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Fiorella Mannoia: al Festival canto le donne

– La cantante parla di “Mariposa”, il brano con il quale è in gara: «Un inno al femminile, un manifesto, senza vittimismo ». «Una sorta di evoluzione» di “Quello che le donne non dicono”
– «Tutto è partito da una serie tv che si chiama “Il grido delle farfalle”, che ricostruisce la storia delle sorelle domenicane Mirabal, attiviste che si battevano contro la dittatura del generale Trujillo: furono trucidate»
– Difende Elodie e Annalisa, fa suo l’appello di Roy Paci ai colleghi musicisti e non teme i 70 anni: «A ritirarmi non ci penso proprio». «Sanremo? È l’esame più importante, e hai sempre qualcosa da perdere»

È stato un brano, Mariposa, a convincere Fiorella Mannoia a buttarsi nuovamente nel tritatutto sanremese. Una canzone che ritiene adatta al Festival e che parla al femminile. «È un inno al femminile, che io vedo come un manifesto, sottolinea l’orgoglio di essere donne, in tutte le nostre sfaccettature, senza vittimismo, raccontandoci per quello che siamo, per quello che siamo state e per quello che saremo. È il momento giusto per me e anche il momento giusto per tornare a Sanremo», esordisce la cantante.

In “Quello che le donne non dicono” io cantavo: “Ti diremo ancora un altro sì”. Oggi nei miei concerti sostituisco quel sì, con forse. Perché gli uomini devono imparare che un no detto da una donna è un no. È un cambio culturale e di mentalità che dobbiamo fare tutti insieme

Fiorella Mannoia

Scritta insieme al marito Carlo Di Francesco (che firma anche le musiche con Federica Abbate e Mattia Cerri) e a Cheope, Mariposa, a trentasei anni da Quello che le donne non dicono, può essere considerata «una sorta di evoluzione», sottolinea. «Lì cantavo: “Ti diremo ancora un altro sì”. Oggi nei miei concerti sostituisco quel sì, con forse. Perché gli uomini devono imparare che un no detto da una donna è un no. È un cambio culturale e di mentalità che dobbiamo fare tutti insieme».

Mariposa in spagnolo significa farfalla, e «tutto è partito da una serie tv che si chiama Il grido delle farfalle, che ricostruisce la storia delle sorelle Mirabal, sorelle domenicane, attiviste che si battevano contro la dittatura del generale Trujillo», racconta Fiorella Mannoia. «Furono trucidate, questo assassinio, sconvolse talmente tanto l’opinione pubblica, che spinse il dittatore a dimettersi. Il 25 novembre è il giorno contro la violenza sulle donne, in onore delle sorelle Mirabal. Mentre guardavamo questo film, vedo mio marito Carlo scrivere, buttare frasi, frasi di come siamo. Quando ho letto il testo, ho detto subito che era una bella intuizione. Poi l’abbiamo fatta leggere a Federica Abbate e Cheope per farla musicare. Abbiamo così costruito questa canzone che ha un ritmo gioioso con un contenuto importante. Non si parla delle sorelle Mirabal (richiamate nelle sonorità sudamericane, nda), ma è un riferimento, un omaggio… C’è tutto dentro, come dire siamo tutto questo, si parte dalla strega in cima al rogo per arrivare alla descrizione di tante sfaccettature delle donne, possiamo essere anche terribili, possiamo essere uno specchio rotto, possiamo essere anche sette anni di disgrazia. C’è tutto, c’è il racconto di come siamo nel bene e nel male, raccontando anche nel corso della storia, per quanto si possa fare all’interno di una canzone, quello che è successo».

Fiorella Mannoia, il prossimo 4 aprile compirà 70 anni

Una canzone-manifesto espressione dell’impegno dell’artista per la difesa dei diritti delle donne e che si concretizza nella fondazione “Una Nessuna Centomila”, nata dopo il concerto di Campovolo, che si ripeterà il 4 e il 5 maggio all’Arena di Verona («non è escluso qualche altra cosa più avanti») per raccogliere fondi per i centri antiviolenza. «E vogliamo portare avanti un discorso tra i giovani nelle scuole, quando sarà il momento», annuncia. «Vogliamo cercare di cambiare questa mentalità che ci attanaglia, sia le donne che gli uomini, dobbiamo uscire da questi stereotipi. Ormai abbiamo aperto una porta, oggi c’è più consapevolezza della nostra emancipazione ed è su questo che dobbiamo lavorare ma dobbiamo farlo insieme, uomini e donne insieme. Dobbiamo cercare di aprire un percorso. Siamo tutti vittime degli stereotipi, uomini e donne. Le dinamiche sono sempre le stesse. Le ragazze, le donne, scambiano la gelosia per amore, sentendosi a volte gratificate, non riescono a distinguere quando diventa ossessione, credo che queste siano le dinamiche che nel tempo hanno portato allo stesso epilogo. Bisogna riconoscere in fretta, subito…rispetto alle donne della mia generazione, delle nostre madri, tante cose sono cambiate ma c’è tanto da fare».

Imploro tutti i colleghi e amici musicisti affinché si possa definitivamente cancellare dai testi o dai concetti espressi dal palco qualsiasi riferimento alla donna come tr*** pu*****, anche nelle sue declinazioni straniere come bit** et similia

Roy Paci
Roy Paci

Difende Elodie e Annalisa e il loro utilizzo del corpo come espressione artistica («non credo debbano nascondere qualcosa, si mostrano per come sono e per come sentono di essere») e fa suo l’appello di Roy Paci («imploro tutti i colleghi e amici musicisti affinché si possa definitivamente cancellare dai testi o dai concetti espressi dal palco qualsiasi riferimento alla donna come tr*** pu*****, anche nelle sue declinazioni straniere come bit** et similia»). E le settanta candeline da spegnere il prossimo 4 aprile non la spaventano («ma a ritirarmi non ci penso proprio, anzi farò una festa live»). Al contrario del palco dell’Ariston: «Un palco stregato, croce e delizia di noi artisti. È l’esame più importante, e hai sempre qualcosa da perdere: ogni volta è un rimettersi in gioco e la responsabilità la senti». 

Per l’artista si tratta della sesta partecipazione in concorso a Sanremo, a sette anni di distanza dal secondo posto con Che sia benedetta, dietro a Francesco Gabbani. Che, secondo indiscrezioni, potrebbe essere il compagno nella serata dei duetti.

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