Mostre

La mostra su Lucio nelle “sue” città (tranne Milo)

Dopo Bologna, fa tappa sino al 5 febbraio a Roma per poi trasferirsi a Napoli, Pesaro, Milano e successivamente all’estero. Non sono previste soste alle pendici dell’Etna, né è presente una sezione su Dalla “siciliano”. Il ricordo di Renzo Arbore ed il legame con la capitale

Il percorso della grande mostra-evento dedicata a Lucio Dalla, dopo la tappa iniziale nella “sua” Bologna, da ieri si è trasferito a Roma, al Museo dell’Ara Pacis, dove rimarrà fino al 5 febbraio 2023. Un percorso che via via toccherà tutti i luoghi amati dal cantautore. Che, non a caso, dal 4 marzo 2023, quando l’artista avrebbe dovuto compiere 80 anni, si sposterà a Napoli, città che Dalla ha amato al punto da affermare: «Sono nato a Bologna ma quel giorno la cicogna che mi ha portato doveva essere cieca». Questo perché si sentiva napoletano e riteneva la città partenopea la giusta destinazione della sua cicogna. E ancora l’esposizione sarà ospitata a Pesaro, nelle Marche, dove l’artista acquistò una casa tra le colline del Montefeltro e compose numerose canzoni, insegnando anche all’Università di Urbino. In autunno andrà a Milano e successivamente all’estero. Assenti da questo percorso i luoghi dell’estate e del relax di Lucio Dalla, ovvero Milo, sulle pendici dell’Etna, e le Isole Tremiti. 

La mostra non poteva non toccare anche Roma, con la quale Dalla visse una passionale corrispondenza d’amore. L’Urbe è luogo dal potere magnetico per la sua poetica visionarietà, è ispiratrice di canzoni scritte tra i vicoli nelle “notti dei miracoli”, è magico ritrovo dello spirito del cantore. Nel quartiere di Trastevere, in Vicolo del Buco 7, dove abitò fino alla metà degli anni Ottanta, campeggia una targa con una strofa de La sera dei miracoli, canzone simbolo del suo legame con la città. «Mi stupisco sempre più del rapporto che c’è tra me e Roma. Una città unica al mondo, un palcoscenico straordinario che unisce tutte le classi sociali, in cui non c’è contrasto, c’è voglia di stare insieme» aveva dichiarato l’artista. 

A Roma si cementò l’amicizia con Renzo Arbore. «Sono il suo più antico amico», ricorda l’autore de Il clarinetto. «Lui per me è stato il figlio della signora Melotti, la modista amata da mia madre, ma non da mio padre perché le faceva spendere un sacco di soldi in abiti, che veniva a Foggia a vendere l’ultimo grido della moda di Bologna. Avevo 7 anni, quando un giorno arrivò la signora Melotti con le sue valigie e cominciò a spargere i vestiti: c’era questo bambino irrequieto, suo figlio, che mi fu affidato perché lo trastullassi».

Fu solo anni dopo però che le loro strade artistiche si incrociarono. «Lo vidi la prima volta a Sorrento che suonava con i Flippers ed Edoardo Vianello e poi quando arrivò scortato da Gino Paoli, con due paia di occhiali uno sull’altro. Un tipo strano, ma capii subito che sarebbe diventato qualcuno». Arbore e Dalla trovarono subito punti in comune: l’amore per la Puglia (Dalla passò le estati della sua infanzia a Manfredonia e poi prese casa alle Tremiti), per Napoli, la passione per il clarinetto jazz. «Ci intendevamo. E quando arrivai secondo a Sanremo con Il clarinetto fu il primo a chiamarmi. Mi disse: “Grazie per il pezzo per il nostro strumento”. Tante volte ci è capitato di suonare insieme e io l’ho sempre ospitato nelle mie trasmissioni. Aveva doni straordinari: la grande fantasia e l’ecletticità, attingeva a tutte le musiche del mondo partendo dal jazz. E poi era dominato dalle passioni». 

Roma è stata anche la città complice di due incontri memorabili: Federico Fellini e Andy Warhol, con cui gli capitò di giocare a flipper al Notegen in via del Babuino, senza sapere chi fosse. Dalla ha creato indimenticabili pietre miliari nella storia della musica e vinto numerosi premi, tra cui tre Nastri d’Argento e due David di Donatello. La colonna sonora di Borotalco di Carlo Verdone è stata un punto di svolta nel rapporto tra musica e cinema, soprattutto per l’inserimento di Cara, canzone d’autore che continua ad accompagnare il successo “evergreen” del film.

Nel percorso espositivo, accanto all’uomo, a volte poco conosciuto, viene raccontato il suo talento innato. La musica e lo spettacolo lo accompagneranno sempre, dagli anni degli esordi con il teatrino organizzato dal maestro Dellos in giro per l’Italia, alle improvvisate nei localini di Bologna; dagli spettacoli a Manfredonia come apripista delle sfilate della madre, alle canzoni in inglese (lingua che non conosceva) con gli amici sulla spiaggia. Ancora, memorabili gli inizi nelle jazz band, e, a quindici anni, con la band di Loffredo, a Roma, la partecipazione al primo festival europeo del Jazz ad Antibes, i Flippers, il Cantagiro, i vari Sanremo, con la consacrazione, nel 1971, con 4/03/1943 che sancisce il grande successo; e ancora la partecipazione con gli Idoli. C’è l’immancabile clarinetto, intorno al quale gravita la sua avventura come jazzista iniziata nei club sotterranei di Bologna; ci sono gli abiti di scena, come gli amati cappelli, oggetti che rimandano alla vita quotidiana, capaci di evocare quell’universo emotivo che è poi confluito nelle sue canzoni, e tantissime fotografie.

Oltre dieci le sezioni: “Famiglia-Infanzia-Amicizie-Inizi musicali”, “Dalla si racconta”, “Il clarinetto”, “Il museo Lucio Dalla, la sua musica, il cinema, il teatro, la televisione”, “Universo Dalla, Dalla e Roversi”, “Dalla e Roma”. Il lavoro di ricerca che ha portato a questa mostra culmina nella sezione “Universo Dalla” che presenta numerose foto di personaggi della cultura, dei più importanti cantanti, dei tantissimi collaboratori che lo hanno accompagnato nel lavoro: un’enciclopedia di oltre 250 persone con cui ha avuto rapporti professionali e di amicizia, molte delle quali lo hanno seguito per tutta la vita. Speriamo di vedere al più presto una undicesima sezione dedicata al Dalla “siciliano”, come cantò anche in una canzone, con i ricordi del suo rapporto di amicizia e vicinanza con Franco Battiato, i suoi viaggi in barca a vela tra Riposto e le Eolie, i blitz notturni sull’Etna per “ascoltare” il vulcano, le passeggiate fra la gente di Milo: “Sono siciliano… un po’ saraceno… / Un po’ finlandese… ma più catanese…”.

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