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La gente vuole solo “panem et circenses”

Il bilancio della stagione concertistica al teatro greco di Siracusa. L’assessore pop&flop Granata esulta, ma i dati ed i fatti lo contraddicono 

«Siamo stati insultati, ma la gente è stata felice». È il titolo con il quale il sito siracusanews.it sintetizza il bilancio che Fabio Granata, assessore alla Cultura del Comune Siracusa, fa degli spettacoli che si sono svolti questa estate al teatro greco di Siracusa. 

«Dodici spettacoli, 52mila presenze, 32mila provenienti da fuori Siracusa e molti dall’estero. Per tutto questo io e Francesco Italia (il sindaco, nda) siamo stati insultati, calunniati e sommersi da richieste di accessi agli atti da alcuni personaggi locali. Ma la risposta, l’unica che conta, è quella della gente. E in ogni concerto la gente è stata felice». Sono le parole dell’assessore che passerà alla storia per aver fallito di fare della città la capitale della cultura. 

Parole di una banalità e di un vuoto sorprendenti. Persino da un concerto di Morgan, alla fine, la gente esce divertita. Ma, molto probabilmente, il riferimento di Granata, politico dai trascorsi nell’estrema destra, è a quel “panem et circenses” di memoria latina. Il popolo vuole cibo e giochi. I pacchi di pasta sono fuori moda, allora facciamolo ballare e cantare perché non veda le vergogne di una amministrazione inetta e di una città. Come una folle pista ciclabile incompleta che sembra disegnata da Picasso, fatta per restringere le già non ampie vie cittadine. O i cantieri infiniti che affliggono la città, le indecorose erbacce che assediano i bordi dei marciapiedi e delle strade, la spazzatura che soffoca la città, il caos e l’illegalità dilagante ad Ortigia (e non solo). Palazzi storici chiusi, l’immondizia negli scavi. E via dicendo.

I numeri non sempre sono indicativi. Anzi, talvolta sono fuorvianti. Una persona che ha assistito a tutti gli spettacoli rientra in quel conto. Non solo: 52mila spettatori per 13 concerti equivalgono a una media di 4mila persone a sera. Al di sotto della capienza stimata in 5mila. Insomma, è mancato il “sold out”. E sulla presenza degli stranieri avrei i miei dubbi: ho sentito parlare più lingue ai concerti di FestiValle ad Agrigento (vera immersione nella cultura e nei tesori del territorio) piuttosto che agli spettacoli di Carmen Consoli, Giorgia, Venditti & De Gregori. Piuttosto, ho letto molti commenti negativi di turisti stranieri che non hanno potuto vedere il monumento nella sua integrità perché ricoperto dalle assi di legno (e qui la colpa è anche dell’Inda).

Ricordo che il concerto di Peter Gabriel al teatro antico di Taormina nel 2004 fece vendere 200 pacchetti turistici (che non sono semplici biglietti per il concerto). Non mi risulta che i 52mila spettatori abbiamo contribuito all’economia della città. Se fosse stato così, l’assessore pop si sarebbe pavoneggiato ancora di più.

Così come è discutibile il concetto di qualità. Nessuno mette in dubbio il valore ed il talento dei protagonisti in cartellone, ma – tranne quello di Carmen Consoli – erano tutti spettacoli di routine, di giro. Alcuni dei quali ospitati anche a Taormina, Agrigento e Palermo. Quando, invece, come accade a Verona, in un sito così prestigioso, importante e delicato, si dovrebbero tenere eventi particolari, unici, rispettosi del luogo, tali da avere una risonanza nazionale se non internazionale.

Abbiamo tirato in ballo l’Arena di Verona. Non sto qui a fare paragoni di carattere archeologico perché non è il mio settore. Ma dal teatro antico di Taormina a quello di Pompei sino al sito scaligero, chi organizza uno spettacolo paga un affitto alla Sovrintendenza o al Comune. A Siracusa, ho appreso dalla stampa locale, è accaduto il contrario: il Comune ha ceduto uno spazio della città a un privato sovvenzionandolo con 80mila euro. Incredibile! 

Ma sì, ma perché dobbiamo polemizzare e puntare il dito contro i politici. Che, in democrazia, non significa insultare, ma criticare o contestare. Tempo perso. Tanto il popolo vuole solo cibo e divertimento. Poi, se intorno c’è la spazzatura, non interessa.

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