Storia

Giovannangelo: il mio disco fatto con i piedi

Giovannangelo De Gennaro, musicista viandante pugliese, pubblica “Sacred Mount”, un album e un libro nati lungo il cammino alla ricerca della bellezza del sacro e dell’antico, da Santiago di Compostela al Monte Ararat. Un po’ frate benedettino un po’ Bruce Chatwin: «I luoghi che incontro sono come delle note, sensazioni di suoni che mi evocano qualcosa: il cammino armonizza tutti questi suoni». L’amicizia fraterna con Vinicio Capossela, autore dell’introduzione al libro
La copertina dell’album e del libro

«Camminare è la cosa più antica del mondo e il nomadismo, sempre più osteggiato da un mondo che ha preso la rigidità della sedentarizzazione fisica in cui tutti si spostano ma pochissimi viaggiano, acquisisce nuovi rivoluzionari significati. È un atto di affermazione dell’umano mentre sempre più perdiamo la relazione con la matericità del mondo. La vostra musica e il vostro sguardo raccolto in questi pensieri scritti sono un dono per prendere coscienza della nostra posizione eretta». È uno stralcio dell’introduzione scritta da frater Vinicio al libro e disco Sacred Mount di frater Giovannangelo. 

«È l’appellativo confidenziale che ci diamo fra persone che condividono la bellezza del sacro e dell’antico. È un termine che viene dal latino, ha un significato di fratellanza, amicizia. Ma poi ci diamo del voi».

A condividere la bellezza del sacro e dell’antico sono frater Vinicio Capossela e frater Giovannangelo De Gennaro, la cui amicizia e collaborazione risale all’inverno del 2015: «E io sono grato a quel Dio degli incontri di esservi stato amico ed aver potuto mangiare a mensa con voi del cibo materiale e spirituale, come fanno i cumpanis, i compagni di viaggio che dividono il pane», continua frater Vinicio.

Quattordici anni prima, nel 2001, era cominciato il viaggio a piedi di frater Giovannangelo seguendo La via lattea di Luis Buñuel e il Codex Calixtinus (il libro di San Giacomo), che lo avevano condotto lungo il cammino di Santiago di Compostela. «Da allora non ho più smesso». Da ovest, la Spagna, a est, la Puglia, la Grecia, la Turchia, l’Armenia. Dal tramonto all’alba, che sono i punti di riferimento del viaggiatore. Dalla basilica di San Nicola di Bari a Myra, la città della Turchia dove fu vescovo san Nicola. Dal Monte Athos all’Ararat. Seguendo anche l’esempio di grandi viaggiatori e camminatori come Patrick Leigh Fermor e Bruce Chatwin, autori di affascinanti racconti di viaggio. 

Un cammino che è ricerca, come scrive Giovannangelo De Gennaro nel libro Sacred Mount che racconta i suoi pellegrinaggi e che esce insieme all’omonimo disco «fatto con i piedi», come lo definisce lui. «Perché i luoghi che incontro sono come delle note, sensazioni di suoni che mi evocano qualcosa: il cammino armonizza tutti questi suoni», spiega al telefono da Collepardo, nei pressi di Frosinone, tappa del cammino di San Benedetto che ha intrapreso da poco e che lo porterà a Norcia, Cassino, «per poi spostarmi sul cammino di San Francesco e tornare, attraverso il Molise e il Gargano, a casa». A Sovereto, piccolo borgo di 37 abitanti, a pochi chilometri da Molfetta, città natìa del musicista e suonatore di viella, strumento a corde che ha origini medievali. «Mi considero un musicista», sottolinea. «A 8 anni già suonavo e a 8 anni e mezzo sapevo già leggere la musica. Io considero musicista colui che conosce il linguaggio della musica. Ma non mi interessa soltanto fare musica. C’è il rischio della dipendenza: dalla fama, dalle aspettative che nutrono nei tuoi confronti, dalla musica stessa. Sono importanti anche altre esperienze lavorative che ti mettono in contatto con altri strati sociali. Io sono stato cuoco, contadino, marinaio. E ciò mi ha permesso di entrare in altri ambiti e conoscere linguaggi diversi».

Il Monte Athos, ufficialmente Stato Monastico Autonomo del Monte Athos, è un territorio autonomo della Grecia

Il cammino e l’incontro sono gli elementi della ricerca del musicista di Molfetta. «Una ricerca non solo interiore, ma anche esteriore», spiega. «La mia ricerca è basata sul dialogo con quello che c’è fuori, con i musicisti che incontro e con quello che io sono e quelle cose che mi provocano interesse ed emozione. La parte mistica è una componente importante, ma tanto quanto quella pratica: il confronto con altri colleghi. Non c’è prima l’aspetto mistico o quello musicale. D’altronde la musica è mistica, anche quella dei cantautori. Misticismo non è solo la conoscenza delle scritture, dei testi sacri, è anche pratica, esperienza».

