Storia

Nick Drake, il fascino di un enigma

Musicista solitario, morì a 26 anni dopo tre insuccessi discografici. Oggi è una leggenda che si tramanda di generazione in generazione con l’album cult “Pink Moon”. Forse è proprio la natura misteriosa dell’uomo e dell’artista a conquistare. La sua musica suona così fresca che la gente pensa che sia ancora vivo

Accade spesso che alla tenuta di Nick Drake ricevano una richiesta piuttosto insolita: «Nick Drake sarebbe disponibile a suonare in alcune date del festival?». Il problema è che il musicista solitario è morto nel 1974. Le richieste di solito provengono dall’estero, dice Cally Callomon, che gestisce la tenuta insieme alla sorella di Drake, Gabrielle, anche se ricorda una richiesta simile nei primi anni 2000 pervenuta da un’organizzazione culturale britannica.

Questo aneddoto raccontato dal quotidiano The Guardian la dice lunga sul fascino imperituro del musicista folk britannico, che è stato ripetutamente scoperto dalle nuove generazioni di appassionati di musica sin dalla sua morte per overdose di compresse antidepressive quasi cinquant’anni fa. La sua musica suona così fresca che la gente pensa che sia ancora vivo.  

La copertina dell’album “Pink Moon”

Era il 25 aprile 1972 quando uscì il terzo ed ultimo album di Nick Drake, Pink moon, meno di trenta minuti di voce e chitarra, con qualche nota di pianoforte nella title track, undici tracce registrate in due notti. I testi sono haiku destrutturati sino all’evanescenza, alla comunicazione minima («Cosa farai/cosa amerai»), il mondo fuori ha ancora colori prima che si faccia tutto nero, dal rosa del titolo al verde («E io ero verde, più verde della collina/ dove i fiori crescono e il sole splende ancora»), ma più del sole conta la luna («Posso vedere la luna e sembra così chiara»), ma più della luce conta il buio («Sono più scuro del mare più profondo»). La voce del cantautore inglese nato a Yangon, Birmania, il 19 giugno 1948, viene da un altro pianeta, profonda, distaccata, delicata, lontana, con la chitarra per unica amica possibile. Un manifesto estremo, ma non dai propositi suicidi messi poi in atto in quel drammatico 25 novembre 1974.

Da allora la fama di Nick Drake non è stata oscurata, le sue canzoni non tacciono, la sua tomba a Tanworth-in-Arden è oggetto di pellegrinaggio perenne di giovani sognatori e bohemienne fuori tempo. Quando uscì Pink moon fu un insuccesso, doveva vedersela con Exile on main street dei Rolling Stones ed Honky chateau di Elton John, The rise and fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars di David Bowie e Transformer di Lou Reed. Oggi è diventato un classico, proprio come quegli album.

Vuoi per le sonorità, vuoi per una capacità di scrittura e un modo di cantare avanti anni luce rispetto ai tempi, tutti e tre gli album incisi da Drake nella sua breve vita mantengono una loro attualità. Trattandosi di un disco per sola chitarra e voce, “Pink Moon” ha però una marcia in più. Basta prestare orecchio alle canzoni di gente come i Kings of Convenience o Damien Rice per convincersi di quanto ancora oggi Nick rappresenti un punto di riferimento. Una vera pietra miliare

Rodrigo D’Erasmo, musicista

«Il fuoco e la passione per le canzoni di Nick non sono mai passati. Ogni volta che le suoni, infatti, riesci a trovarci qualcosa di nuovo», spiega Rodrigo D’Erasmo, violinista, polistrumentista, compositore, arrangiatore e produttore, con e senza i suoi Afterhours. Con il chitarrista Roberto Angelini è protagonista del disco pubblicato lo scorso anno nel cinquantesimo compleanno di Pink moon, intitolato Songs in a conversation, sequel di un precedente, riuscito, tributo, PongMoon sognando Nick Drake – Storie di note, datato 2005.

L’attualità di Drake per qualcuno è un mistero: «Vuoi per le sonorità, vuoi per una capacità di scrittura e un modo di cantare avanti anni luce rispetto ai tempi, tutti e tre gli album incisi da Drake nella sua breve vita mantengono una loro attualità», riflette D’Erasmo. «Trattandosi di un disco per sola chitarra e voce, Pink Moon ha però una marcia in più. Questo grazie anche all’eccellente lavoro fatto in sala di registrazione da John Wood. Basta prestare orecchio alle canzoni di gente come i Kings of Convenience o Damien Rice per convincersi di quanto ancora oggi Nick rappresenti un punto di riferimento. Una vera pietra miliare».

