Interviste

La missione dei Marlene Kuntz: salvare il pianeta

La svolta ambientalista della band torinese che martedì 9 maggio sarà a Catania per presentare il progetto “Karma clima”, un disco scritto a duemila metri sul Monviso. Meno rabbia e più empatia, «senza rinnegare il sound precedente, ma con la consapevolezza di voler perlustrare nuovi territori»

«Non abbiamo più tempo, gli effetti dei cambiamenti climatici riguardano noi, non i nostri figli o i nostri nipoti. Bisogna agire ora». I Marlene Kuntz da un anno sono impegnati con Karma Clima, un progetto itinerante alla ricerca di realtà che sono un modello in materia di eco sostenibilità e in nome del dovere etico di creare un senso di responsabilità verso il mondo che abitiamo. Una sorta di “missione” che non ha interrotto neppure il dolore per la scomparsa di Luca Bergia, batterista e fondatore della band, morto 54 anni, anima del gruppo dal 1989, anno di nascita dei Marlene, fino al 2020 quando aveva deciso di lasciare per dedicarsi all’insegnamento. «L’arte ha il dovere di proseguire, di fare la sua parte, con la sensibilità che le è congenita, in grado di chiarificare il dolore a qualsiasi grado esso si manifesti», ha spiegato la band in una lettera. 

I Marlene Kuntz

Karma Clima è anche il titolo di un concept album fortemente green, che affronta con decisione tematiche legate al cambiamento climatico. Un disco arrivato a sei anni di distanza dall’ultimo album in studio e che segna una svolta, soprattutto a livello di sound, nella produzione della rockband piemontese, «senza rinnegare il sound precedente, ma con la consapevolezza di voler perlustrare nuovi territori». Ed è anche il titolo del tour con il quale i Marlene Kuntz tornano in Sicilia per suonare martedì 9 maggio al Teatro Abc di Catania.

«Oggi come oggi la sostenibilità è un problema che si può affrontare cominciando a fare dei passi, intraprendendo azioni che siano un inizio da mettere una dietro l’altra. In quest’anno di lavori creativamente molto stimolanti, che ci ha portato anche a confonderci con la natura, abbiamo raggiunto un livello che ha una sua chiara identificazione nell’empatia», racconta il gruppo. «Karma Clima è un disco fortemente empatico e poetico, che cerca l’affratellamento e non guarda solo al proprio ombelico. Un’empatia e una coralità che si riflettono nei testi e nella musica. Noi siamo conosciuti per una certa rabbia anche musicale, ma questo tipo di progetto aveva bisogno di concretezza e poesia. Avevamo anche necessità di rompere gli schemi di trent’anni di scrittura musicale: siamo passati dalle chitarre al pianoforte. Con meno rabbia e più coralità». Secondo la band torinese il disco «nei teatri funzionerà meglio a livello di suono e di strumenti che potremo portare».

Cristiano Godano, frontman della band, ha scritto i testi a duemila metri, confrontandosi con la gente del posto e con i pastori che incontrava sui sentieri del Monviso e da cui ha tratto «sagge suggestioni». «L’idea di un concept di questo tipo ha influenzato i testi», spiega. «Avevo bisogno che fosse molto chiaro che stessimo facendo proprio quella cosa». Il progetto ha coinvolto anche un’altra artista molto attiva per l’ambiente: Elisa, che i Marlene hanno voluto in duetto per Laica Preghiera. «Lei ha sempre apprezzato il nostro lavoro. E poi ci siamo trovati su una linea comune d’intenti».

La speranza per contrastare la devastazione che è davanti ai nostri occhi è nelle nuove generazioni «che non si fidano più di noi e della nostra ignavia». «La tribù di Greta Thumberg e i ragazzi di Fridays for future sono determinati e consapevoli», sostiene Godano. «Nessun consiglio a loro, ma ho idea che si salverà solo chi ha i soldi e potrà rifugiarsi in qualche enclave di aria condizionata». 

Considerati fino a poco tempo fa l’unico vero gruppo rock italiano, ora devono fare i conti con i Måneskin: «Sono bravi, suonano bene, le critiche sono fuori luogo, arrivano da chi non ce l’ha fatta. Può piacere o no, ma quello che fanno è rock ed è fatto bene». Ispirazione e idolo dei Marlene, da sempre, è Nick Cave. «In lui si sentono le radici rock e Leonard Cohen. Ne seguo l’evoluzione da 35 anni».

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