Storia

La favola di Colapesce e Dimartino

Il 20, 21 e 22 febbraio arriva nei cinema “La primavera della mia vita”, il film diretto da Zavvo Nicolosi che segna il debutto cinematografico del duo siciliano. «Prima ancora di scrivere “I Mortali”, il nostro grande sogno era fare un film». La pellicola è «un road movie sull’amicizia: una via di mezzo tra Jodorowsky e Franco e Ciccio»

Appena un anno d’età li differenzia. Classe 1983 Lorenzo Urciullo, più noto con il nome d’arte di Colapesce. Di un anno più anziano Antonio Dimartino, che si firma soltanto con il cognome. Siracusano di Solarino il primo. Palermitano di Misilmeri il secondo. East e West Coast della Sicilia.

Come tanti ragazzi appassionati di musica, entrambi hanno cominciato a suonare in una band. Era il leader degli Albanopower il siracusano, mentre l’altro dava il cognome al suo gruppo. Data d’inizio 2010 per tutti e due.

Quasi gemelli dal punto di vista musicale. Entrambi innamorati di Lucio Battisti, sia del primo, quello più popolare con Mogol, sia del secondo, quello meno fischiettato della svolta con Pasquale Panella. Senza sottovalutare Lucio Dalla, Franco Battiato, Domenico Modugno. Con un bagaglio musicale aperto alle sonorità americane, alla psichedelia rock, al folk anni Settanta, flirtando talvolta con l’elettronica, immersi nella mentalità e nelle atmosfere indie. Ascolti trasversali e “infedeli”.

Antonio Dimartino (Misilmeri, 1982), Lorenzo “Colapesce” Urciullo (Solarino, 1983)

Un’amicizia nata dodici anni fa

Come artigiani curano i propri dischi, scrivendo testi poetici, rifuggendo da facili ritornelli, inserendo contenuti profondi, affrontati con levità. Artisti che rivendicano la “non appartenenza” ad alcuna chiesa. Cantautori che a sonorità raffinate combinano anche una ricerca della parola. I libri di Bufalino, Sciascia, Capuana come di Costantino Kavafis sono sugli scaffali della libreria di Colapesce, mentre Dimartino si lascia ispirare da La luna e i falò di Cesare Pavese e, insieme al cantautore Fabrizio Cammarata, ha scritto anche un romanzo, Un mondo raro, in cui racconta la vita della cantante messicana Chavela Vargas.

Non disdegnano le contaminazioni. Tutt’altro. Nel tour Concerto disegnato, Colapesce mette la sua chitarra al servizio della matita di Alessandro Baronciani, con il quale ha pubblicato la graphic novel La distanza. Ha debutto come attore nello spettacolo teatrale Stanno tutti male, scritto insieme a Riccardo Goretti e Stefano Cenci. Dimartino accompagna l’uscita dell’album Non vengo più mamma, un concept sulla morte dolce, con le tavole dell’artista Igor Scalisi Palminteri.

E sono aperti alle collaborazioni. Colapesce lavora con Mario Conte, Meg dei 99 Posse, Alessandro Reina degli Amor Fou, e scrive per altri autori: Mondiale per Emma Marrone, L’estate di John Wayne per Raphael Gualazzi. Dal suo canto, Dimartino compone a quattro mani con Francesco Bianconi dei Baustelle la canzone Una storia del mare, duetta con Cristina Donà nel brano I calendari e, insieme a Cammarata, incide un disco che ha lo stesso titolo del romanzo, registrato a Città del Messico con la partecipazione di Juan Carlos Allende e Miguel Peña, storici chitarristi della cantante messicana. Nello stesso anno collabora con Brunori Sas in Diego ed io, inserita nell’album A casa tutto bene. È autore per Malika Ayane, Arisa, Irene Grandi. 

Due percorsi umani e artistici paralleli che non potevano non incrociarsi. Un’amicizia cementatasi dietro un palchetto nella piazza di Mazara del Vallo dodici anni fa. Un’amicizia nata sui palchi di tutt’Italia e coltivata anche al di fuori della musica. «Siamo rimasti sempre in contatto, poi nel 2017 abbiamo cominciato a condividere anche l’esperienza di autori per la Sony». Insieme scrivono Totale, strappata a Luca Carboni al quale era destinata, Lo stretto necessario, di Levante featuring Carmen Consoli, uno dei successi radiofonici dell’estate 2019, e Bravi a cadere, il singolo portante di Persona, l’album di Marracash che è stato in vetta a tutte le classifiche. 

