo l’emergenza Haiti, quando l’isola caraibica venne devastata da un violento sisma.

Per quattro anni si ferma. Poi, complice la riscoperta dell’amore, dopo la ferita lasciata aperta da un pauroso incidente stradale, Paola Turci si è scoperta iperattiva: un romanzo, Con te accanto, scritto a quattro mani con Eugenia Romanelli, la conduzione di un programma radiofonico alla Rai, il debutto da attrice con I monologhi della vagina ed il complesso progetto di una trilogia discografica. L’introspettivo Attraversami il cuore, pubblicato nell’ottobre del 2009, dedicato non a caso all’amore, è stato il primo capitolo. L’anno successivo Giorni di rose, indagine sull’universo femminile nella quale ha coinvolto le sue colleghe-amiche (Carmen Consoli, Nada, Marina Rei, Fiorella Mannoia). Nel 2012, a completamento del trittico, Le storie degli altri, con il quale l’artista romana spostava lo sguardo sul mondo circostante.

Due anni dopo, in un momento di pausa musicale, si dedica a un secondo libro, pubblicando Mi amerò lo stesso, l’autobiografia scritta per addolcire le cicatrici che il pauroso incidente automobilistico del 1993 le aveva lasciato sul viso e sull’anima. Il titolo è ispirato a una delle prime canzoni con cui cominciò a farsi conoscere. «L’ho scritto nove anni fa, quando ho capito che stavo iniziando a volermi bene e a sentire molto meno il peso di questa parte offesa di faccia che ho», ricorda l’artista sessantenne. «Nel mio piccolo una rivoluzione, visto che riuscivo a finalmente a liberarmi dalla gravità, dal giudizio che mi davo ogni volta alzassi lo sguardo verso lo specchio o mi vedessi riflessa nello sguardo degli altri».

Da questo libro prende spunto l’omonimo spettacolo con cui Paola Turci approda domenica 10 al Teatro Eschilo di Gela (Cl) per poi fermarsi dal 12 al 14 dicembre al Teatro Musco di Catania. È un monologo scritto con Alessandra Scotti e diretto da Paolo Civati, in cui Paola affianca i pensieri, i sogni e le aspirazioni della bambina che andava a scuola dalle suore sulla via Appia a quelli della pasionaria con la chitarra di Sanremo, l’attivismo sociale di cento cause e le riflessioni della maturità davanti ai panorami irrorati dal sole di quella Val d’Orcia in cui vive con Francesca Pascale e i loro undici cani. 

«Ci sono ricordi personali, e momenti in cui prendo in mano la chitarra, perché la musica è parte integrante della storia», spiega. «Una storia che racconta di una ragazzina cresciuta con un amore smisurato per la musica. Ci sono fatti realmente accaduti e do voce a tre persone fondamentali della mia vita: mia sorella, mio padre, e soprattutto mia madre, figura centrale della narrazione. La musica è prestata al racconto, ci sono alcuni brani miei, ma non sono cantati per intero, solo alcuni cenni introduttivi, poi è tutto libero, ogni sera cambio. Sono canzoni di autori che io amo, come Domenico Modugno».

Il racconto è quello di un’artista finalmente libera dalle sue insicurezze, che spiega i cambiamenti di questi ultimi anni, fino alle nozze con Francesca Pascale. «Prima ero molto dura con me stessa e questa autocritica feroce non mi portava bene», sottolinea. «Quindi ho lavorato su me stessa e sulle cicatrici che mi facevano stare male. Ora mi guardo allo specchio con molta serenità. L’incidente è lo spartiacque della mia vita, mi ha costretto a fare i conti con la realtà. A teatro è un momento che andrebbe visto, perché ci sono dei visual e la mia voce artefatta, deformata, che racconta il momento dello schianto. Ci arrivo attraverso alcuni passaggi, la narrazione rispetta i tempi». 

Il tutto recitato in una scenografia essenziale. «In questo spazio c’è la mia camera, la mia scuola, il parchetto dove giocavo, tutto ricostruito con immagini, con video che passano mentre racconto la storia». 

Quella dell’attrice è una parentesi che nasce da una passione. «Quando sei sul palco e reciti, sei dentro un personaggio da cui esci quando finisci. Il teatro l’ho scoperto durante l’Accademia, avevo già fatto un provino a Cinecittà con Scola. Ma non vedo l’ora di tornare a suonare perché è la mia dimensione naturale. E lo farò presto perché sto lavorando a un nuovo album».

Un anno fa il singolo Caramella ha dato in radio il primo segnale di un risveglio discografico, proseguito poi con il singolo Fiore di ghiaccio. Assaggi di un nuovo album in divenire.

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