Fra i cantautori, Giovannangelo sceglie Franco Battiato, il più mistico, e nell’album Sacred Mount inserisce una rilettura della preghiera L’ombra della luce. «È un testo che mi ha colpito perché durante il mio cammino ogni parola, ogni frase, ogni disegno posso incontrarli: l’ombra e la luce. Il viandante osserva la sua ombra e ciò che sta intorno: la luce, il riflesso, il raggio di sole. Quando parla della sensazione di pace che ha sentito nei monasteri è vera. O quando canta “Sono solo l’ombra della luce”, indicando che tutto è transitorio, come l’ombra appunto».

Giovannangelo De Gennaro con l’ensemble Calixtinus

Canzone d’autore, musica medievale e classica, canti gregoriani, world music si incontrano lungo il cammino di Giovannangelo, coadiuvato nel disco dal suo ensemble Calixtinus, dal nome del codice che è stata la prima guida al cammino di Santiago di Compostela. Un organico diretto da Giovannangelo De Gennaro al canto, traversa e viella, con Giovanni Astorino al violoncello; Leo Binetti al pianoforte; Pippo d’Ambrosio alle percussioni; Francesco Di Cristofaro al bansuri e duduk; Peppe Frana al robab afgano; Sergio Lella al coro e traversa; Nicola Nesta al liuto, oud e chitarra acustica ed il coro formato da Dario D’Abbicco, Vito Giammarelli, Cosimo Giovine e Ciccio Regina.

L’album, pubblicato per l’etichetta Liburia Records, contiene tredici tracce. S’inizia con Hov arek, un canto di contadini in lingua armena con il quale si vuole propiziare la pioggia per irrigare i campi, per poi passare all’Epitaffio di Sicilo, il più antico documento musicale risalente al II secolo a. C., nel quale si parla della logica del “qui ed ora”, del carpe diem, che è la filosofia del camminante, quella del vivere alla giornata. Ex eius tumba fa riferimento al ratto delle ossa di san Nicola dalla chiesa di Myra in Turchia da parte dei baresi. Nella percussiva Pantokrator si vuole richiamare la preghiera dei monaci del Monte Athos: «Con martelletti di legno battono una lunga tavola, chiamata simandron. Cominciano piano per poi accelerare e raggiungere una velocità così forte che non riesci più a vedere i martelletti». 

Pantokrator è un monastero, a cui allude il titolo del disco. «Nessun riferimento al film La montagna sacra di Alejandro Jodorowsky», spiega l’autore. «Sono i monti del Gargano, della Grecia, della Turchia e di diverse città d’Italia che ho visitato e sui quali c’è sempre un santuario. Ho voluto omaggiare questi luoghi di culto, origine di una ritualità cristiana o pagana».

Giovannangelo De Gennaro

Come scriveva T. S. Eliot, è il viaggio, non la meta, quello che conta?

«Hermann Hess diceva che il vagabondo è colui che non ha meta, il pellegrino ha invece una meta. Bisogna avere un obiettivo, che non deve essere materiale – una città, un luogo -, ma interiore, morale. Camminare con questo pensiero è già una meta, che poi si riflette in una destinazione fisica. Che è il ritorno a casa. L’obiettivo dei grandi pellegrini è di mettere a frutto le esperienze del cammino nella vita quotidiana quando torni a casa».

In questo periodo storico c’è ancora spazio per la spiritualità?

«C’è interesse nei confronti della spiritualità, della quale ognuno ha una propria chiave di lettura. Si può essere miopi o strabici, a seconda di cosa ognuno può leggere. Di base c’è bisogno di spiritualità e c’è più attenzione. Certo, il mio disco è complicato, è difficile che arrivi a tante persone».

Nei suoi cammini, dove non frequenta resort né b&b, ma bussa alla porta in cerca di ospitalità, ha mai ricevuto qualche porta in faccia?

«Il microcosmo del cammino è il riflesso di quello che succede nella vita quotidiana. C’è chi fa accoglienza e c’è il profittatore. Durante la mia esperienza, ho avuto incontri meravigliosi, che si sono trasformati in amicizie».

Si fermerà per promuovere il disco?

«Il 13 maggio lo presenteremo suonandolo dal vivo al Museo diocesano di Molfetta, poi ci saranno altri concerti, uno dei quali al Monastero di Santa Chiara a Napoli».

Come frater Vinicio, adotto «quei versi di un poeta turco del quale non ricordo il nome» e che recitano «camminante per dove porta la tua strada? Non lo so io, lo saprà il vento, e mi sono messo davanti al soffio». Buon cammino.

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