Nicholas Rodney “Nick” Drake (Yangon, 19 giugno 1948 – Tanworth-in-Arden 25 novembre 1974) 

Un artista senza tempo, certamente. Ma come riesce Drake a stabilire un legame profondo con ogni nuova generazione quando ha avuto così tanti fallimenti commerciali nella sua breve vita? Fra i motivi c’è anche l’oculata gestione dell’archivio dell’artista. La chiave, sostiene Callomon, è «dire di no alla maggior parte delle proposte». Le musiche per pubblicità vengono rifiutate. Un film biografico è fuori discussione («ognuno ha la propria idea di Nick e questo glielo rovinerebbe»), così come le opportunità di colonna sonora per film che si concentrano troppo esplicitamente sul suicidio o sulla malattia mentale. Hanno fatto uscire alcune rarità, ma non vogliono che tutte le ultime registrazioni scadenti vengano pubblicate. «Per quanto io ami Jeff Buckley, dopo la morte ho contato diciannove diverse varianti del suo unico album in studio. E penso che ogni volta che succede, non raddoppi nulla. Anzi, lo dimezzi», ragiona Callomon.

Non mancano tuttavia operazioni di marketing. Negli anni Novanta sono uscite alcune ristampe molto curate. Negli anni 2000 c’è stato un documentario diretto da Brad Pitt e una pubblicità attentamente studiata negli Stati Uniti per la Volkswagen che utilizzava la canzone Pink Moon come colonna sonora. Più recentemente è stato pubblicato un libro curato da sua sorella (Nick Drake: Remembered for a While) che si diletta cautamente con i social media. «Abbiamo creato una pagina Facebook, ma solo perché una tecnologia è stata inventata non significa necessariamente che sia adatta al nostro pubblico», tiene a sottolineare.

Fino a poco tempo fa, la tenuta aveva resistito a una biografia ufficiale, preferendo lasciare che le persone si formassero la propria immagine personale di Nick. Parte del fascino di Drake è la scarsità di informazioni intorno a lui: una manciata di foto, tre album con riprese minime, nessun filmato. Ma questo può portare alla costruzione di miti stravaganti che non vengono corretti senza una storia ufficiale. «Uno dei motivi per consentire il libro è stato quello di allontanarsi dal mistero di Nick Drake».

Nick Drake: The Life consiste in una quantità sorprendente di ciò che il suo autore Richard Morton Jack chiama «lavoro investigativo amatoriale». Il risultato è il quadro più realistico e dettagliato dei ventisei anni del cantante sulla Terra, sfatando molti dei miti – che fosse un tossicodipendente, che fosse gay o che faticasse a venire a patti con la sua sessualità – sulla base del fatto che, come dice l’autore, «semplicemente non c’erano prove che suggerissero che questi indizi fossero veri». Invece, il libro descrive in dettaglio il viaggio di un bambino felice che è cresciuto fino a diventare un adulto popolare ma sempre più distante, perdendo lentamente il contatto con altre persone e poi, tragicamente, il proprio talento. Le sezioni finali, che documentano i problemi di salute mentale di Drake senza alcun contorno romanzato, sono particolarmente strazianti.

Il racconto della vita di Drake in realtà permette di capire e apprezzare di più la musica, specialmente Pink Moon, scritto e registrato senza che la sua etichetta Island lo sapesse, nel preciso momento in cui Drake stava perdendo il contatto con la realtà pur conservando il suo talento di cantautore. Un anno dopo, la salute mentale di Drake era così grave che sarebbe stato ascoltato suonare ripetutamente lo stesso riff per ore e ore. Il disturbo di Drake potrebbe essere stato un tipo di schizofrenia: certamente ha portato a modelli di comportamento estremamente insoliti, come i suoi ripetuti tentativi di guidare fino a Londra nei suoi ultimi giorni, a volte avendo bisogno di essere salvato da suo padre, a volte non riuscendo nemmeno a uscire dal vialetto. Quei passaggi finali sono una lettura cupa. «I fan di Nick, per tutte le giuste ragioni, vogliono che sia stato più felice e più propenso a riprendersi di quanto non fosse», spiega Morton Jack. «La gente vuole credere che siano stati commessi errori che avrebbero potuto farlo sopravvivere e tornare a comporre. Ho voluto dimostrare il senso della completa disperazione che provava la sua famiglia. Hanno provato di tutto per salvarlo». Invano.

Sorprendentemente, davanti a tutti i più piccoli dettagli contenuti nel libro di Morton Jack, anche gli amici più cari di Drake hanno mantenuto immagini nettamente diverse, continuando a vederlo ancora come un enigma. È questo ciò che affascinate le nuove generazioni? Molto probabilmente, ma solo perché questa natura misteriosa è profondamente intrecciata con la musica stessa.

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