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John Scofield: suono “quasi” da solo

Il leggendario chitarrista in concerto giovedì 13 luglio (unica data italiana) a Noto. Sarà l’occasione per presentare il suo primo lavoro solistico, pubblicato per la ECM. «Quando suono da solo, faccio questi piccoli loop (di chitarra) al volo, non faccio loop preregistrati». Un album che parte dai suoi inizi rock per abbracciare tutti i territori musicali che ha attraversato in compagnia di colossi del jazz o come bandleader
La copertina dell’album

Con una carriera che dura da oltre mezzo secolo, contrassegnata da collaborazioni influenti con grandi del jazz come Miles Davis e Joe Henderson, oltre a diverse dozzine di date da bandleader, è sorprendente che John Scofield abbia pensato a registrare il primo album solistico soltanto l’anno scorso. La lunga attesa ha comunque ripagato, poiché John è in grado di beneficiare della sua esperienza decennale e tracciare un percorso intimo attraverso gli stili e gli idiomi che ha attraversato fino ad oggi. Tuttavia, non è del tutto solo in questa impresa: il chitarrista dialoga con se stesso, eseguendo un assolo con il proprio accompagnamento ritmico tramite loop machine.

«Penso che ci sia una delicatezza che ho acquisito suonando in casa da solo», ha detto recentemente Scofield in una conversazione con The Boston Herald. «Sono così abituato a suonare con una slamming band […] e c’è una certa musicalità in questo. Ciò è andato via ed è stato sostituito da questo approccio più delicato di individuare la bellezza delle corde. Quando suono da solo, creo questi piccoli loop di chitarra al volo, […] ed è quasi come se stessi suonando con un’altra persona».

Un significato più profondo può essere letto nella scelta del nome dell’album, John Scofield, pubblicato dalla ECM. Nei tredici brani che compongono il disco, il settantunenne chitarrista scava in profondità nel passato, fino alle sue radici e agli eroi della sua giovinezza. Il risultato è un quadro equilibrato e completo di Scofield, che lega insieme la musica che lo ha plasmato.

«Quando ero bambino la chitarra era lo strumento del rock and roll e della musica popolare, questo è ciò che mi interessava», spiega Scofield. Con quello spirito, tira senza sforzo Not Fade Away di Buddy Holly da un cappello, dando una resa tagliente e rilassata del successo che Holly scrisse sei anni dopo la nascita di Scofield. John va ancora più indietro con You Win Again di Hank Williams, pubblicato quando Scofield aveva solo un anno, nel 1952.

L’enfasi principale di John nel corso degli anni, tuttavia, è rimasta il suo profondo impegno per la tradizione jazz, e qui prende una serie di standard e dà loro interpretazioni uniche. I suoi commenti su ogni canzone sono inclusi nelle note di copertina che accompagnano questa pubblicazione, dove rivela la sua passione per la versione di Kenny Dorham di It Could Happen to You. Ricorda anche la sua prima registrazione, accompagnando Gerry Mulligan e Chet Baker in There Will Never Be Another You e il suo passaggio alla canzone si rivela un’avventura agile e compatta. Segue una versione particolarmente minimalista di My Old Flame scritto da Arthur Johnston e Sam Coslow.

Il chitarrista ha riempito una buona parte di album con la sua stessa scrittura: le sue qualità melodiche e l’invitante cantabilità hanno lo stesso carattere senza tempo degli standard jazz. «Non penso mai alle idee quando scrivo musica. La musica strumentale esiste in una parte diversa del tuo cervello, non si tratta di un’idea che può essere descritta con il linguaggio o visivamente. La musica esiste al suo posto», riflette Scofield.

Le sue composizioni sono tra i punti salienti di questo set: Scofield rende Honest I Do, che ha originariamente scritto e registrato nel 1991, in una ballata piena di sentimento, esplorata con toni di chitarra sperimentali. Mrs. Scofields Waltz è dedicata alla moglie, che a sua volta ha dato il nome a Since You Asked, una canzone che John aveva inizialmente registrato con Joe Lovano nel 1990. «Più un sentimento che una composizione vera e propria», nelle parole del chitarrista. Trance Du Hour è la sua «versione del jazz anni Sessanta à la Coltrane». Mantiene lo stesso alto livello di energia del suo blues Elder Dance.

Insieme ai tradizionali Danny Boy  e Junco Partner, Scofield offre un’interpretazione inquietante e alquanto obliqua di Coral di Keith Jarrett. 

Dai suoi giorni da studente alla Berklee School negli anni Settanta, il chitarrista ha lentamente costruito un curriculum impressionante, suonando con Miles Davis, Billy Cobham, George Duke e Gary Burton (e assi più giovani come il trio Medeski, Martin e Wood). È stato in tournée come sideman o leader di una band per la maggior parte della sua vita. A fermarlo è stato soltanto la pandemia, durante la quale ha composto il suo primo album solistico.

«Non ero mai stato a casa così tanto», ha detto. «È davvero strano, inizi un po’ a perdere la tua identità… Il fatto che io abbia 71 anni e abbia avuto così tanti anni buoni, non lo so, forse sono più preparato di altre persone… Mi spiace per coloro che hanno 80 anni e più che hanno perso un paio d’anni per andare in tour».

La pandemia non ha cambiato radicalmente l’approccio di Scofield alla musica o alla sua carriera, ma gli ha fatto notare alcune cose. Nei primi mesi scriveva come un matto. Ma con nessuno con cui suonare i suoi brani, non sembrava giusto. «Ho scritto un intero album e poi mi sono reso conto che parte del processo di scrittura per me dipende dal lavorare dal vivo con i musicisti, dall’elaborare la musica come gruppo», ha detto.

Dopo aver realizzato che fare dischi dipendeva dal materiale dei test “on the road”, dall’acquisire familiarità con i nuovi brani per un paio di settimane di date dal vivo prima di entrare in studio, Scofield si è dedicato a passare del tempo da solo: lui e la chitarra.

«Le persone possono fare jazz da sole (chiedete a qualsiasi fan del mago del pianoforte solista Art Tatum). Ma la maggior parte dei musicisti ama l’interazione, molti credono che sia un aspetto essenziale dell’arte», commenta John Scofield che giovedì 13 luglio si esibirà nel Cortile del Collegio dei Gesuiti per NotoMusica, unica data italiana. «Quando suono da solo, faccio questi piccoli loop (di chitarra) al volo, non faccio loop preregistrati», ha detto Scofield all’Herald. «Quindi devo rispondere a un po’ di musica ed è quasi come se stessi suonando con un’altra persona. E sottolineo “quasi”».

Scofield ha suonato occasionalmente da solista, quindi il concerto di Noto è una rarità, una occasione da non perdere Questo approccio da solista porterà sicuramente un po’ di magia. 

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