Zoom

“Il turismo annienta l’identità territoriale”

La ricercatrice e artista visiva Marina Planas spiega i danni causati dal boom turistico alle Baleari, simile a quanto sta accadendo nel Sud d’Italia. «La città perde la sua identità per diventare globale. Quando si annienta l’identità territoriale si perde la storia, la memoria, la vita». «Le cattedrali di oggi sono centri commerciali, parchi tematici e strutture turistiche di ogni tipo»

Che la vita e il godimento di alcuni siano basati sulla perdita di altri è qualcosa che sembra avere ben chiaro la ricercatrice e artista visiva Marina Planas, che negli ultimi anni ha dato forma a un progetto che approfondisce l’uso e l’abuso di quei luoghi che sono diventati meta di svago per milioni di persone, in generale, e in particolare nella sua terra: Maiorca. La sua installazione, intitolata Enfoques bélicos del turismo: todo incluido (Bellicosi approcci al turismo: tutto compreso), è stata selezionata dall’Istituto di Studi Baleari per essere esposta nell’ambito del festival fotografico Cortona on the Move.

L’opera esposta è una sorta di mosaico composto da centinaia di fotografie di piccolo formato accompagnate da citazioni di testi di diversi autori, che donano nuove letture alle immagini, e ricopre dall’alto al basso una delle stanze di Palazzo Baldelli a Cortona. Un’installazione che invade completamente lo spazio per travolgere lo spettatore in sintonia con la storia che racchiude. «Viviamo in un territorio che è diventato un prodotto industriale, esportabile, concettualizzato come il Paradiso in tutti i discorsi commerciali che lo circondano», avverte il testo del critico letterario Nadal Suau, esposto accanto all’immagine di un uomo con un asino che vende ceramiche a due turisti in bikini, a Santa Ponsa. È la riproduzione di una delle cartoline realizzate dal nonno dell’artista, Josep Planas i Montayà, che nel 1949 aprì a Maiorca un’azienda fotografica che gestì per più di tre decenni. 

Marina Planas e la sua installazione, intitolata Enfoques bélicos del turismo: todo incluido (Bellicosi approcci al turismo: tutto compreso)

«Mio nonno ha introdotto nell’isola il concetto di fotografia industriale e aveva il monopolio delle cartoline», racconta la nipote al quotidiano El Pais. «Ha lavorato a stretto contatto con l’ufficio di promozione del turismo per pubblicizzare l’isola come destinazione turistica in un momento in cui il regime franchista apriva le porte all’Europa e l’unica cosa che aveva da offrire era il sole e la sabbia. Maiorca fu la cavia di ciò che si sarebbe poi riprodotto in luoghi più lontani, come l’Asia o l’America Latina. Tutta l’iconografia realizzata per attirare i turisti nella zona è realizzata dalla mia famiglia. Non è una cosa di cui essere orgogliosi», aggiunge sardonica l’autrice. «Oltre alla produzione propria di Casa Planas, mio nonno era un collezionista. In totale, l’archivio riunisce quasi tre milioni di immagini dedicate al turismo. Non ne abbiamo trovato un altro simile in nessuna parte del mondo».

Erede della stessa voglia di collezionare, archiviare e accumulare di suo nonno, Planas è stata incaricata dalla Fondazione Museu d’Art Contemporani Es Baluard di sviluppare un progetto che approfondisse la crisi generata dal turismo. Così, alle immagini dell’archivio di famiglia, ne ha aggiunte altre trovate su internet. «È da molto tempo che ho smesso di fotografare e realizzare video con intento artistico», sottolinea l’autrice. «Non aveva senso aggiungere altre immagini a un mondo che ne genera tante al giorno. Utilizzo quelle già esistenti per ricontestualizzarle e riflettere sulla loro valorizzazione». Così, nell’installazione che presenta a Cortona ci sono anche apposite fotografie che permettono una lettura del presente e contribuiscono a mostrare l’evoluzione del boom turistico. Una trasformazione che viene analizzata dai diversi aspetti in cui si sono generate le tensioni.

