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La playlist della settimana #9

“Paranoïa, Angels, True Love”, album capolavoro di Christine and the Queens, un ululato di disperazione sublimato in un pop sperimentale sorprendentemente meraviglioso, intriso di calda luce celestiale. La sorpresa della settimana è la giovane cantautrice pugliese Rossana De Pace. I nuovi singoli di PJ Harvey, Yungblud e Thirty Seconds to Mars. Il ritorno di John “Cougar” Mellencamp, del musicista jazz di lungo corso modicano Roberto Barni alla guida del Choice Quartet, il ribelle Hat Baker nel segno del sorriso

“A Day in The Water” Christine and the Queens

Lei è divina, una delle più grandi artiste del momento. Canta, recita, balla. Animale da palcoscenico straordinario. A Day In The Water è una ballata synthpop adorabile e tenera, con Chris che canta con profonda intimità su archi inzuppati di eco e drum machine nervose ed esitanti. La canzone ha una sfumatura leggermente cinematografica. In un comunicato stampa, Chris dice: «La canzone parla di quella sensazione di essere in profondità nell’acqua, quando senti che il mondo non può più toccarti. È dietro il vetro della tua stessa malinconia ma in quella profonda immersione di vulnerabilità si spera che arrivi la luce. La luce dell’onestà». Chris ha condiviso la versione in studio della canzone, così come un video di se stessa che la canta in una sessione live di Vevo. Tra un paio di giorni, la star francese dell’art-pop Christine And The Queens pubblicherà il vasto e travolgente album in tre parti Paranoïa, Angels, True Love, un ululato di disperazione sublimato in un pop sperimentale sorprendentemente meraviglioso, intriso di calda luce celestiale, perforato da punte di dolore confuso. In Tears Can Be So Soft, la perdita viene trasmessa senza mezzi termini – “I miss my mama at night” – su un ritmo sincopato su un minuscolo frammento di Marvin Gaye. Un “fucking” distorto viene urlato sulle dolci corde di Johann Pachelbel in Full of LifeTrue Love racchiude il romanticismo in un dolore inevitabile (“fammi dimenticare mia madre”), il suono di un cardiofrequenzimetro ed esplosioni di elettricità statica.

La nostalgia è il filo conduttore – trip-hop e soul e dance-pop anni Ottanta forniscono modelli sonori, mentre Madonna appare come un narratore simile a una divinità – ma è stata deformata, resa inquietante e intervallata dal linguaggio del rap contemporaneo (il co-produttore Mike Dean ha lavorato a lungo con Kanye). Ipnoticamente melodico, intelligente, elegante, serio, divertente, coinvolgente inaspettato ed euforicamente ballabile, è il tipo di pop che non fanno più. Capolavoro.

“Terra madre” Rossana De Pace

Rossana De Pace, giovane cantautrice pugliese, arriva al suo debutto ufficiale, con questo singolo che anticipa di poche settimane l’EP Fermati Mondo, realizzato con la produzione artistica di Giuliano Dottori. Nella sua musica la canzone d’autore assume diverse sfaccettature, contaminandosi con sonorità elettroniche, musiche dal mondo e una volontà di mettersi in gioco anche con melodie pop. Terra Madre è un atto di amore per le proprie origini, per una terra che sempre la accoglie e da cui è dovuta partire per riscoprire quanto ci è legata e le emozioni che questa trasmette. Il progetto ha ricevuto il supporto di Puglia Sounds, sia per la produzione del disco, grazie al bando Record 2023, sia per il tour, attraverso Tour Italia 2023 e sarà presentato sul palco del Medimex di Taranto il 15 giugno in uno showcase ufficiale.

“I Inside the Old I Dying” PJ Harvey

Un senso di desiderio pervade l’ultimo singolo di PJ Harvey che apparirà nel suo prossimo album I Inside the Old Year Dying, in uscita il 7 luglio. Descrive la flora e la fauna come «tutte in attesa del Suo regno», riferendosi a qualcuno di nome Wyman mentre sembra diventare tutt’uno con la natura. In una dichiarazione, Harvey ha spiegato come lei e i suoi collaboratori di lunga data John Parish e Flood hanno inteso la canzone: «Questa canzone delicata e bella ci è sfuggita fino all’ultimo giorno in studio. Nelle cinque settimane precedenti avevamo provato così tante volte a catturarla e non ci siamo riusciti, poi John ha reinventato la sensazione del pattern di chitarra. Mentre lo stava dimostrando nella sala di controllo, Flood mi ha consegnato un microfono e ha premuto il disco mentre io sedevo accanto a John cercando di capire come cantarlo. Il risultato cattura in qualche modo il desiderio etereo e malinconico che stavo cercando. Nel testo, tutti stanno aspettando che il salvatore riappaia. C’è un senso di desiderio e risveglio sessuale e di spostamento da un regno all’altro, da bambino ad adulto, dalla vita alla morte e all’eterno».

“Sciara Istanbul 36” Choice Quartet

Brano incluso nell’album Battiti Asincroni vol. 1 del Choice Quartet, quartetto del musicista jazz di lungo corso modicano Roberto Barni. Il titolo del brano non è altro che il nome della via a Tripoli in cui abitavano i nonni di Roberto Barni e dove l’autore si recava da bambino per passare i mesi estivi patendo con una nave da Siracusa appena chiuse le scuole. Una città in cui i nostri connazionali convivevano con la popolazione del luogo in armonia che purtroppo si spezzò con l’ascesa di Gheddafi, costringendo gli italiani a dover abbandonare tutto e fuggire in brevissimo tempo. I ricordi di un bambino, che scopre i colori, gli odori, i suoni di una terra tanto lontana ma molto vicina alla nostra cultura. Ricordi che riaffiorano attraverso oggetti, come il piatto appartenuto ai nonni e raffigurato nella copertina dell’Album; suoni mediterranei che si fondano con gli standard jazz d’oltre oceano. Tutto l’album, come anche Sciara Istanbul 36 offre un biglietto gratuito per un lungo viaggio intorno al mondo: suoni che si fondono con i profumi intensi di un suk arabo o con l’aroma forte di caffè in una kafana di Belgrado. Un’immersione nelle calde note di una dolce ballata ascoltata in un pub irlandese, oppure nell’atmosfera swingante di un fumoso jazz club della 52esima strada di New York.

Il titolo di questo di questo progetto, Battiti asincroni, intende testimoniare la predilezione e profonda fascinazione del musicista di Modica per i tempi dispari, che si fondono in una danza scomposta ma metodica, un gioco che trae la sua liceità dalla libertà che la musica, e in particolare il jazz, concede e auspica a se stessa. Composizioni mai banali, piene di parti ricercate e a volte complesse, in cui i due sax si rincorrono, si amalgamano e si intrecciano in un suono che guarda al jazz prog degli anni Settanta, con una base ritmica intensa e spesso “asincrona”.

I Choice Quartet sono Roberto Barni, compositore di tutti i brani alla batteria e al contrabbasso in alcune tracce, Armando Barni al sax alto, Sergio Battaglia al sax tenore e Massimiliano Gintoli al basso elettrico.

