– Francesco Guccini mette la parola “oppressor” al posto di “invasor” e la dedica alle donne iraniane nell’album “Canzoni da osteria”. Un disco di canzoni popolari del mondo
– Parlando della guerra fra Israele e Hamas cita la sua “Auschwitz,”: «Io chiedo quando sarà che l’uomo potrà imparare a vivere senza ammazzare e il vento si poserà»
– «Cosa ne penso del governo Meloni? «Sono soddisfatto, molto soddisfatto… Per fortuna non c’è ancora una teocrazia». Il lavoro esce solo in cd e vinile
Disposti ad arco, sul palco per primi si presentano gli alpini. Sono del coro Orobica, intonano una delicata Bella ciao con un lungo finale d’applausi che scema solo all’ingresso del maestro, Francesco Guccini, che proprio quel brano ha messo in apertura del suo nuovo disco, Canzoni da osteria. «Una scelta non mia, ma dei discografici», si schermisce con la stessa ironia che userà lungo tutta la conversazione con studenti, giornalisti, appassionati nell’Aula magna dell’Università Statale di Milano.
«La canzone Bella Ciao è diventata misteriosamente internazionale», argomenta il cantautore di Pavana. «Nella serie tv La casa di Carta si canta Bella Ciao in italiano. Molte donne iraniane cantano Bella Ciao in italiano. È diventata simbolo di protesta contro la teocrazia iraniana… Bella Ciao ha origini strane. Non è una canzone partigiana, passa come tale, ma la cantavano anche le mondine».
Il brano è inserito in scaletta nel nuovo album. «Ma nella mia versione ho cambiato una parola: ho messo “oppressor” al posto di “invasor”. Un omaggio all’Iran: lì non c’è invasione, ma oppressione», ha evidenziato Guccini. «A 83 anni non mi metteranno in galera, e già questa è una bella soddisfazione. Per fortuna non c’è ancora una teocrazia, e questa è un’altra bella soddisfazione», ha aggiunto sornione, citando il presidente della Cei. «Mi onora della sua amicizia un cardinale, parlo di Matteo Zuppi, che ogni tanto fa le omelie con frasi di mie canzoni».
A chi gli chiede un giudizio sul governo Meloni risponde ironico: «Sono soddisfatto, molto soddisfatto… Questo è lo stato dell’arte. Cosa volete che vi dica? D’altra parte, si spera sempre che succeda qualcosa. Ma per il resto sono soddisfatto. Quasi, non del tutto. Non soddisfattissimo via».
Parlando poi del conflitto in corso tra Israele e Hamas l’ottantatreenne cantautore ha ammesso: «Non è che abbia mai approfondito la questione, anche perché non riesco più a leggere ma ho diversi amici di Medici senza Frontiere che sono stati in Israele e mi parlavano dell’occupazione della Palestina. Come per i talk show ci sono due fazioni opposte, due tifoserie che si urlano contro, dimenticando chi c’è in mezzo e in mezzo ci sono le vittime».
Nel disco è inserita una canzone popolare ebraica, Hava nagila, composta dal musicologo Idelsohn Abraham Zwi nel 1918 per celebrare la vittoria degli inglesi in Palestina alla fine della Prima guerra mondiale. «Per dire meglio come la penso vorrei citare una tavola di un amico che è scomparso un mese fa, Sergio Staino» ha aggiunto chiedendo in suo ricordo un applauso alla platea. «Sergio aveva fatto una tavola meravigliosa come solo lui sapeva fare sulla mia canzone Il vecchio e il bambino. E finiva col vecchio e il bambino, protagonisti della favola, che andavano di spalle verso un mondo migliore. Il vecchio aveva sulla schiena la bandiera israeliana e il bambino la bandiera palestinese. E questa speranza di fraternità e di amicizia fra le due etnie, lontana nel tempo, si può sempre avere».
Citando poi un’altra sua canzone, Auschwitz, ha aggiunto «parla di ebrei e finisce dicendo: “Io chiedo quando sarà che l’uomo potrà imparare a vivere senza ammazzare e il vento si poserà”. Può sembrare retorica, ma è così che la penso».
Guccini è stanco, ma non piegato. Non suona più la chitarra («l’artrite…»), non ascolta più musica («faccio fatica ad alzare un disco e metterlo sul piatto, e poi quella di oggi…»), non legge più («ed è la cosa che più mi manca: da ragazzino non avevo soldi per comprare libri, ora che me ne mandano a decine a casa posso solo toccarne le copertine»). Soprattutto, spiega ai giovani dell’università statale di Milano, non è più un «biassanot»: «Significa tirar tardi, e a Bologna si tirava sempre tardi, non si andava mai a dormire. Oggi vado a letto alle 23, e mi sta bene così. Una cosa è avere 25-26 anni ed una cosa averne 83».
Ottantatré anni e da dieci, più o meno, si è pensionato da cantautore. Ma Canzoni da intorno nel 2022 è stato certificato disco di platino ed ha vinto la Targa Tenco come miglior album da interprete. Canzoni da osteria è la naturale prosecuzione: è una raccolta di canti popolari selezionati dal Maestro, veri e propri gioielli del repertorio nazionale e internazionale rivisitati in chiave strettamente personale, commovente – la voce fa fatica ad uscire – ricordo di quando la canzone era rito comunitario, ben annaffiato di vino.
Il viaggio sonoro corre lungo il Sud America con Jacinto Chiclana, El caballo negro, La chacarera del 55 e Sur, fino a cantare dell’amore in ogni sua forma con Amore dove sei, Maria la guerza e La tieta; non mancano le tradizionali Il canto dei battipali in veneto, La maduneina dal Baurgh ‘d San Pir in bolognese, Hava nagila in ebraico, la nostalgica The last thing on my mind e il folk americano in Cotton fields; a chiudere il disco tra il greco e l’italiano, il brano bilingue 21 aprile. Un’ampia varietà di strumenti e sonorità accompagna l’inconfondibile voce di Francesco Guccini, pronta a spaziare tra lingue e generi musicali.
Come per Canzoni da intorto, non a caso l’album fisico più venduto del 2022, anche questo si potrà ascoltare soltanto sul giradischi o nel lettore cd.