Il progetto in comune e la premiata ditta

Finché è balenata l’idea di festeggiare dieci anni di amicizia con un progetto comune. E nel 2020 nasce I mortali, un disco nato da due teste, due stili, due modi di intendere la musica che si sono fusi per formare qualcosa che è più della somma delle parti. Un disco che racconta la Sicilia attraverso una splendida Luna araba con la terza voce di Carmen Consoli e il brano dedicato a Majorana, con una serie di riflessioni esistenziali travestite da canzoni d’amore. Un disco intelligente. Che però si scontra con la dura realtà del lockdown.

È anche per rilanciare e allungare la vita a questo straordinario lavoro che, dopo quindici anni di gavetta e una militanza ante litteram nell’indie, i due siciliani nel 2021 cedono alla tentazione festivaliera. E di quel mondo underground vanno a rappresentare sul palco dell’Ariston la parte nobile, quella del cantautorato che ci sa fare con la penna senza essere cerebrale o snob ma nemmeno rincorrendo le tendenze usa e getta. È Musica leggerissima, quella fatta di melodie che ti entrano nel cervello e che salvano l’uomo dai momenti bui. Per la prima volta i due portano al Festival un tema che esce dai canoni del sentimentalismo sanremese. «Il cuore del testo parla di depressione. È un tabù, ancora di più oggi in un periodo in cui tutti vogliono sembrare splendidi sui social. E invece è importante riconoscere i momenti bui», spiegava Colapesce.

Poi la storia è nota. Musica leggerissima non sale sul podio per un soffio, ma ottiene il premio delle radio e diventa un vero e proprio tormentone: meme sui social e i balletti dei baby club, 150 milioni di streaming totali, cinque dischi di platino. I Mortali2 risale la classifica e dà il titolo a un fortunato tour che percorre tutto il Paese. La coppia d’amici diventa una Premiata ditta, un marchio di fabbrica, che sforna successi per altri – Fabri Fibra, Eros Ramazzotti -, colonne sonore (Bad Guy, serie tv di Prime Video) fino al ritorno a Sanremo con Splash, altra “canzonetta” dal contenuto serio (il peso delle aspettative), che conquista i premi della critica e delle radio. 

Colapesce Dimartino e la Ford Taunus con la quale vanno a zonzo per la Sicilia

“La primavera della mia vita”

Se nella realtà fanno incetta di allori, sul grande schermo, invece, Colapesce e Dimartino vengono bocciati dal Festival e, su consiglio di una manager presunta esperta di pesca virtuale al salmone, accettano l’incarico di un’improbabile setta, l’Antico Ordine Semenita, di mettere mano a un libro che racconti la Sicilia magica. «Siamo troppo giovani per essere delle vecchie glorie, e troppi vecchi per essere degli esordienti», dicono. E spiegano: «Quarant’anni è una strana età per il pop. Non siamo né Madame né Iva Zanicchi. Siamo più da reddito di cittadinanza. Una via di mezzo tra autotune e autosega».

La cifra ironica di Colapesce-Dimartino contagia anche La primavera della mia vita, il film diretto da Zavvo Nicolosi che segna il debutto cinematografico di Colapesce e Dimartino, autori del soggetto e della sceneggiatura, in programma il 20, 21 e 22 febbraio nei cinema. «Prima ancora di scrivere I Mortali, il nostro grande sogno era fare un film. Ci abbiamo lavorato durante il tour, raccoglievamo idee e prendevamo appunti sul telefono. Poi le abbiamo sviluppate insieme al regista Zavvo Nicolosi». In effetti, l’album I Mortali era stato annunciato con un mini-film, pubblicato su YouTube per la regia dei Ground’s Orange e, per certi versi, anticipava alcuni tempi che vengono sviluppati in questo lungometraggio.

La primavera della mia vita potrebbe essere la storia dell’amicizia tra i due, vista attraverso la lente del surrealismo e dell’umorismo nero che li accompagna nella musica. «C’è un po’ di noi, nomi compresi, un po’ delle nostre personalità e dei nostri tratti caratteriali», dicono. «Tra noi c’è un rapporto di vera, profonda, amicizia. Lo abbiamo raccontato nel film, ma non è una storia autobiografica».

