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Paolo Conte trionfa sotto le stelle dell’opera

Ovazione per il cantautore alla Scala. Una scaletta adatta alla serata, senza “Azzurro”. L’omaggio finale a Verdi con “Il maestro”. Una platea di vip

Nessuno scandalo alla Scala, come hanno gridato i puristi giorni scorsi. Se le porte del tempio italiano della lirica e della sinfonica si erano già aperte per il jazz di Keith Jarrett, è giusto allora che le stesse porte si aprissero anche per il più jazz dei nostri cantautori, Paolo Conte. È giusto celebrare in questo modo un compositore amato in tutta Europa che ha saputo far confluire grandi musiche dentro la forma-canzone e che è già stato ospitato in templi della lirica, come l’Opera di Vienna, il San Carlo di Napoli, il Regio di Parma, il Bellini di Catania.

Il “canzonettista” di Asti è arrivato nel tardo pomeriggio per le prove con “quella faccia un po’ così, quell’espressione un po’ così che abbiamo noi prima d’andare” alla Scala e “ci chiediamo se quel posto dove andiamo non c’inghiotte, e non torniamo più”. Perché «certo, la Scala è la Scala», si è sfatto sfuggire, confessandosi «un verdiano, soprattutto per la trilogia popolare Rigoletto, Trovatore e Traviata. Puccini è bravissimo, ma guarda troppo a est. Verdi è concreto, è forte».

Dopo le prove con l’orchestrina, si è chiuso in camerino, cenando con i musicisti prima del concerto. Né caviale, né paté e nemmeno uno champagne da favola. Perché non è una favola snob. Ma provinciale. E Paolo Conte mangia soltanto una zuppa. 

Paolo Conte alla Scala

Poi, abito scuro e t-shirt come sempre, si è avviato verso il palco, dove è stato accolto dall’applauso scrosciante del pubblico che ha fatto registrare il tutto esaurito in pochi giorni. «Questa sera c’è un bel pubblico di habitué e persone che non sono mai venute», sottolinea Dominique Meyer, sovrintendente della Scala, lasciando fuori dal foyer le polemiche: «Io sono per la gente che costruisce ponti non muri: sono critiche che mi hanno stupito». 

Paolo Conte sorride sotto i baffi, fiero e rispettoso. Siede al piano a coda lunga, nero, «e dove c’è un piano, intorno c’è sempre gente che fa baccano. Ci sono occhi che si cercano. Ci sono labbra che si guardano». Aguaplano è la canzone che apre la scaletta ideata appositamente per questa serata. Il palco della Scala si trasforma in un jazz club con tenda a drappi sullo sfondo e luci calde. Ma, intorno, non c’è gente che fa baccano. Si ascolta in silenzio il Maestro mentre ricama racconti, viaggia nel tempo e sul mappamondo, regalando «quintali di poesia» come dice Recitando, uno dei brani del primo atto. Paolo Conte si alza per un paio di brani, inforca gli occhiali da sole. Protagoniste sono le canzoni: Sotto le stelle del jazz fa scattare la prima ovazione, e poi Come di, Alle prese con una verde milongaRatafiàUomo camionLa frase e, prima dell’intervallo, Dal loggione.

Via con me apre la seconda parte e la chiuderà come bis finale scandita dal battimani del pubblico. Nel mezzo ci sono DancingGioco d’azzardoGli impermeabiliMadeleineVia con meMaxDiavolo rossoLe chic et le charme. Beffardo e sbarazzino risuona il kazoo. Nel finale Il maestro, omaggio a Verdi con quel coro a boccachiusa, o forse a Von Karajan, alla Scala stessa. Grande assente l’attesissima Azzurro, poco adatta alla serata di gala.

A spellarsi le mani sotto il palco anche Paolo Sorrentino, Vinicio Capossela, Biagio Antonacci, Giuliano Sangiorgi, Madame, i sottosegretari Gianmarco Mazzi e Vittorio Sgarbi, Caterina Balivo e Guido Brera, Motta con Carolina Crescentini, Maurizio Cattelan…

Un trionfo per Paolo Conte sotto le stelle della lirica.

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