Storia

Le capitali della musica/2: Nashville

È definita “Music City” e ad ogni angolo di strada si sente suonare country. È una città che vive sulla nostalgia, nell’ossessione del passato. Incarna lo spirito americano, quello raccontato da Robert Altman nel film omonimo
Broadway a Nashville

Ogni giovedì sera a Nashville, detta la “Music City”, puoi stare in un isolato pieno di neon e turisti della Lower Broadway e ascoltare Achy Breaky Heart di Billy Ray Cyrus suonata da una band al Layla’s Honky Tonk. Oppure Red Dirt Road di Brooks & Dunn da Legends Corner, If I Could Make a Living di Clay Walker dall’Orchid Lounge di Tootsie, Redneck Woman di Gretchen Wilson da un’auto di passaggio, Save a Horse (Ride a Cowboy) di Big & Rich dagli altoparlanti di una taverna a pedali piena di persone, che fischiano rumorosamente se ti rifiuti di dare loro il cinque. E appena in fondo alla strada, se esci dalla zona delle feste ed entri nello storico Ryman Auditorium, puoi sentire le urla sconvolgenti del pubblico al concerto di Carly Pearce. Non importa dove ti trovi: nella musica country, i successi iconici del genere degli anni Novanta e dei primi anni Duemila continuano a regnare sovrani. Dopotutto, è stata l’era in cui i più grandi artisti del paese sono diventati superstar in cima alle classifiche, riempiendo gli stadi, portando la musica country al pubblico più ampio di sempre.

Trascorri un po’ di tempo a Nashville e vedrai questa ossessione nostalgica riprodursi ripetutamente e alla fine trasmessa in televisione su una piattaforma nazionale ai Country Music Association Awards 2022. Nella musica country, la nostalgia è l’unica cosa su cui tutti sono ancora d’accordo. Le divisioni del presente vanno in secondo piano rispetto alla pratica sempre più comune di celebrare il passato. 

Un passato gelosamente custodito nella Country Music Hall of Fame, definita lo “Smithsonian della country music” per via dell’immensa collezione di oggetti legati a questo genere musicale che si possono ammirare nei suoi 32mila metri quadrati di esposizioni, dalle registrazioni alle foto ai video. Tra i luoghi imperdibili di Nashville c’è soprattutto l’Historic RCA Studio B, lo studio di registrazione più antico della città nonché uno dei più famosi al mondo, fondato da Dan Maddox nel 1957. Qui hanno registrato i loro dischi cantanti come il mitico Elvis Presley (vi ha registrato ben 260 brani) Dolly Parton, Chet Atkins, Eddy Arnold e gli Everly Brothers e oltre 35mila canzoni sono uscite da questo studio, tra cui almeno mille hit americane. Prima fra tutte, Are You Lonesome Tonight? di Elvis. Questo luogo era considerato la culla del “Nashville Sound” negli anni Sessanta. Senza dimenticare il Johnny Cash Museum, un museo interamente dedicato a “The man in black”, soprannome attribuito all’artista per la sua propensione a vestirsi sempre di nero. Ospita la più vasta collezione di memorabilia dedicati all’artista, compreso un pezzo di muro della casa che aveva sul lago di Hendersonville.

Nashville, comunque, è tutt’altro che sola in questa ossessione per il passato. Tutta la cultura sta attraversando una mania nostalgica degli anni Novanta e Duemila, dai podcast alle serie tv, dai film ai tour di reunion della band. Ma la musica country si distingue come un luogo che era già fissato con il suo passato. Innumerevoli canzoni ricordano i bei vecchi tempi, come Back When di McGraw, e si chiedono perché le cose non possano essere più semplici come una volta, anche se ricorda una città immaginaria senza problemi che non è mai esistita. Di conseguenza, la determinazione della musica country è quella di rendere costantemente omaggio alle leggende del passato e celebrare la sua storia può rendere difficile andare avanti.

Il Partenone di Nashville

Tutto è aggravato dal fatto che la musica country, come tutti i generi, sta lottando per adattarsi al futuro dello streaming, confrontandosi con un’industria itinerante che è stata paralizzata dalla pandemia, e lottando su come proporre nuove stelle della musica che possano diventare virali su TikTok. 

Insomma, Nashville si aggrappa al suo passato. Come nel celeberrimo film di Robert Altman, ogni giorno innalza il canto funebre all’American Dream all’ombra del famoso Partenone, una riproduzione in scala dell’originale, ancora oggi attrazione della città. Lo spirito americano, nel bene e nel male, è tutto in quella canzone intonata subito dopo la tragedia che chiude il film Nashville: “dont worry me”, (me ne frego). L’America di ieri è anche quella di oggi.

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