Interviste

«Ogni giorno su Spotify 125mila brani: assurdo!»

Steve Wilson, lo stregone del rock progressivo, parla del nuovo album e della situazione musicale odierna
«Come si possono scrivere canzoni quando c’è una generazione che ha solo una finestra di attenzione che dura 20 o 30 secondi?»
– Il suo passato con i Porcupine Tree e l’opera di miglioramento del suono del catalogo dei King Crimson

Non con amarezza, ma con una certa malinconia, il cantante, autore e produttore inglese Steven Wilson contempla un mondo, quello della cultura analogica che vacilla e che viene visto da molti giovani come un semplice ambiente per feticisti. «Mi chiedo spesso come creare canzoni quando c’è una generazione che ha solo una finestra di attenzione che dura 20 o 30 secondi. Ho realizzato un incredibile videoclip per il mio nuovo singolo, What Life Brings, della durata di quattro minuti, ma so che solo il 5% di chi preme play lo vedrà fino alla fine. Lo stesso con le canzoni… Mi si spezza il cuore», si lamenta il musicista cinque volte candidato ai Grammy Award. «Si concentra tutto sulla voce: se la tua canzone ha un’introduzione strumentale o un assolo, è impossibile che venga trasmessa alla radio», aggiunge.

Steve Wilson, 55 anni, compone canzoni con una chitarra all’età di 10 anni e ha amici nerd come lui che comprano vinili e fanzine. Un processo che culminò alla fine degli anni Ottanta quando divenne uno dei principali alfieri moderni del rock progressivo, uno stile pioniere di gruppi come Genesis, King Crimson e Yes. Con i Porcupine Tree, band da lui fondata nel 1987 e che difende quasi come l’accolito di una religione in via di estinzione, pubblicò brani densi di arrangiamenti ricchi e sofisticati fra psichedelia e rock progressivo.

Man mano che i Porcupine Tree diventavano più popolari, Wilson iniziò a sperimentare altri generi – il trip-hop dei No-Man o l’elettronica industriale di Bass Communion – fino ad arrivare a quello che lui stesso ha definito «rock eclettico»: musica eclettica che spazia dal pop elettronico all’improvvisazione jazz, alle chitarre anni Ottanta e alla malinconia dei Pink Floyd. All’interno di questa ricerca s’inserisce The Harmony Codex, dieci brani in cui ha lasciato da parte le chitarre, per abbracciare tastiere e sintetizzatori analogici, e dove torna protagonista una narrazione che è già costante nei suoi testi: la caducità della vita e l’alienazione come la vera pandemia che ci devasta.

«C’è stato un tempo, tra la fine degli anni Sessanta e gli anni Ottanta, in cui la musica raccontava una storia e trasportava l’ascoltatore in un viaggio. Ora tutto è immediato, con un suono brillante e pop. Quando ero piccolo esisteva la musica alternativa. E alternativo significava Pixies, The Cure, Nirvana… Ora, alternativo è quello che faccio, perché fornisce un’alternativa a ciò che è diventato qualcosa di enorme», sostiene. «Ci sono più persone che fanno musica e quasi tutti vogliono condividerla, perché fa parte dell’essenza umana. Ogni giorno vengono caricate su Spotify 125mila canzoni. È stupido. In questo panorama i miei coetanei tendono ad andare verso ciò che è già noto, e da qui il proliferare di ristampe deluxe di album classici con demo, live show e remix».

Dal 2008, quando ha iniziato la sua carriera da solista, ha pubblicato diversi album nell’ambito di questo concetto di “rock eclettico”, perfezionando il suono del catalogo di band leggendarie come Jethro Tull, Roxy Music, Tears For Fears o Yes. A lui si deve, ad esempio, il miglioramento del suono della discografia dei King Crimson, compito che ha svolto a quattro mani in studio con Robert Fripp. A seguito di quelle sessioni sono state pubblicate le ristampe dei leggendari album della band britannica: l’ultima, nel 2019, King Crimson: In The Court Of The Crimson King (50th Anniversary Edition).

Steve Wilson

Wilson non ha mai raggiunto il livello di popolarità di altri musicisti della sua generazione; infatti, il quotidiano britannico The Guardian lo ha definito “la megastar musicale britannica con meno stelle”. «Quando trasformi la merda in oro e non vieni apprezzato», canta lui nel brano Actual Brutal Facts del nuovo album. «Non mi considero un re Mida. Ma è vero che, spesso penso che, se fossi nato dieci anni prima, avrei trovato più facilmente la strada della popolarità».

Per il nuovo album ha finalmente potuto costruire uno studio su misura nella casa acquistata a Londra cinque anni fa con la moglie, che solitamente appare nelle foto che il musicista posta su Instagram. Wilson è un ragazzo che conduce una vita sana e vive per la musica. «Questa è la prima volta che costruisco uno studio con il sistema audio surround di cui sono esperto. Almeno in questo, sì, sono il numero uno», ride. «Ho anche riempito lo spazio con sintetizzatori analogici invece che con chitarre. Per me questo significa essere un musicista sperimentale: quando non sai cosa stai facendo e allo stesso tempo sai come farlo vedere», afferma, citando altri “stregoni del suono”, come Robert Wyatt, Brian Eno e Rogers Waters.

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