Disco

Marco Mengoni: sono un meticcio

S’intitola “Pelle” il secondo capitolo della trilogia “Materia” e dominano le contaminazioni. «Ho scoperto che soltanto per il 35% sono italiano. A seguire ho un 16% di iraniano-iracheno. Nella musica, come nella vita, non possono esistere confini e barriere». Le collaborazioni con La Rappresentante di Lista e Samuele Bersani. L’inedito di Sergio Endrigo e il tour negli stadi nel 2023 con tappa in Sicilia

Con Terra esplorava le sue radici black, adesso con Pelle, secondo capitolo di una trilogia intitolata Materia, si tuffa nelle contaminazioni. «E il messaggio che voglio trasmettere deve essere chiaro: nella musica non possono esistere confini e barriere. E combatteremo contro chi cerca ancora di costruirle», ribadisce con forza Marco Mengoni.

La copertina dell’album

L’idea è nata anche dopo aver fatto, un po’ per gioco un po’ per curiosità, un test del Dna. «Ho scoperto che soltanto per il 35% sono italiano. A seguire ho un 16% di iraniano-iracheno», rivela. «Sono un meticcio, come lo siamo tutti. In qualche modo anche il disco è solo per il 35% italiano, l’altro 65% è contaminato da culture musicali e suoni completamenti diversi da quelli che sono abituato ad ascoltare (anche attraverso l’uso di strumenti insoliti e di parole prese a prestito da lingue diverse, dal maori allo spagnolo)». E sottolinea: «Per arricchirci culturalmente dobbiamo conoscere e capire nuove culture, facendole penetrare nel tessuto della nostra pelle. Ed è un bene che un disco che parla di confronto con la diversità esca proprio ora. I confini dal mio punto di vista non hanno senso di esistere. È stupido fare guerre per questo e quello che sta succedendo nel mondo mi fa male».

Il riassunto di tutto questo concept è racchiuso nel brano Unatoka Wapi, il pezzo del disco che ha avuto più contaminazioni. «Fatto di pancia e con una grandissima ritmica che è stata ri-arrangiato da Cristiano Crisci che conosce molto bene la ritmica africana. È stato bello arricchirsi di tutto questo di conoscere la diversità e farsi attraversare dalla diversità per arricchirsi», commenta. «Il testo era in lingua swahili, il ritmo era zulu. Abbiamo cambiato il pezzo. Per il disco ho pescato molto nella zona dell’equatore e ne sono nati vestiti allegri spesso anche per brani che affrontano temi profondi. Per il testo mi ha ispirato leggere Frantz Fanon, antropologo e psichiatra anticolonialista che nei suoi lavori affrontava il tema della dignità della persona. Ho immaginato una persona che parte, lascia gli affetti, ma anche un mondo senza libertà. E c’è una voce che gli chiede da dove venga, una domanda che non è fatta per conoscere ma ha già dentro un pregiudizio. Non è un pezzo politico. Semmai sociale. Spero che sul tema ci sia un dibattito positivo che possa portare a un’apertura. Apertura è la parola chiave del disco, l’apertura ti apre alla conoscenza e ti fa uscire dall’ignoranza.»

I brani di questo album sono nati in due anni e mezzo e alcuni anche 5-6 mesi fa come la collaborazione per Attraverso te con La Rappresentante di Lista: «Li ho conosciuti all’Arena di Verona. Con loro siamo entrati subito in sintonia, ci siamo sentiti e siamo stati dieci volte in studio per fare un pezzo». Ancora una volta è in duetto con Samuele Bersani ed è un’altra chicca del disco: «Lo amo follemente, è un artista unico. L’ho conosciuto per la prima volta all’Auditorium di Roma e da lì è nato un bel rapporto d’amicizia. È molto divertente e non avrei mai immaginato lo fosse. Se qualcuno dovesse leggere i nostri scambi di messaggi potrebbe farci una serie comica. Ero indeciso se inserire questo pezzo nel disco così gli ho chiesto un parere. La sua risposta è stata: “Io, in qualche modo, voglio esserci”. Così è stato». 

C’è anche l’inedito Caro amore lontanissimo, scritto da Sergio Endrigo che sarà la colonna sonora portante del film Il Colibrì di Francesca Archibugi, tratto dall’omonimo libro di Sandro Veronesi, in uscita il 14 ottobre. «Questa canzone è stata tirata fuori dal cassetto dalla figlia che mi ha invitato a fare un provino. Alla musica ci ha lavorato Riccardo Sinigallia. La prima volta che l’ho cantata ho pianto come un bambino. È un testo delicato, scritto anni luce lontano dalla nostra epica con una apertura alla Bindi, come Il nostro concerto».

Non mancano i brani più intimi come Respira «nato in un momento di buio totale della mia psiche», o Chiedimi come sto che parla «dell’importanza che si dà all’altro e, a volte, vorrei che le persone mi chiedessero veramente come sto. È sempre tutto molto superficiale quando ci chiediamo “come stai?” E la risposta è: “Bene, bene e ti scolleghi da tutto”. Mi piacerebbe ci fosse più affinità». 

Nel futuro potrebbe esserci la partecipazione tra i Big al prossimo Festival di Sanremo 2023: «Sarà un Festival eccezionale, come solo Amadeus sa fare», dice lui sibillino. Intanto spenti i riflettori del tour nei palazzetti a fine ottobre, si pensa già al prossimo capitolo di Materiache potrebbe essere al centro del tour negli stadi che il prossimo anno toccherà il 20 giugno Padova, il 24 giugno Salerno, il 28 giugno Bari, il 1 luglio Bologna e il 5 luglio Torino. Mancano, però, molte date, fra cui Roma, Milano e una in Sicilia.

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