Storia

««”Non sono una signora” è il mio manifesto»

Loredana Bertè canta cinquant’anni di storia della musica italiana nel concerto che terrà mercoledì 30 agosto a Catania. «Sono una donna e anche per istinto porto nella mia musica i miei sentimenti, le mie sensazioni e quello che vedo intorno a me, andando contro a tutto quello che ci vogliono imporre». «Ogni sei ore c’è un femminicidio, ogni sei ore e io adesso ho smesso di tacere». Quella violenza subita a 16 anni

“Manifesto” è una parola molto importante, citata già da Dante: per il sommo poeta “farsi manifesto” significa esprimere tutte le proprie idee. E così fa Loredana Bertè nel Manifesto tour estivo 2023 che prende il titolo dall’album pubblicato nel 2021 e che la pandemia prima e i problemi di salute poi non le avevano ancora permesso di presentare “live”. Adesso la battagliera e trasgressiva cantante, come conferma l’immagine sulla locandina del tour, è pronta a tornare a calcare i palchi d’Italia per raccontare, con il nuovo album Manifesto, «il mondo che stiamo vivendo, in tutte le sue sfaccettature». In Sicilia lo farà mercoledì 30 agosto, alle ore 21:30, quando arriverà alla Villa Bellini per il Catania Summer fest per recuperare la data annullata a causa del “caos Fontanarossa” a fine luglio.

L’ALBUM “MANIFESTO”. L’album come il tour è un manifesto di se stessa, come artista e come donna. E proprio la donna, con tutto il suo mondo, è la figura centrale raccontata da diverse angolazioni, da Ho smesso di tacere, scritta da Luciano Ligabue sulla violenza contro le donne, a Dark Lady, da Florida a Donne di ferro.

«Per quella che è stata la mia storia artistica e di vita, la donna è sempre una figura centrale», racconta Bertè. «Nel 1974 cantavo Sei bellissima, oggi Ho smesso di tacereDark LadyFiglia di…. Ho voluto sempre raccontare le donne, mi sono sempre ribellata al ruolo di donna oggetto che ci volevano e ci vogliono, ahimé, ancora dare. Sono una donna e anche per istinto porto nella mia musica i miei sentimenti, le mie sensazioni e quello che vedo intorno a me, andando contro a tutto quello che ci vogliono imporre».

Un filo conduttore che parte da Non sono una signora e arriva fino ad oggi, attraverso cinquant’anni di storia della musica italiana. «Sicuramente c’è una continuità nella mia vita artistica. Faccio dischi solo quando ho qualcosa da dire. Ho nuove collaborazioni e nuovi autori, ma la potenza del racconto è quella dei primi dischi, con il passare degli anni non ho mai abbassato lo sguardo da ciò che accade e non mi piace, non va bene e voglio ancora dirlo. Non sono una Signora è sempre stato il mio manifesto per eccellenza, continuo a portare avanti questa dichiarazione di libertà anche nel nuovo album e in questo tour».

Loredana Bertè sulla copertina di “Streaking” nel 1974

UNA DONNA LIBERA. Una donna libera sempre Loredana Bertè. La prima a spogliarsi su un lp (Streaking del 1974) e ad usare la parola “cazzo” in una canzone (Il tuo palcoscenico, sempre in quel disco d’esordio, in cui cantava pure versi come “Non so dormire sola/ ho il tuo sapore in gola”). Censuratissima, fu solo l’inizio di una strepitosa vita spericolata cantata in diretta. Una rivoluzione sessuale con cui Loredana Bertè sfidò l’Italia bacchettona e democristiana degli anni Settanta. Sempre spudorata come ai tempi del Piper, fiera di non essere mai stata «una signora», la Bertè ha reclamato il diritto alla sessualità per se stessa e per tutte le donne italiane represse dal comune senso del pudore. Bellissima, carnalissima, sorella di Mia Martini, che già dettava la linea all’italico pop ed era nata nel suo stesso giorno ma tre anni prima, ci ha messo un po’ di tempo per farsi prendere sul serio. 

Inseguire il mito della libertà quanto le è costato?

«Ho sempre detto quello che penso e continuerò. Quando fai così, sei scomoda. Ma io sono questo, lo ribadisco: pacchetto completo. Prendere o lasciare. Il prezzo da pagare è che alcune persone scelgono di scappare… Le migliori restano!».

CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE. Ho smesso di tacere, canzone scritta per lei da Luciano Ligabue, è forse la canzone simbolo del Manifesto della settantaduenne cantante di Bagnara Calabra. “Sapete cosa è il buio/ Intendo quello vero/ è un posto in cui non vedi chi hai vicino” è il ritornello della canzone. Proprio il buio rappresenta questo pezzo impegnativo: prima di cominciare a cantare la Bertè rincara la dose: «È una canzone contro la violenza sulle donne psicologia, mentale, fisica…. Io le ho subite tutte e tre. Ogni sei ore c’è un femminicidio, ogni sei ore e io adesso ho smesso di tacere».

«Quando l’ho ricevuta ho pianto perché mi ci sono ritrovata, Ho avuto un flashback: ero adolescente, ero ingenua e non ho denunciato. Ho trovato il coraggio di farlo in questa trasmissione», rivelò la cantante durante una puntata di Verissimo, confessando di aver subito una violenza sessuale all’età di 16 anni. «Mi sono sentita in colpa per anni, ho un vago ricordo che cerco di reprimere, ma ogni tanto viene fuori. Ero vergine, in un mondo in cui tutte erano navigate. Facevamo le tournée con Don Lurio, e c’era questo ragazzo che mi portava delle rose. Mi sono lasciata convincere, ci sono cascata. Un giorno mi ha invitato a cena, quando mi è passato a prendere per uscire con una scusa mi ha portato in un luogo angusto e mi ha violentata. Sono riuscita a uscirne viva per miracolo. Nonostante fossi andata in ospedale non ho potuto denunciarlo. Oggi è un signore della Torino bene. Non volevo che mia madre venisse a sapere della violenza, perché le avrei prese anche da lei e mi sarei sentita ancora più in colpa». Proprio per questo motivo oggi come allora implora le altre donne: «Denunciate al primo schiaffo, non aspettate che arrivi il secondo». 

Il concerto è un viaggio tra presente e passato. Ai brani dell’album Manifesto si alternano i più grandi successi di Loredana Bertè. Ci sono ovviamente grandi classici come Non sono una signoraIl mare d’invernoLunaDedicato e Sei bellissima, che esegue in omaggio alla sorella Mia Martini. Sul palco l’artista, meticolosa in tutti i dettagli e super attenta al suono ha voluto con sé una band di cinque elementi – Ivano Zanotti alla batteria, Stefano Cerisoli e Marco Grasselli alle chitarre, Alberto Linari alle tastiere, Pierluigi Mingotti al basso – e alla corista storica Aida Cooper ha affiancato anche Annastella Camporeale.

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