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La “voce dell’Iran” rischia l’impiccagione

– Il rapper Toomaj Salehi, condannato alla pena di morte per aver denunciato in un video le torture subite in carcere
– «Più facile essere colpite dai pasdaran che dalle bombe di Israele», scrivono le iraniane ironizzando sui social
– L’appello del Club Tenco che ha istituito il Premio Yorum per gli artisti perseguitati in patria. Proteste nel mondo

Per salvare dall’impiccagione il rapper iraniano Toomaj Salehi, condannato alla pena di morte dal tribunale rivoluzionario di Isfahan, per «corruzione sulla terra», si è mobilitata la comunità internazionale. Solidarietà è arrivata dal ministro degli esteri italiano Antonio Tajani che ha scritto un post su X. La parlamentare tedesca Ye-One Rhie, del Partito Socialdemocratico al governo (che già in passato aveva difeso il rapper) ha chiesto con forza il rilascio del cantante. «È un regime feroce» ha scritto sui social anche la vicepresidente della Commissione Esteri della Camera, Lia Quartapelle. A lanciare un appello per l’immediata liberazione del rapper iraniano arriva anche la voce del Club Tenco. 

Arrestato nell’ottobre del 2022 durante le proteste scatenate dalla morte di Mahsa Amini, la ventiduenne uccisa dalla polizia iraniana il 16 settembre del 2022, accusata di non indossare correttamente il velo, il trentatreenne rapper considerato la “voce dell’Iran”, cantore delle ingiustizie sociali e politiche, era stato condannato a sei anni e tre mesi di reclusione. Dopo oltre un anno in prigione, di cui gran parte in una cella di isolamento, la sua condanna era stata annullata dalla Corte Suprema ed era stato rilasciato nel novembre de 2023. Solamente dodici giorni dopo, però, è stato nuovamente arrestato per aver denunciato in un video le torture subite in carcere. 

Gli ayatollah iraniani non gliel’hanno perdonata e ora un tribunale rivoluzionario iraniano ha condannato Tomaj Salehi alla pena di morte. “Propaganda contro il sistema”, “disturbo della quiete pubblica”, “incitamento alla violenza” e perfino “complicità con i nemici esterni all’Iran” le accuse rivolte al cantante, la cui unica colpa è stata quella di scrivere e pubblicare canzoni per sostenere le proteste delle donne. «Più facile essere colpite dai pasdaran che dalle bombe di Israele», scrivono le iraniane ironizzando sui social. E sono molti i giovani della generazione Z che oggi chiedono il rovesciamento del clero al potere considerato intollerante sui diritti civili e sulle regole sociali.

Il Club Tenco già nella primavera del 2020, in seguito allo sgomento suscitato della morte, dopo lunghissimi scioperi della fame, di tre membri della band turca Grup Yorum, censurati e incarcerati dal regime di Erdogan, aveva deciso di scendere in campo e di istituire, in collaborazione con Amnesty International Italia, il premio Yorum «per dare visibilità agli artisti che in tutto il mondo rischiano la propria vita per difendere la democrazia e la libertà d’espressione».

In quella stessa drammatica primavera del 2020, nel carcere egiziano di Tora moriva il giovane videomaker Shady Habash dopo ottocento giorni di attesa di processo per aver girato il videoclip di Balaha, feroce satira del dittatore egiziano. L’autore del testo di quella canzone, Galal El-Behairy, è da oltre sei anni rinchiuso nelle carceri del suo paese, condannato ufficialmente per aver scritto un libro di poesie, The Finest Women On Earth. L’interprete di Balaha, Ramy Essam, voce della rivoluzione di piazza Tahrir e premio Yorum 2020, vive da un decennio in esilio. Anche il compositore e musicista siriano-palestinese Aeham Ahmad, premio Yorum 2023, è dovuto fuggire dal suo Paese per la repressione dei terroristi dell’Isis e del regime di Al-Assad.

«Non possiamo più tacere», protesta il Club Tenco attraverso un comunicato. «Non vogliamo più tacere di fronte a un’altra, ulteriore condanna di un artista che rischia la vita solamente per aver espresso il suo pensiero in difesa della libertà e della democrazia. Non si può essere ammazzati a causa di una canzone, di una poesia o di un videoclip. Invitiamo tutti gli artisti, la società civile e le istituzioni italiane, europee e internazionali a mobilitarsi per salvare la vita di Toomaj Salehi e chiedere al regime iraniano la sua immediata liberazione».

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