L’opera esposta è una sorta di mosaico composto da centinaia di fotografie di piccolo formato accompagnate da citazioni di testi di diversi autori

I danni causati dal boom turistico

«Dopo la Seconda guerra mondiale, l’Europa meridionale è diventata il parco giochi del nord e Maiorca, con le sue spiagge e il clima soleggiato, una delle destinazioni preferite», sottolinea Planas. Ben presto fu coniato il termine Balearizzazione per descrivere la trasformazione del litorale dell’isola a seguito dell’urbanizzazione selvaggia e dell’eccessivo boom turistico della zona. «Le cattedrali di oggi sono centri commerciali, parchi tematici e strutture turistiche di ogni tipo», si legge in un testo firmato da Carmelo Vega, che allude al consumo ricreativo come nuova religione di una società sconsacrata. «Il primo boom turistico (fino al 1973) ha avuto un grande impatto sulle zone costiere», avverte Planas. «Nel secondo, la gente ha cominciato ad acquistare appartamenti; una forma di colonizzazione che espelle i locali dalla loro zona, all’infinito. I prezzi sono aumentati, rendendo estremamente costoso l’acquisto di una casa sull’isola per la classe operaia, attirando allo stesso tempo persone facoltose da tutto il mondo. Tutto un business che ruota attorno ad una bolla immobiliare», aggiunge l’artista.

«Poi arrivarono le gigantesche navi da crociera e contemporaneamente si affermò il turismo rurale basato sul consumo delle risorse naturali. Proprio quando pensavamo di non poter andare oltre, è arrivata Airbnb. Un fenomeno capace di generare un valore di 31 miliardi di dollari con un organico di circa 2.500 addetti», sottolinea Planas. «La vita nel centro della città è diventata decisamente difficile per la gente del posto poiché la città perde la sua identità per diventare globale. Quando si annienta l’identità territoriale si perde la storia, la memoria, la vita». Quello che succede in molte località turistica della Sicilia e del Sud d’Italia.

La disuguaglianza, nelle sue diverse varianti, viene analizzata trasversalmente. «Alla base del funzionamento del turismo ci sono tante donne con salari miserabili. Dalle addette alle pulizie all’industria del sesso in luoghi come la Tailandia, dove i bordelli utilizzati durante la guerra del Vietnam furono trasformati in attività di turismo sessuale».

Nel progetto si riflette anche l’espansione delle multinazionali, in molti casi sovvenzionate dagli Stati, per generare un tessuto turistico nella zona, come nel caso delle compagnie aeree low cost. Così come la pianificazione urbanistica, che in molti casi viene portata avanti nell’interesse di aziende private. «Molti sentieri o spiagge sono diventati privati», spiega l’autrice. «Ecco perché di solito parlo di accumulazione per espropriazione». 

Non potevano mancare le conseguenze ambientali. «Il turismo è uno dei settori più inquinanti e su di esso si concentra praticamente tutta l’economia dell’isola. È difficile trovare uno stile di vita a Maiorca che, in un modo o nell’altro, non sia legato a questo settore», afferma Planas.

Allo stesso modo, viene posto l’accento sull’uso della cartolina come rappresentazione illusoria e fittizia della realtà carica di cliché, che contrassegnava i luoghi da visitare. Paesaggi, in molti casi idilliaci, che alla fine finirono sovraffollati. Qualcosa che accade ora con Instagram. Alludendo al modo in cui i turisti vengono osservati dai locali, e viceversa, nonché ai diversi modi di trattare turisti e immigrati.

L’installazione

Enfoques bélicos del turismo: todo incluido (Approcci bellicosi al turismo: tutto compreso) è un progetto che ci interroga sull’uso o l’abuso dei territori che diventano destinazione turistica sulla base di un lavoro con immagini d’archivio di diversa natura. Attraverso la costruzione di diversi dispositivi, attiva una serie di riflessioni che attraversano alcune delle urgenze del pensiero contemporaneo: dalla memoria storica, necessaria per comprendere la situazione attuale, all’ambiente o ai femminismi.

Planas stabilisce molteplici linee di lettura legate tra loro e mostra l’evoluzione del turismo e i conflitti che derivano dalla devastazione dei territori e dalle trasformazioni culturali che toccano la vita degli abitanti, accentuando l’idea che mette in relazione un certo tipo di turismo con impoverimento e distruzione creando un mosaico da cui ci servono una molteplicità di immagini accompagnate da testi. L’artista promuove diversi codici narrativi con l’obiettivo di sfidare lo spettatore. Immagine e testo dialogano dalla differenza ed è l’utente che si sforza di pensare dove sta la contraddizione. Il suo lavoro si inserisce in una delle linee di ricerca delle pratiche artistiche attuali, attraverso la quale riflette anche sullo sfruttamento delle immagini. L’insieme ci permette di avvicinarci alla necessità di ripensare la storia, intesa da una prospettiva territoriale ma anche politica, artistica e sociologica. Planas stabilisce così diversi livelli di lettura basati su una catalogazione non regolamentata delle immagini d’archivio.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *