Disco

London Brew, una superband per evocare Miles

Un album tributo a Miles Davis riunisce i nomi più brillanti della scena jazz londinese. Da una parte l’omaggio all’autore di “Bitchew Brew” dall’altra il senso di libertà dopo il lockdown per la pandemia

Nell’agosto del 1969, Miles Davis e la sua band trascorsero tre giorni rintanati in uno studio a Manhattan prima di emergere con un album tentacolare e improvvisato che suonava come nessun altro avesse fatto prima. È stata la colonna sonora di una società in mutamento, arrivata sulla scia dell’assassinio di Martin Luther King Jr, delle diffuse proteste contro la guerra del Vietnam e dell’ottimismo hippie di Woodstock, che si è conclusa il giorno prima che iniziassero le registrazioni. Influenzato dal rock psichedelico di Jimi Hendrix e dal funk e soul di Sly and the Family Stone, Davis stava portando il jazz in un posto nuovo. Voleva chiamare il suo disco spettrale e selvaggiamente sperimentale Witches Brew. La sua allora moglie (e futura diva del funk) Betty Davis ebbe un’idea migliore. «Ho suggerito Bitches Brew», ha ricordato in seguito. «Miles disse. “Mi piace”».

Quando fu pubblicato nel marzo 1970, Bitches Brew divise i critici. Mentre molti elogiavano la musicalità ricca ed espressiva dell’album, alcuni puristi reagirono in modo molto simile a come avevano fatto i fan del folk quando Bob Dylan «diventò elettrico» nel 1965, accusando Davis di tradire il genere che aveva fatto così tanto per plasmare. Mezzo secolo dopo e Bitches Brew è punto di riferimento del jazz d’avanguardia. Continua ad affascinare le nuove generazioni di musicisti, con un’influenza sentita attraverso l’hip-hop, l’house, l’elettronica. 

In vista del cinquantesimo anniversario dell’album, il produttore Martin Terefe (Jason Mraz, James Morrison, Yusuf Islam, ma anche l’italiana Elisa), Craig David. era entrato a far parte di una squadra che pianificava un concerto tributo a Londra. «È nata come idea per celebrare Bitches Brew al Barbican», racconta in una intervista a NME. La pandemia del 2020 mise presto fine a quel progetto. Ma Terefe non demorde. Scartata l’ipotesi del concerto tributo, pensa a un album. E quando il super-produttore Paul Epworth (Adele, Rihanna) gli mette a disposizione i suoi Church Studios a Crouch End, Terefe e il suo collaboratore Bruce Lampcov cominciano ad arruolare i talenti più entusiasmanti del jazz britannico. «Bruce era estasiato perché era stato al Brixton Electric e aveva visto 900 ragazzi saltare come se fosse un concerto rock davanti a un gruppo di musicisti jazz dell’East London», ricorda Terefe. Era Nubya Garcia.

La sassofonista e bandleader, che aveva pubblicato il suo album di debutto Source nel 2020, è stata raggiunta ai Church Studios da tre quarti del quartetto jazz nominato al Mercury Prize Sons of Kemet: il sassofonista Shabaka Hutchings, il suonatore di tuba Theon Cross e il batterista Tom Skinner. Il resto della band di dodici persone è stato completato da Dave Okumu di Terefe e The Invisible alla chitarra, il batterista Dan See, il violinista Raven Bush, il bassista Tom Herbert, i tastieristi Nikolaj Torp e Nick Ramm e Benji B di Radio 1 ai piatti. La registrazione è avvenuta nell’arco di tre giorni nel dicembre 2020, e per molti musicisti ha rappresentato il ritorno alla vita reale dall’inizio del primo lockdown.

Quando i musicisti furono al loro posto, Terefe diede inizio alla session con un invito: «Ho chiesto a tutti di suonare una nota che descrivesse la frustrazione di quest’ultimo anno per non essere stati in grado di suonare insieme e di tenerla il più a lungo possibile», ricorda. «È così che siamo partiti». Il suono strano, vorticoso e cacofonico che seguì è diventato l’epico brano di apertura di 23 minuti e mezzo dell’album London Brew, in uscita il 31 marzo su Concord Jazz. «Sono stati davvero tre giorni di pura improvvisazione», racconta Terefe. «Da una parte c’era l’omaggio a Miles, a un vero maestro che aveva influenzato tutti noi in modi diversi, e dall’altra era essere noi stessi in un periodo piuttosto turbolento. Ci sono stati momenti in cui è diventato davvero focoso, talvolta triste e malinconico».

«I musicisti di quell’epoca – musicisti jazz, rock o anche folk – cercavano di fare cose diverse», continua Terefe. «Al giorno d’oggi fare musica, indipendentemente dal genere, significa non essere diversi. Si cerca di trovare un terreno comune e inserirsi in un genere. Miles Davis, Wayne Shorter stavano cercando di essere diversi. A volte con grande successo, a volte pensi: “Non ne sono sicuro”. Ma ci hanno provato! Non avevano paura di sconvolgere nessuno o di suonare qualcosa che non si omologava. Penso che sia importante mantenere vivo quello spirito».

La sassofonista e bandleader Nubya Garcia

È interessante notare che alcune delle voci chiave dell’album originale sono assenti. Non c’è la tromba, tanto per cominciare. Gli strumenti principali sono i doppi sassofoni tenore di Nubya Garcia e Shabaka Hutchings, mentre la tuba di Theon Cross sostituisce il clarinetto basso di Maupin. Nel ruolo di McLaughlin c’è il chitarrista Dave Okumu, che propone riff pesanti e distorti, mentre al posto di Joe Zawinul, Chick Corea e Larry Young abbiamo Nick Ramm e Nikolaj Torp Larsen, che suonano entrambi Rhodes e altre tastiere.

La prima traccia è vicina all’atmosfera dell’album originale: una jam di 23 minuti su un ritmo funk mutevole, pieno di luce e oscurità. E più si va avanti e le tracce iniziano a suonare meno come le sessioni originali di Bitches BrewMor Ning Prayers è un groove afrobeat. L’intento, d’altro canto, non era quello di fare una cover o un surrogato dello storico album. Impossibile emulare il suono della tromba di Miles, semmai ricreare quello spirito da cui nacque Bitchew Brew. Così avrebbe fatto anche Miles Davis. Sarebbe andato oltre. È quello che sta sperimentando la scena jazz inglese, oggi fra le più creative e innovative. E London Brew è un emozionante viaggio di 90 minuti lungo attraverso i confini del jazz elettrico.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *