Interviste

Il tango diventa poesia con Mercedes Marieva

La cantante traduce e canta in italiano classici del “pensiero triste che balla”. Dal colpo di fulmine per la danza, che fece ingelosire il marito Kaballà, al debutto discografico. «Mi sono mantenuta fedele ai suoni» 

«Alla fine degli anni Novanta, io e Pippo eravamo stati invitati in un locale nella zona dei capannoni industriali di Milano, dove ora sorgono i Magazzini Generali. Mentre stavamo entrando, ho ascoltato una musica provenire da uno di questi capannoni. “Pippo cos’è?”, chiesi. E lo trascinai seguendo quei suoni fino a entrare in un enorme spazio bianco e vuoto dove c’erano una ventina di coppie che ballavano il tango. “Anch’io voglio fare questa cosa!”, esclamai».

Un amore a prima vista, un classico colpo di fulmine per Vincenzina Cirillo, moglie di Pippo “Kaballà” Rinaldi. «Lui mi accompagnò per tre lezioni, poi gettò la spugna», continua a raccontare Vincenzina. «Io ero talmente presa che ho continuato. Il tango è diventato una passione che non mi ha mai lasciata. Mentre per Pippo è stato una sorta di rivale».

La copertina dell’album realizzata dal fotografo Charley Fazio

A spazzare via la gelosia è arrivato Tango che canti l’amore, l’album che segna il debutto come interprete di Mercedes Marieva, il nome d’arte scelto da Vincenzina Cirillo, e che vede Kaballà produttore. «Ora è contentissimo, perché sono andata oltre al ballo, dimostrando amore per la musica, la cultura, e mi ha appoggiato e consigliato per realizzare il disco».

Vincenzina Cirillo aka Mercedes Marieva non è, tuttavia, una absolute beginners nel mondo della musica. Di origini meridionali, come lascia intuire il cognome, è stata copywriter, autrice di testi per una agenzia pubblicitaria, ed ha collaborato con il marito, cimentandosi nella scrittura di testi per autori minori come Patrizia Laquidara, Matteo Becucci e Lidia Schillaci. Facendo così i primi passi nel mondo della composizione. 

«È stato nel 2018, quando sono uscita dall’agenzia e mi sono ritrovata con più tempo a disposizione che è venuta l’idea di tradurre in italiano le canzoni di tango che ballavo. Inizialmente è stato un approccio letterario. Erano solo scritte, senza attenzione alla metrica, ai suoni. Poi mi son detta che mi sarebbe piaciuto cantarle».

Mercedes Marieva con il chitarrista Emiliano Farina e il bandoneonista Hugo Satorre suoi compagni nel disco

Nel 2020, poco prima che si diffondesse la pandemia, Vincenzina Cirillo parte alla volta dell’Argentina alla ricerca delle radici del tango e di collaboratori con i quali realizzare il suo progetto. A Buenos Aires incontra Ana Sofia Stamponi, insegnante di canto che la incoraggia nella sua impresa. «Mi iscrivo alle sue lezioni, concluse con un concerto dal vivo, organizzato l’8 marzo per la Festa delle Donne, nel quale mi ospita e mi fa cantare una delle canzoni che avevo tradotto in italiano. Per me era la realizzazione di un sogno: il debutto a Buenos Aires, la patria del tango. Il pubblico rimase entusiasta, anche perché lì tutti hanno un legame con l’Italia». 

Nasce Mercedes Marieva. Che soltanto per metà è un nome d’arte. «Mercedes è il mio secondo nome», rivela Vincenzina. «La mamma di mio padre, dalla quale ho preso il primo nome, è morta quando mio papà aveva 6 anni. A prendersi cura di lui, fu la nonna, per me bisnonna, Mercedes, che aveva origini spagnole, era dell’Andalusia. Quando sono nata io, sono stata chiamata Vincenzina Mercedes. Un secondo nome che non ho mai utilizzato, né pensavo mai di farne uso. Invece l’ho recuperato per questa vita artistica, perché sarebbe stato buffo chiamarsi Vincenzina Cirillo, che sa di napoletano, e cantare tango. Così sulla copertina del disco ringrazio la mia bisnonna per avermi fatto rinascere come cantante di tango. È stata occasione per riscoprire le mie radici. Non solo, rafforza il mio legame con il mondo spagnolo. Marieva, invece, nasce dall’unione fra Maria ed Eva, due nomi che rappresentano, secondo il libro di antropologia che ho letto, gli archetipi femminili: Maria la spiritualità, Eva la carnalità. Due parti che, ritengo, hanno tutte le donne. Ho scoperto dopo che è anche un nome diffuso in Sudamerica».

