Interviste

mariaFausta, una donna da un milione di volti

Salpa da Acireale giovedì primo settembre il “Direct order – unplugged tour” dell’artista messinese, che proseguirà tra Messina, Parigi e Berlino. In scaletta brani del nuovo album “Better, like a machine”, inquietante e affascinante lavoro di elettronica visionaria post new wave

A 12 anni comincia lo studio del violino classico, ma presto quello strumento non basterà a saziare la curiosità di Maria Fausto Rizzo, allieva al Conservatorio A. Corelli di Messina. «Cominciai a trasformarlo, volevo strappargli le distorsioni che Jimi Hendrix faceva con la chitarra», racconta. Fu allora che l’intraprendente studentessa fu presentata a due fratelli musicisti che da quel momento le faranno da Virgilio nel suo girovagare nei mondi della musica: il bassista Pippo Mafali e il fratello pianista Melo. 

«Furono loro a farmi conoscere il rock progressive, Genesis, Gentle Giant, Emerson Lake & Palmer, gruppi che ascolto sempre. Una musica che ho da subito amato perché abbraccia tutti i generi, dal barocco al jazz, dal rock alla classica e perché molti dei suoi protagonisti sono polistrumentisti». Come quell’allieva del Conservatorio diventata nel frattempo mariaFausta. Violinista, pianista, cantante, compositrice e direttore d’orchestra. Che, con nonchalance, può mettere assieme Firth of Fifth dei Genesis e Low di David Bowie, Led Zeppelin, Joy Division e Iggy Pop, come farà giovedì primo settembre nel Cortile del Palazzo del Turismo di Acireale, prima tappa del Direct order – unplugged tour, che a fine mese si fermerà per due sere a Parigi, per essere poi il 10 ottobre a Messina e il 22 dello stesso mese a Berlino.

Maria Fausta Rizzo, in arte mariaFausta, eclettica artista messinese

Non a caso l’eclettica artista messinese viene definita “la donna da un milione di volti”. Sia in riferimento al titolo del suo primo album come mariaFausta, Million faces appunto, sia per le sue esperienze musicali che spaziano dall’etnica alle colonne sonore da film e per tv, dalla sinfonica al jazz, rock, blues, dal musical al progressive, dalla cameristica alla didattica. È stata in tour con le Orme e David Cross dei King Crimson, ospite del concerto di Will Hunt (batterista degli Evanescence). Nel concerto di Acireale, oltre alle cover, metterà confronto in una sorta di «yin e yang musicale» il primo album con il nuovo Better, like a machine, inquietante e affascinante album di elettronica visionaria post new wave, in grado di tenere insieme elettronica, dark sound, psichedelia, Siouxie and the Banshees e Joni Mitchell. 

Chi è mariaFausta? La ragazza dai capelli scuri e tenebrosa che si vede sulla copertina di Better, like a machine oppure quella bionda e solare del Direct order – unplugged tour?

«I colori differenti fanno parte della mia vita. Rappresentano dei momenti, porte che ognuno apre. Esprimono un impatto emotivo».

Lei per alcuni anni si è trasferita in Francia.

«Sono andata oltr’Alpe per studiare violino jazz. E sono rimasta lì per insegnare. C’era anche un progetto per un disco per violino e voce che è rimasto in sospeso. Ho scelto di tornare in Sicilia e di vivere a Spadafora, paesino della fascia tirrenica del Messinese, dove c’è l’atmosfera ideale per comporre».

Il nuovo album è un muro di suoni con potenti scariche elettriche, carico di pathos e di tensione drammatica. Come riuscirà a adattarlo alla sua esibizione “unplugged” nel tour?

«Non è stato facile. Ho cercato di prendere l’anima di ogni brano, l’emozione principale, e di trovarla con gli strumenti a mia disposizione, che saranno un sintetizzatore, una viola e, soprattutto, il piano, lo strumento che amo di più, con il quale compongo e che spesso fa da introduzione ai miei pezzi. Questa ricerca mi ha permesso di esprimere altre cose, come l’improvvisazione vocale».

Uno dei temi dell’album è il rapporto con la tecnologia.

«Non sono contro le tecnologie. Devono però restare uno strumento, non ne possiamo diventare succubi. Cerco di non arrendermi alle catene dell’alienazione, quest’ultima intesa come medicina ai dubbi e alle incoerenze a cui spesso andiamo incontro. In un sistema in cui la veloce crescita tecnologica e il progresso non camminano di pari passo con la crescita emotiva, e in cui non c’è ancora nessuna consapevolezza del passato, l’unica risposta possibile rimane l’amore».

Perché ha scelto di scrivere e cantare in inglese?

«Sono cresciuta ascoltando e cantando autori stranieri, rock, blues… è anche per una questione di sonorità in relazione al genere».

Musica dark per illuminare tempi oscuri?

«È un album nato nel 2019, mentre scoppiava la pandemia. Riflette i tempi. Ma non so dire se siano peggiori o migliori di prima. In ogni periodo storico si sono registrati momenti di difficoltà. In questo nuovo progetto c’è sicuramente un po’ meno intimità rispetto al primo disco, ma molto più entusiasmo e voglia di divertirmi, al di fuori dei tempi che stiamo vivendo e che reputo spesso permeati dal desiderio di compiacere gli altri».

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