Disco

Cresce la Piccola orchestra giovanile dell’Etna

Jacarànda martedì 13 dicembre al teatro dell’Università presenta il secondo capitolo del progetto legato al mondo del carcere minorile. Che diventa internazionale con il sostegno della Fondazione Treccani. Sotto la direzione di Biagio Guerrera e Puccio Castrogiovanni, ai dieci giovani musicisti si sono uniti il cantante Faisal Taher, l’artista visiva siriana Diala Brisly, il poeta tunisino Moncef Ghachem e il poeta polacco Jaroslaw Mikołajewski

Sono dieci piccoli siciliani, ma nella loro terra portano i colori e i suoni dei Paesi in cui viaggiano o studiano. Li unisce l’amore per la musica e la voglia di suonare insieme. Sono i componenti della Piccola orchestra giovanile dell’Etna, meglio nota come Jacarànda. A due anni dal loro debutto, martedì 13 dicembre al Teatro del Centro Universitario di piazza Università a Catania, presentano il secondo capitolo del progetto condotto con la collaborazione di alcuni detenuti ospiti dell’Istituto penale per minorenni di Acireale, coinvolti in un laboratorio di scrittura. 

«È una continuazione di quell’esperienza e nello stesso tempo uno sviluppo», spiega Biagio Guerrera che, insieme con Puccio Castrogiovanni, cura la direzione artistica del progetto. «Rimane di base il legame con il mondo del carcere minorile, ma grazie al sostegno della Fondazione Treccani, che ha accolto e sostenuto l’iniziativa, abbiamo avuto l’opportunità di coinvolgere artisti internazionali come il palestinese Faisal Taher, ex voce dei Dounia, la siriana Diala Brisly, artista visiva autrice della copertina e di un murales all’esterno del carcere, il poeta tunisino Moncef Ghachem e il poeta polacco Jaroslaw Mikołajewski, traduttore nella sua lingua dei libri di Andrea Camilleri».

Biagio Guerrera

Quest’ultimo ha composto un brano che non è riuscito a entrare fra le dieci tracce del nuovo album, mentre Faisal Taher è ospite in tre brani (e sarà anche sul palco per il concerto di martedì) e Moncef Ghachem ha partecipato attivamente a una delle residenze durante le quali sono stati registrati i brani, scrivendo il testo di L’orange et l’olive. «Gran parte delle liriche restano comunque legate al carcere», tiene a sottolineare Guerrera. Come l’iniziale Iu arringraziu “chi mi insegna a rubare, mio padre che mi abbandonò, chi mi diede un travaglio” o la finale Quannu scrivu fazzu dannu, «scritta da un detenuto che all’inizio snobbava i laboratori e teneva un atteggiamento spocchioso», racconta Puccio Castrogiovanni. «Adesso è cambiato totalmente, è diventato più umile e disponibile, e, nella scrittura, ha trovato uno strumento per riscattarsi».

Altri scorci di vite dietro le sbarre si rintracciano in Noura e N’autru munnu. Brani in cui s’intrecciano e si fondono le parole di minori detenuti con i suoni dei giovani musicisti di Jacarànda. La goliardia che ha accompagnato la residenza di Ragalna, dove i ragazzi hanno sperimentato la vita in comune in due stanze dormendo nei sacchi a pelo e suonando l’intera giornata, traspare nella tarantella multilingue di Noura, brano ispirato da Andrea Mirabella. «Avevo trascorso una esperienza in Messico ed ero appena tornato», ricorda l’autore. «Avevo voglia di portare nel gruppo le mie nuove scoperte. La canzone mescola ritmi messicani e siciliani, jarana e friscalettu. Ha qualcosa di infantile. A dare il titolo è il nome di una bambina che giocava con i nostri strumenti».

N’autru munnu, invece, richiama la rumoristica di Swordfishtrombones di Tom Waits, fra cabaret e avanguardia. «Nasce da un’idea mia con Biagio che ha sistemato il testo», interviene Francesco Messina. «Vuole dare l’idea del carcere. La voce femminile è quella di Nicoletta Nicotra». A lei spetta l’onere di sostituire Benedetta Carasi, andata all’estero ma ancora autrice di due canzoni del nuovo album: U ventu dal ritmo a levare e Ammutta

La Piccola orchestra giovanile dell’Etna è una sorta di porto sicuro, dove incontrare amici, suonare, anche babbiare. «E scherzando scherzando nascono canzoni come Noura», sorride Alessandro Pizzimento, uno dei cuori pulsanti dell’Orchestra. Un porto dal quale salpare per grandi avventure. «Siamo stati ospiti di festival in Belgio, Ungheria, Francia e Serbia», dice Simone Ardita. «In questi Paesi abbiamo avuto l’opportunità di scambiare esperienze con altri gruppi, anche di generi musicali diversi. In Ungheria abbiamo suonato con una metal band. Poi siamo finiti a cantare Bella ciao mischiando influenze serbe, ungheresi e siciliane. In Belgio, invece, è nata una collaborazione con l’Orchestre International du Vetex: abbiamo partecipato a una iniziativa per sostenere il progetto di ristrutturazione di un’antica fabbrica tessile e poi ci siamo incontrati a Catania al Marranzano World Fest di quest’anno. Abbiamo anche realizzato un lavoro su Rosa Balistreri».

Puccio Castrogiovanni

Così come dai porti si può salpare per altre destinazioni senza far ritorno. Ma un addio può essere spesso motivo per un continuo ricambio di idee e per una crescita. Un nucleo aperto in continua trasformazione, dunque, la Piccola (grande) orchestra giovanile dell’Etna Jacarànda. Che martedì schiererà questa formazione: Simone Ardita (voce, chitarra e bouzouki), Giulia Fassari (voce e percussioni), Nicoletta Nicotra (voce e percussioni), Alessandro Pizzimento (plettri, chitarra, zampogna, friscalettu, basso e voce), Francesco Messina (plettri), Andrea Mirabella (flauto traverso, bansuri, voce, jarana, chitarra e percussioni), Gabriele Ricca (fisarmonica, voce e percussioni), Giuliano Ursino (basso elettrico, chitarra e percussioni), Francesco Castrogiovanni (tammorra muta, pandeiro, tamburi a cornice), Sara Castrogiovanni (voce, darbuka, percussioni) & Faisal Taher (voce). Allenatori, Biagio Guerrera e Puccio Castrogiovanni. In panchina, Luca Bordonaro e Tommaso Noce che hanno contribuito all’album, per poi seguire altre strade, e con la partecipazione speciale di Michelle Musarra, mago dei suoni, Salvo Farruggio e Marco Corbino.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *