– Esce l’album del cantautore messinese, una sorta di romanzo di formazione in musica, in cui la musicoterapia ha un ruolo chiave: «Mi ha insegnato a stare molto più in ascolto con me stesso»
– «Comincio questo viaggio con il piccolo Frenk che diventa grosso e dalla condizione di quadrupede canino si erige a una forma umana verticale, riconquistando la sua dignità, la fiducia in se stesso»
– Folk-rock, blues, country e Dylan attraversano il disco che sarà presentato venerdì 26 gennaio alla Libreria Colapesce di Messina. Il 29 febbraio, da Reggio Calabria, parte il tour
La mattina, guardando il mar Tirreno dalla finestra della sua abitazione a Venetico, comincia la sua giornata al rallentatore, «per entrare in contatto con me stesso». Poi l’automobile, la radio, il telefonino, i social infrangono i propositi di seguire la filosofia della lentezza, come canta in Più lento, uno dei brani contenuti nell’album che segna il terzo debutto di Dario Naccari.
La prima volta fu nella band dei Demomode, con la quale ha pubblicato due album tra il 2010 e il 2014. Poi scompare dai radar per alcuni anni, per riapparire nel 2020 con il nome d’arte di Frenk, «un vezzeggiativo, nato dalla storpiatura di “friend”, amico in inglese». Dura soltanto il tempo di un singolo, per essere definitivamente sostituito dal nome vero: Dario Naccari, appunto.
Frenk, nel frattempo, è diventato Grosso Frenk ed è il nome di un cane che cerca una propria dignità e di credere in se stesso. È anche il titolo della canzone che apre l’album Multiverso, inizio del viaggio di Dario “Frenk” Naccari. Una sorta di Siddharta, di romanzo di formazione in musica.
«Le tracce sono messe secondo un ordine preciso», spiega il cantautore messinese. «Comincio questo viaggio con il piccolo Frenk che diventa grosso e dalla condizione di quadrupede canino, nel ritornello, si erige a una forma umana verticale, riconquistando la sua dignità, la fiducia in se stesso. Poi si rende conto che nella vita bisogna ascoltare il proprio bioritmo (Più lento), che non bisogna farsi indicare dagli altri come, quando e con quale velocità fare le cose. Rivendica la libertà di sentirsi giovane, di abbandonare le frustrazioni, che lascia in autostrada su Giovani in eterno, dopodiché va alla deriva con Comandante per approdare ne Il giorno e la notte e riconciliarsi con tutto, innamorarsi del Tirreno e realizzare con Multiverso che ci sono tanti modi di vedere le cose, basta godersi l’istante, vivere nel qui e ora, non farsi sovrastare dalle paranoie, dalle convinzioni, che ognuno di noi ha».
Il concetto di multiverso si è creato da solo durante l’evoluzione dei pezzi. È diventato un contenitore che vuole mettere in evidenza tutti i vari strati, i vari livelli dell’esistenza umana. Si parla di affetti, di legame con il territorio, di tempo, bioritmo interiore, dignità spirituale. Tanti aspetti per avere una visione generale, che contempla anche quello che non vedi, che ti mette più in ascolto con le cose che ti accadono. Questi pensieri sono figli di un percorso di studi che ho fatto, perché nel corso degli ultimi quattro anni ho studiato per diventare musicoterapeuta e da quasi due anni esercito la professione. Nella musicoterapia la musica perde il valore della performance, del raggiungimento di un obiettivo e di quegli ideali di bellezza dettati dai social o dal pensiero dominante
Dario “Frenk” Naccari
Sebbene il titolo Multiverso porti a pensare al metaverso, a realtà fuori dal nostro spazio temporale, ad altri universi, il mondo di Dario Naccari è legato al quotidiano, alla vita vissuta, osservata da diverse prospettive e attraverso varie sfaccettature.