«Il nostro è un road movie sull’amicizia», spiegano. «Una via di mezzo tra Jodorowsky e Franco e Ciccio, in una Sicilia che volutamente abbiamo scelto fosse inconsueta. Nella nostra idea il film è una favola, è l’attraversamento di un mondo fantastico, composto di sentimenti e immaginazione».

Una immagine tratta dal film “La primavera della vita”

La trama del film

Il film racconta la rocambolesca storia di due amici, con un passato musicale in comune e un futuro tutto da scrivere. Un sorprendente road movie con molti inattesi special guest musicali: Madame che canta la canzone che dà il titolo al film, Roberto Vecchioni che fa Vecchioni, Brunori Sas che fa Jim Morrison, e ancora Erland Øye e La Comitiva. Nel cast Stefania Rocca, la loro eccentrica agente, Corrado Fortuna, il meccanico con un’imprevedibile passione per i Doors, Demetra Bellina, la misteriosa Sofia, e suore sommozzatrici accompagneranno i due protagonisti in un viaggio surreale e poetico.

Dopo la rottura del loro sodalizio professionale e un lungo periodo di silenzio, Antonio (Dimartino) ricontatta Lorenzo (Colapesce) per un nuovo, misterioso e affascinante progetto. Questa volta la musica non c’entra, ma la posta in gioco è così alta da smontare l’iniziale diffidenza di Lorenzo e la scadenza così stretta da trascinare i due amici in una spericolata, quanto temeraria, corsa contro il tempo in cui le sorprese non finiscono mai. Dimartino convince il suo amico Lorenzo ad accompagnarlo, a bordo di una vecchia Taunus arancione, a zonzo per meravigliosi luoghi della Sicilia, tra Catania, Siracusa e Palermo. Ragione del viaggio è la preparazione di un libro sulle leggende dell’Isola. Leggende fantastiche, situate in quella zona di confine tra realtà e immaginazione, tra poesia e racconto che, lo citano i due, fa parte del film che li ha ispirati, Big Fish di Tim Burton. Durante questo viaggio Antonio e Lorenzo dovranno fare i conti con il proprio passato e con se stessi. Fino ad una sconvolgente rivelazione.

Il tema della mitologia e anche un po’ della magia è centrale ne La primavera della mia vita. «Siamo molto appassionati della mitologia», confessa Colapesce. «Nel film l’abbiamo disseminata un po’ questa passione. La storia dei giganti parte dalla leggenda dei Lestrigoni. Siamo convinti che la leggenda spesso è più interessante della verità. Anche l’Isola Cornuta parte da una storia vera, con questa farina che veniva impastata che dava allucinazioni». Per Antonio questa mitologia risiede proprio nella narrazione della Sicilia e della sicilianità: «La storia dell’Isola è basata sul verosimile, non sul vero, nel senso che potrebbe anche esistere la teiera più grande del mondo vicino Enna. Anche la storia che Shakespeare in realtà fosse di Messina sembra una barzelletta ma ha un fondo di verità. Roberto Vecchioni, che compare nella sua qualità di professore nel film, è convinto sia davvero così. Abbiamo cercato di stare in quella zona di confine, così siciliana, tra verità e immaginazione».

Il tandem funziona, ma questo non vuol dire che non facciamo o faremo cose da soli, quanto che ci siamo accorti di essere complementari. Un’altra canzone è ancora possibile

Colapesce Dimartino

Come nelle canzoni del duo, anche il film nasconde moltissime citazioni “dotte”: da True Stories di David Byrne a Paris Texas di Wim Wenders, da John Landis sino a Non ci resta che piangere di Massimo Troisi e Roberto Benigni. Un film “leggerissimo”, parafrasando il titolo della loro canzone più popolare, divertente, stralunato e poetico. Ma, come nei loro brani, con un sottotesto. «Sì, sempre con doppia lettura: che fa ridere e fa piangere, commedia che guarda al dramma».

Un film che chiude un cerchio o soltanto un altro capitolo di una avventura in comune? «Il tandem funziona, ma questo non vuol dire che non facciamo o faremo cose da soli, quanto che ci siamo accorti di essere complementari. Un’altra canzone è ancora possibile».

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