Interviste

«La E Street Band è una grande famiglia»

Il chitarrista Nils Lofgren, soldatino di Bruce Springsteen e di Neil Young, spiega cosa succede sul palco durante i concerti del Boss. «Anche i miei nonni erano siciliani, di Nicosia. Purtroppo, non sono mai riuscito a venire in Sicilia sulla tomba dei miei avi. Ed è siciliana anche mia moglie, di cognome fa Aiello». Ieri a Ferrara la prima tappa italiana del tour italiano fra le polemiche e la delusione: nessun cenno alla tragica alluvione. Prossime tappe: 21 maggio al Circo Massimo di Roma e il 25 luglio all’Autodromo di Monza

Ci sono alcune assenze a ricordare il trascorrere del tempo. Danny Federici, il grande amico, il fondatore della E Street Band che nel 2008 ha perso la sua battaglia contro il cancro, e Clarence “Big Man” Clemons, l’amico più caro di Bruce Springsteen, l’indimenticato complice di scorribande lungo le “thunder road”, stroncato da un ictus nel 2011. Gli altri compagni d’avventura ci sono tutti, pronti a dare man forte al loro capitano. Le chitarre di Nils Lofgren e di Little Steven “Miami” Van Zandt, con la stessa faccia da cattivo che aveva nei “Soprano’s”, Max Weinberg alla batteria, Garry Tallent al basso, Roy Bittan al pianoforte. Ovvero la E Street band, simbolo di famiglia, di valori veri come il gruppo, il parentado. Una famiglia allargata, che si arricchisce di nuovi arrivi: amici, parenti, nipoti. Si sono aggiunti Charlie Giordano alle tastiere e Soozie Tyrrell al violino. Ed è arrivato Jake Clemons, sassofonista ventenne, nipote del compianto Clarence.

«La E Street Band è come una grande famiglia», mi racconta Nils Lofgren alcuni anni fa. «Io sono entrato più tardi, nel 1984, c’è voluto un po’ per ambientarmi, ma adesso siamo tutti fratelli. Io sono stato sempre un fan di Bruce e sin dagli anni Settanta compravo i biglietti per vedere i suoi concerti. Così ero entusiasta quando entrai a far parte della band. Clarence ci manca terribilmente: la sua scomparsa ci ha rattristati profondamente. Non c’è più fisicamente, ma il suo spirito e la sua anima ogni notte sono con noi sul palco mentre suoniamo. Adesso c’è suo nipote Jake: ha fatto un lavoro straordinario, è molto giovane. Suona ancora uno dei sassofoni che lo zio usava negli assoli».

Nils Lofgren e Bruce Springsteen

Una famiglia allargata nello stile vecchia Italia: da Vico Equense, nel 1887, partì alla volta dell’America Antonio Zerilli. “I McNicholas, i Posalski, gli Smith, anche gli Zerilli, i neri, gli irlandesi, gli italiani, i tedeschi e gli ebrei arrivati attraverso il mare mille miglia lontano da casa con le pance vuote ma il fuoco dentro”, canta Bruce in American Land. E quel fuoco brucia ancora nel figlio di Adele Ann Zerilli, primogenita di Antonio, e Douglas Frederick Springsteen, sangue olandese e pure irlandese. E vengono da Catania i parenti della moglie Patti Scialfa. «Anche i miei nonni erano siciliani, di Nicosia», mi aveva rivelato Lofgren. «Purtroppo, non sono mai riuscito a venire in Sicilia sulla tomba dei miei avi. Ed è siciliana anche mia moglie, di cognome fa Aiello».

Quando Bruce Springsteen e la E Street Band arrivano in Italia è sempre festa. Sopra e davanti al palco. «Nel vostro Paese ogni spettacolo è speciale. C’è un pubblico entusiasta, pieno di passione. Io ogni sera, prima di salire sul palco bevo un doppio espresso, ma suonare davanti a pubblico italiano è come bere venti espresso». 

Nella valigia per il nuovo viaggio in compagnia degli amici della E Street Band ci sono più di 250 canzoni. Prima di ogni concerto, magari solo un’ora prima, Springsteen scrive a mano la scaletta della serata e il loro ordine. «Ogni sera si cambia», sorride Nils. «C’è solo una canzone che resta sempre». Ed è così familiare a tutti del gruppo, che sul foglietto c’è semplicemente scritto “B-to-R”. Ovvero Born to run

Nils Lofgren, Bruce Springsteen e Steve “Miami” Van Zandt, il cuore pulsante della E Street Band

«Ogni concerto è una sfida, ci lasciamo aperte un sacco di possibilità. Bruce spinge tutti, compreso se stesso, a superarsi, a trovare momenti magici. Noi siamo l’antitesi dello spettacolo prodotto. Non amiamo fare lo stesso concerto due volte, gli stessi brani vengono riproposti in modo diverso ogni sera. Ogni show è unico. Tutti abbiamo collettivamente centinaia di anni di esperienza, io da solo ne ho 71 e da 55 anni sono sulla strada, amiamo la musica e sappiamo leggere Bruce. A volte presentiamo una canzone che non abbiamo mai eseguito nella nostra vita in comune. Nella stessa sera si vivono momenti di follia, d’ilarità, ma anche di tristezza, disperazione, gioia e speranza. È un’ampia gamma di emozioni, Bruce è un maestro del racconto».

