Interviste

Le donne, i cavalier, l’arme, gli amori e… il Banco

Il Volo degli alfieri del prog italiano continua e fa scalo in Sicilia per tre tappe: il 2 marzo a Catania, il 3 a Palermo e il 4 ad Agrigento. Un concerto di oltre due ore e mezza di musica diviso in tre parti. Vittorio Nocenzi: «Dopo tante tragedie, sono rinato grazie a mio figlio Michelangelo». «Il prog italiano ha qualcosa in più rispetto a quello inglese: la melodia». I ricordi siciliani 

«È da un po’ di tempo che non veniamo in Sicilia. Una terra che amo… Mi ricordo quasi tutti i concerti che abbiamo fatto lì». Vittorio Nocenzi, anima del Banco del Mutuo Soccorso, è in vena di amarcord alla vigilia del tour che vedrà gli alfieri del prog rock italiano in concerto giovedì 2 marzo al Teatro Abc di Catania, il giorno successivo al Golden di Palermo e sabato 4 al Palacongressi di Agrigento ospiti della Sagra del Mandorlo.

L’album dei ricordi siciliani

«Non posso dimenticare il concerto che abbiamo tenuto a Caltanissetta negli anni Ottanta: c’erano 20mila persone, la piazza, leggermente in discesa, era gremita di persone». Vittorio Nocenzi dal suo rifugio a Genzano, alle porte di Roma, riprende a sfogliare l’album dei ricordi. «Andai a visitare i mosaici di Piazza Armerina, quelli con le prime donne in bikini. Nella Valle dei Templi poi ho lasciato il cuore. Eravamo alla prima tournée, nel 1973; e andammo a fare una passeggiata alla Scala dei Turchi, altro posto incredibile. E poi Ortigia, l’Orecchio di Dionisio, il Museo archeologico di Siracusa, dove ho visto la prima spilla da balia in bronzo».

Ma, nel cuore del fondatore del Banco, c’è soprattutto Tindari, sotto la cui rupe diede l’anello di fidanzamento a quella che sarebbe diventata sua moglie. «Nostro cognato è di Oliveri, un paesino vicino a Tindari, e l’allora mia fidanzata era in vacanza da sua sorella. La raggiunsi lì portandole l’anello di fidanzamento che le consegnai alla fine di una giornata ai laghetti».

«La rifioritura dopo tante tragedie»

In alto, Francesco “Big” Di Giacomo; sotto, Rodolfo Maltese

Da questo amore è nato Michelangelo, terzogenito di casa Nocenzi, che è stato l’ancora di salvezza per Vittorio. «È stato un dono del destino: la rifioritura dopo tante tragedie». Come le scomparse premature di Franceco “Big” Di Giacomo, la voce, poeta e icona del Banco, e di Rodolfo Maltese, chitarrista storico del gruppo. Senza dimenticare l’emorragia cerebrale dalla quale nel 2015 Nocenzi uscì indenne. «Grazie a Michelangelo mi è tornata la voglia di fare musica. Lui è il mio alter ego musicale. Le sue composizioni sembrano come se le avessi scritte io». 

L’album Orlando: le forme dell’amore con cui la band celebra i cinquanta anni di carriera è nato da un’idea del figlio di Nocenzi. «Nove anni fa Michelangelo mi chiese di parlare con me e Francesco», ricostruisce papà Vittorio. «”Fra un po’ di tempo anno saranno cinquanta anni da Salvadanaio, il primo album del Banco”, ci disse. “Il primo brano di quel disco è Il volo, che comincia con queste parole: ‘Lascia lente le briglie del tuo ippogrifo, o Astolfo’. Non sarebbe bello scrivere un intero album sull’Orlando furioso?”. E ci fece ascoltare un brano di sua composizione, un tango, nel quale Orlando fa la sua dichiarazione d’amore ad Angelica».

Cinquant’anni da “Il Volo” all’“Orlando furioso”

Nove anni dopo, il progetto è stato realizzato e quel tango è diventato Non mi spaventa più l’amore, quarta traccia dell’album Orlando: le forme dell’amore, la cui copertina si ricollega al loro disco di debutto, noto come il Salvadanaio. Un collegamento che viene messo in risalto nel “live show” che il Banco presenterà nei tre concerti siciliani: «La prima parte sarà dedicata al disco Salvadanaio, la seconda al nuovo album e la terza sarà un potpourri di brani storici tratti da DarwinIo sono nato liberoMoby Dick». 