«Il concetto di multiverso si è creato da solo durante l’evoluzione dei pezzi», sottolinea l’autore. «È diventato un contenitore che vuole mettere in evidenza tutti i vari strati, i vari livelli dell’esistenza umana. Si parla di affetti, di legame con il territorio, di tempo, bioritmo interiore, dignità spirituale. Tanti aspetti per avere una visione generale, che contempla anche quello che non vedi, che ti mette più in ascolto con le cose che ti accadono. Questi pensieri sono figli di un percorso di studi che ho fatto, perché nel corso degli ultimi quattro anni ho studiato per diventare musicoterapeuta e da quasi due anni esercito la professione. Nella musicoterapia la musica perde il valore della performance, del raggiungimento di un obiettivo e di quegli ideali di bellezza dettati dai social o dal pensiero dominante. Se mi concentro troppo sull’aspetto performativo, rischio di distaccarmi eccessivamente da quello che sta accadendo in quel momento e dalla magia della musica. Invece stando sempre in ascolto con il tuo pubblico riesci ad avere una sensibilità che ti consente veramente di trasmettere quel momento musicale, che diventa poi un’esperienza per tutti, un’esperienza partecipata. La musicoterapia mi ha insegnato a stare molto più in ascolto con me stesso e con tutto quello che mi accade».
Oggi Dario Naccari lavora in tre centri, stando a contatto con anziani con problemi motori, bambini, pazienti di psichiatria. Esperienze che sono state importanti nel ritrovarsi e rinascere. E che hanno influenzato questo album di formazione. «Io prima di fare il musicoterapeuta lavoravo per una grande azienda, vendevo apparecchi acustici: nonostante fossi laureato in tecniche audioprotesi e mi desse sicurezze non mi dava soddisfazioni. È stato in quel periodo che mi sono allontanato dalle scene musicali. Ho deciso di lasciare quel lavoro e di dare una svolta. Studiando musicoterapia è cominciato il processo di rigenerazione, durante il quale il cantautore e lo studioso si sono influenzati vicendevolmente».
Nel processo di rinascita ha avuto un ruolo chiave anche Pietro Alessandro Alosi, l’ex Pan del Diavolo, che di recente ha creato una etichetta, la Mezzanotte Label, attraverso cui valorizzare i talenti artistici siciliani. Dario Naccari è uno di questi. «Con Pietro ci eravamo conosciuti quando militavo nella band dei Demomode e lui era nel Pan del Diavolo», ricorda. «Loro hanno fatto una bella strada e hanno cominciato a girare il Paese in lungo e largo. Poi, dopo un po’ di anni, io sono rimasto fermo, lui si è trasferito a Pavia. Siamo rimasti in contatto tramite alcuni miei amici che gravitano fra Milano e Bologna. Quando ho raccolto un po’ di materiale e volevo cominciare a lavorarci, ho cercato qualcuno con cui confrontarmi. Un mio amico mi ha suggerito Alessandro: “Può essere la persona giusta”. Io avevo gusti che erano orientati verso le chitarre folk di Bob Dylan e alla forma canzone del cantautorato. Con lui abbiamo trovato una grande sintonia, e ha saputo mettere in risalto le storie che volevo raccontare».
La canzone d’autore e testi poetici sono attraversati da sonorità internazionali, dal country-blues di Grosso Frenk al blues di Giovani in eterno, dal folk-rock al coro africano attorno al quale danzano Il giorno e la notte. Esula da questo viaggio il brano finale, una rilettura in versione dylaniana e dylaniata di Quelli che Benpensano del rapper Frankie hi-nrg mc (apre un Frenk e chiude un Frankie).
«L’avevo suonata dal vivo spesso, mi piace molto e mi appartiene come tematiche, perché c’è una critica forte nei confronti di quella che era l’Italia di vent’anni fa e che comunque è rimasta identica. Mentre ero a Pavia per registrare il brano ci siamo incontrati con il rapper Tusco ed è nato questo featuring, invertendo i ruoli del cantato e del rap».
Multiverso esce venerdì 26 gennaio e, nello stesso giorno, alla Libreria Colapesce di Messina, alle ore 21, Dario Naccari lo presenterà in parole e musiche. Il 29 febbraio, dal Malavenda Café di Reggio Calabria, partirà il tour che salirà per tutta la penisola per ridiscendere in marzo in Sicilia.