Ogni concerto è fatica, sudore e cuore. Oltre tre ore di musica, durante le quali la E Street Band si conferma una straordinaria, potente, gioiosa, macchina di rock’n’roll che ruggisce come un’orchestra. «Alla fine sono esausto, stanco, mi sento come una trottola al termine dei suoi giri». Anche se negli ultimi tempi Nils Logren ha dovuto limitare le sue acrobazie: «Anni fa sono stato operato ai fianchi e mi hanno applicato delle protesi di ferro», spiega. «Troppo basket sul cemento quando vivevo a New York e, soprattutto, troppi salti dal trampolino e dagli amplificatori. Così mi sono ritrovato con i fianchi distrutti. È stato un chirurgo italiano ad operarmi e mi ha ordinato di mettere nell’armadio il trampolino se non voglio rimanere paralizzato».

Ogni tanto qualche “follia” ancora Lofgren tuttavia se la concede. Ruota come una trottola suonando Because the night, si muove in lungo e largo sul palco col Boss e Little Steven. Tre “giovani” settantenni che continuano a divertirsi con la musica. «Negli anni Sessanta, quando abbiamo cominciato noi tutti questa professione non c’erano internet, Mtv o i talent show. L’unico modo per apprendere il mestiere era andare a suonare davanti alla gente. La E Street rappresenta l’anima del rock’n’roll, mantiene e tramanda lo spirito degli anni Sessanta, quando ancora non c’era la tecnologia, come se fossimo ancora degli apprendisti». 

Con questo spirito Bruce Springsteen e la E Street Band continuano a correre sui palchi del mondo. Una corsa che ancora continua, né vede avvicinarsi all’orizzonte la fermata. «Ho una bella moglie, una bella casa e quattro cani, ma a 71 anni ho ancora il piacere di andare in tour. La musica è il dono più grande del pianeta. È la lingua universale».

Nils Lofgren, con la fisarmonica, e Neil Young

Tant’è che il chitarrista di Chicago riesce a stare in groppa su due cavalli da corsa contemporaneamente: la E Street Band ed i Crazy Horse di Neil Young. Con il canadese cominciò a collaborare nel 1970 nel leggendario album After the Goldrush: da allora, Springsteen permettendo, è diventato un “crazy horse”. Nel 2021 ha partecipato alla registrazione di Barn. «Ci siamo divertiti molto a realizzarlo», ha detto recentemente in una intervista a un sito americano. «C’è un documentario fantastico, molto concreto e realistico (diretto dalla moglie di Young, Daryl Hannah, nda) che vede insieme amici da cinquant’anni. E mentre continuavamo a girare Barn, ovviamente, abbiamo parlato di tour. Volevamo suonare, ma il Covid ha impedito che accadesse».

Poi è giunta la chiamata alle armi del Boss, e Nils ha risposto: «Presente!». «Sono in due grandi band, quindi è complicato. Mi piacerebbe se Neil e Bruce mi permettessero di fare parte dei loro programmi di tour in modo da poter lavorare in entrambe le formazioni, ma ovviamente nessuno me lo permetterà, quindi faccio solo il lavoro che ho davanti. Che adesso è con la E Street Band, consapevole che Neil potrebbe sostituirmi». 

Lofgren è intanto quasi pronto per pubblicare il nuovo album da solista, in sfida all’industria discografica ed a Spotify, da dove si è ritirato in polemica per i podcast del no-vax Joe Rogan: «Spero di finire il disco entro l’anno e uscire la prossima primavera». Sempre se Bruce o Neil non lo arruoleranno per una nuova tournée.

Bruce Springsteen in concerto a Ferrara

Ieri a Ferrara, intanto, la prima tappa italiana del tour dopo una vigilia scandita dalle polemiche social sull’opportunità di tenere il concerto in una regione segnata dalla furia del maltempo che ha messo in ginocchio la vicina Romagna, provocando vittime, evacuazioni, danni per miliardi. Ma alla fine Bruce Springsteen è salito sul palco del Parco Urbano Giorgio Bassani della città degli estensi. Da No Surrender al finale solo sul palco con l’acustica I’ll See You in My Dreams, e nel mezzo gran parte dei suoi pezzi più popolari, ma senza alcun cenno alla tragedia avvenuta a pochi passi. Una seconda grave gaffe per il Boss dopo quella dei “biglietti d’oro” in America.

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