“Lowlife” Yungblud

La voce della Gen-Z che con la sua musica sta continuando a lanciare messaggi positivi alle nuove generazioni, ritorna con un nuovo singolo  che segna l’inizio di una nuova era discografica per la superstar. Lowlife è forse l’opera più genuina pubblicata da Yungblud fino ad oggi. Creata con fervore e passione, è un brano energico e ribelle, che fonde melodie potenti e bassi pesanti che si risolvono in un ritornello memorabile. È un distacco sonoro ed emotivo dai lavori passati dell’artista, che ritorna alle proprie origini, prendendosi rischi e accompagnandosi con una produzione ricca e dettagliata dal sapore nuovo e nostalgico allo stesso tempo. «Ho scritto questo pezzo perché non volevo andarmene da casa mia», afferma l’artista. «Mi ero stancato delle persone, dei giochi, di me stesso, dei miei amici, ogni qual volta che facevo qualcosa venivo giudicato da un qualche idiota. Cosa avrei o non avrei dovuto fare. Così non mi alzavo più da letto. Ero insoddisfatto e desideravo ardentemente la monotonia. Quel tipo di noia di quando stai a sedere comodamente a casa tua o sdraiato sulle stesse lenzuola, guardando programmi stupidi alla tv….così ci ho scritto un brano sopra».

“The Eyes of Portland” John Mellencamp

«Un giorno io e Bob Dylan stavamo dipingendo insieme e gli ho chiesto come avesse scritto così tante belle canzoni. In tutta serietà, mi rispose: “John, ho scritto le stesse quattro canzoni un milione di volte”. Ho intenzione di mettermi in linea con Bob su questo. È sempre la stessa canzone, solo più matura o con un’angolazione diversa». Con queste parole affidate a una intervista al New York Time, John “Cougar” Mellencamp, irascibile rocker che ora ha 71 anni, introduce il nuovo album Orpheus Descending. «Quando ero molto popolare tra il grande pubblico, ho avuto un infarto e ho dovuto smettere per tre anni. Poi c’è stato un tempo in cui ho fatto un sacco di dischi di cui non mi importava. Il mio contratto diceva che dovevo fare un album ogni 18 mesi. Ora, non penso mai: “Ho bisogno di scrivere una nuova canzone”. Dipingerò e una voce nella mia testa dirà: “Scrivi queste parole”».

“Life is Beautiful” Thirty Seconds to Mars

I Thirty Seconds to Mars pubblicano il brano Life is Beautiful, nuovo estratto dal disco It’s The End of The World But It’s a Beautiful Day, in uscita il 15 settembre in tutto il mondo. La canzone è un ritorno ad alta quota al sound rock da stadio della band che ha registrato sold-out in tutto il mondo nelle arene. Caratterizzato da un hook “mostruoso” e da una chiamata ad alzare le braccia al cielo nell’atto di sollevarsi da terra, è un brano sul trionfare nonostante le avversità e trovare speranza e bellezza anche nelle sue forme più semplici. «Come artista, spero di creare musica che connetta le persone nel profondo e il nostro nuovo album It’s The End Of The World But It’s A Beautiful Day è una prova di ciò che sto cercando di fare. Life is Beautiful è una canzone che esamina la bellezza e la fragilità della vita, che ci ricorda di abbracciare i momenti fugaci e trovare conforto in questo viaggio imprevedibile. Spero che questa canzone accenda una scintilla nell’ascoltatore, in modo da ricordargli che in mezzo al caos e alle prove a cui il mondo ci sottopone, c’è sempre un barlume di speranza e la bellezza può essere trovata», racconta Jared Leto.

“Doolally” Hak Baker

Quando Hak Baker ondeggia e si fa strada tra le note finali del brano preferito dai fan “Venezuela Riddim”, bandiere di Giamaica, Grenada e Venezuela vengono lanciate dal palco e sventolate dalla folla mentre risuona il ritornello pieno di sentimento ma profondamente edonistico: «Questi sono i migliori giorni della nostra vita». Nell’album World’s End FM, tuttavia, denuncia lo stato desolante del mondo in rotta verso il disastro grazie all’avidità dell’industria, allo sfruttamento ambientale e alla corruzione del potere. Il meccanismo di Baker è semplice: ridere, incazzarsi, fare musica e diffondere l’amore. È quel messaggio che sta guidando World’s End FM nel tour che lo vede viaggiare in un furgone di Sailor Jerry vendendo bottiglie personalizzate Doolally di rum speziato in un cocktail di folk acustico con elementi di reggae solare, punk e ska.

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