A sinistra, il primo album del Banco del Mutuo Soccorso (1972) con la copertina dell’edizione originale in vinile sagomata a salvadanaio. A destra, “Orlando: le forme dell’amore”, disco pubblicato nel 2022 per celebrare cinquant’anni di carriera

Oltre due ore e mezza di musica con sette musicisti sul palco: Vittorio Nocenzi (pianoforte, tastiere e voce); Michelangelo Nocenzi (pianoforte e tastiere), al debutto sul palco con la band; Filippo Marcheggiani (chitarra elettrica), da trent’tanni nel gruppo: Nicola Di Già (chitarra ritmica), con la band da diverse stagioni; Marco Capozi (basso), volto noto ai fan del prog per la sua militanza nel Balletto di Bronzo; Dario Esposito (batteria); Tony D’Alessio (lead vocal), da anni nell’orbita Banco e che raccoglie l’importante eredità di Francesco Di Giacomo, senza mai scadere nell’emulazione, tracciando invece una linea stilistica personale, nel segno della continuità ma anche del rinnovamento.

«Il disco Orlando: le forme dell’amore ha avuto un riscontro lusinghiero in tutto il mondo», commenta Vittorio Nocenzi. «È un riconoscimento al rock prog italiano che è conosciuto e apprezzato in Giappone, Corea, Spagna, Sud e Nord America. Una rivista inglese ha titolato. “Il ritorno trionfale dei maestri italiani del prog”. Perché noi abbiamo avuto qualcosa in più rispetto a Yes, Jethro Tull e Gentle Giant. Noi abbiamo la melodia, il prog italiano ha il sole dentro, contiene la memoria del belcanto. La critica italiana non l’ha mai capito. Perché prima di analizzare un disco, ci si chiedeva a chi somiglia? Nella terra del leone, l’Inghilterra, invece hanno riconosciuto la nostra diversità, la nostra originalità».

Una rilettura attualizzata dell’opera dell’Ariosto

Nell’album, per la prima volta nella storia del Banco, c’è una voce femminile nel brano L’amore accade. È quella di Viola Nocenzi. «Quando l’ho sentita cantare, ho capito che era la voce giusta per la canzone in cui Angelica spiega a Orlando perché non può amarlo. È una voce di contralto», spiega papà Vittorio. «Sì, è la prima volta che una donna canta nel Banco. Era d’obbligo. Angelica è la co-protagonista dell’opera dell’Ariosto».

Abbiamo dimenticato il valore della bellezza. Dopo Sarajevo, non mi sarei mai immaginato un’altra guerra da macellaio. La gente continua a morire annegata nel Mediterraneo. Eppure, sento crescere un po’ di erba verde sotto le colate di cemento. Erba nuova, diversa. Deve nascere un altro umanesimo che riporti l’uomo al centro

Vittorio Nocenzi
Vittorio Nocenzi

Un Orlando furioso liberamente interpretato, al centro non c’è soltanto il tema dell’amore – l’amore respinto, l’amore inatteso, l’amore fraterno – ma anche problematiche attuali: la scarsità dell’acqua, l’immigrazione, lo scontro tra Occidente e Oriente: «Anche nella storia dell’Orlando furioso c’era uno scontro di civiltà in atto tra Occidente e Medio Oriente, come oggi. Nel 2013, quando abbiamo iniziato il disco, il tema dell’acqua era nelle cose, oggi si parla spesso di siccità e di crisi ambientale, abbiamo immaginato il prosciugamento del Mediterraneo e la presenza al suo centro di un’unica sorgente, recintata dalle mura e difesa con le armi. Ci abbiamo visto migliaia di persone attraversare la pianura rossa che è il fondo dell’ex mare per raggiungere questa unica fonte di acqua. Quella che viviamo è una società devastata dal nulla, dalla globalizzazione selvaggia. Abbiamo dimenticato il valore della bellezza. Dopo Sarajevo, non mi sarei mai immaginato un’altra guerra da macellaio. La gente continua a morire annegata nel Mediterraneo. Eppure, sento crescere un po’ di erba verde sotto le colate di cemento. Erba nuova, diversa. Deve nascere un altro umanesimo che riporti l’uomo al centro». 

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