Sulla strada di Mercedes Marieva si frappone il lockdown, «che comunque costringe la mia insegnante argentina a svolgere lezioni a distanza alle quali potevo partecipare anche io da Milano».

Mercedes si sente finalmente più sicura per affrontare l’ultimo passo e registra undici fra le tante canzoni di tango tradotte in italiano che finiscono su un disco dal 2 giugno nei negozi online e dal 9 giugno su tutte le piattaforme digitali.Brani di grandi autori argentini, proposti in italiano con arrangiamenti originali ed essenziali di chitarra e bandoneon per dare risalto alle parole, alla poesia. 

«La traduzione non è letterale, il contenuto però è quello. Alcune frasi sono simili in italiano e spagnolo, in altre i suoni della traduzione sono diversi dall’originale», spiega il metodo. «Mi sono mantenuta fedele ai suoni dell’originale. C’è libertà poetica nello spostare qualche parola, ma il significato non cambia. Ho fatto in modo tale che la versione italiana non risultasse troppo differente a un ascoltatore francese o inglese. A conferma del buon lavoro, i permessi dagli editori dei brani ci sono stati accordati senza alcun problema».

Come traspare dal titolo dell’album, il tema è l’amore. Mercedes Marieva ribadisce nelle sue scelte che il tango è un ballo d’amore e di morte, di passione e di nostalgia senza ritorno. «Avrei dovuto aggiungere la parola “perduto”», sorride. «Il tango è la nostalgia per un amore finito, per qualcosa di perduto. C’è solo una canzone che non parla d’amore ma del tango: è Tango brujo. Proprio da questa è tratto il titolo dell’album».

Non ha pensato di scrivere un suo testo e musicarlo con un tango?

«Potrei farlo e sicuramente lo farò se ci sarà un altro album. Questo è un disco di cover. Che, tra l’altro, sono piaciute ai miei compagni di ballo, perché possono ballare comprendendo le parole e la storia».

Vincenzina Mercedes Cirillo, in arte Mercedes Marieva, origini calabresi, dal 1985 residente a Milano

Nel tango le grandi voci femminili si possono contare sulle dita di una mano. In Italia c’è stata soltanto Milva. Forse perché un ballo nato nei bordelli, sono uomini i maggiori protagonisti di questa musica?

«Ci sono state e ci sono donne famose. Tuttora c’è Adriana Varela, c’è stata Nelly Omar. Il tango è nato come un ballo tra uomini. Voci maschili che duettavano con l’orchestra sono stati i beniamini d’un’epoca. Le donne non erano molto presenti. Se si fa caso, il canto femminile è sempre d’ascolto: le donne cantano i brani per intero. Al contrario, la voce degli uomini, più trascinante, è adatta al ballo: loro interpretano metà canzone, l’altra parte è affidata soltanto all’orchestra».

Quali sono le canzoni inserite nell’album alle quali è più affezionata?

«Certamente Tutta la vita (Toda mi vida), perché è quella cantata nel concerto a Buenos Aires e alla mia maestra argentina, anche se è a chiusura del disco perché più ritmata, più veloce. Poi A chi potrebbe importar (A quien le puede importar)nella quale la cantante si rivolge al bandoneon, l’unico rimasto ad ascoltare la sua storia disperata: è un canto di solitudine, di sofferenza. E poi è stato importante interpretare Il ritorno (Volver) perché è di Carlos Gardel, e per me è un onore».

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