Interviste

Il Mediterraneo immaginario di Riccardo Tesi

Esce “La giusta distanza”, l’album attraverso il quale il “re dell’organetto” ha viaggiato con la fantasia e le musiche durante il lockdown. Da “Tindari” a “Mex Moon”, è una emozionante e divertente avventura fuori dai confini del tempo e geografici, fra jazz, world, rock, classica. «Gli incontri più importanti per me? Fossati e Vaillant, ma tutti mi hanno dato qualcosa, anche i siciliani Carlo Muratori, Marco Corrao e Rita Botto»
La copertina del disco

Riccardo Tesi, il “re dell’organetto”, è stato definito il “Bruce Chatwin della musica mediterranea”. È un musicista “totale”, compositore e strumentista, interprete e ricercatore, che viaggia in un mondo senza confini e ai confini del tempo. Ed è ovvio che un giramondo come l’artista toscano soffrisse chiuso nelle pareti di casa a causa del lockdown durante il periodo della pandemia. «La musica è diventata il modo di continuare a viaggiare», racconta Tesi. «Con il blocco ho avuto molto tempo libero per concentrarmi sulla scrittura, che deve essere un impegno continuativo, giornaliero».

È nato così La giusta distanza, il disco in uscita venerdì 7 aprile, il cui titolo fa riferimento proprio a quel metro e più che bisognava mettere tra due persone durante la pandemia. E che il musicista introduce con la divertente metafora di Schopenhauer sul dilemma del porcospino. L’album rappresenta anche un momento di pausa dall’avventura di Banditaliana, della quale è leader. Un distacco forzato da una parte, ma utile. «Ognuno di noi di Banditaliana ha i propri spazi creativi, progetti paralleli. È anche un modo per rinfrescare le idee», spiega.

E La giusta distanza è davvero un album notevole, affascinante, emozionante, divertente, carico di energia e di poesia, ricco di colori e suoni, confezionato con grande classe e raffinatezza. Undici composizioni originali, più la cover di Ballata di una madre di Eugenio Bennato, che disegnano una mappa di un Mediterraneo immaginario che va dal Mar Nero sino al Golfo del Messico. 

«Il mio Mediterraneo è immaginario. Prende spunto dalle parole del compositore francese Darius Milhaud, secondo il quale il Mediterraneo va da Istanbul a Rio de Janeiro. È una espressione che va al di là dei limiti geografici, una espressione culturale che abbraccia anche il Sudamerica».

E il viaggio di Riccardo Tesi si bagna nel Mar de la Plata con Citrustango, è illuminato da una luna messicana (Mex Moon) e si spinge fin quasi a Oriente con Bucarest, muovendosi sugli sconfinati territori della musica: jazz, world, rock, classica. «Dal punto di vista musicale sono un artista a 360 gradi, mi definisco un musicista contemporaneo. Da Sting alla classica, dal jazz alla canzone d’autore. Il mio stile abbraccia tante influenze, che si sovrappongono e si mescolano nelle mie composizioni».

C’è anche la Sicilia con Tindari, una tarantella introdotta da un fruttivendolo che “vannìa” la sua mercanzia di cipolle, melanzane e patate. «Mi trovavo in vacanza da quelle parti quando ho sentito una voce da lontano, il cui suono mi ha immediatamente catturato. Era un venditore ambulante di frutta che con questo particolare richiamo avvertiva i clienti del suo arrivo. Non ho resistito, colto da una irresistibile curiosità, ho preso la macchina e ho seguito le sue tracce fino a che l’ho raggiunto in un cortile e l’ho registrato con il telefono. Sapevo già che sarebbe finito nel disco. Della Sicilia ho tanti ricordi: Rita Botto, che gran voce!, Marco Corrao, bravo compositore, Carlo Muratori. Ho lavorato spesso con loro».

Il disco è stato registrato con l’Elastic Trio, formato da Francesco Savoretti alle percussioni e Vieri Sturlini, chitarra, al quale si è aggiunto Mirco Capecchi, contrabbasso, già collaboratore di Banditaliana. Ed è pieno di ospiti, collaboratori di vecchia data, nuovi incontri e giovani talenti. Della prima schiera fa parte Gigi Biolcati, «che ha avuto un ruolo importante nel musicare Sotto la cenere, per la quale Massimo Donno, bravo cantautore salentino, ha scritto il testo». E poi Ginevra Di Marco alla voce. È una nuova collaborazione, invece, quella con Ziad Trabelsi, suonatore di oud nell’Orchestra di Piazza Vittorio, «che è stata la chiave per far lievitare Couscous e Fasol», spiega Tesi. «Non solo nel titolo che, inizialmente doveva chiamarsi “Fa Sol”, perché si muove per la maggior parte del tempo su questi due accordi. Dopo l’intervento decisivo di Ziad, che ha portato la melodia che cercavo, si è definitivamente trasformato in Couscous e Fasol».

Un incontro cercato è stato quello con Marco Ambrosini, «con il quale ci eravamo sfiorati una volta sul palco, ma non avevamo mai collaborato in un disco». Il musicista romagnolo è uno dei migliori suonatori di nychelharp, «uno strumento che viene dalla Svezia, dal Nord Europa, che è una sorta di ghironda: invece di una ruota che gira, ha l’archetto del violino. Lo sentivo adatto alla melodia di Bucarest. In questo disco mi sono divertito a usare strumenti che non avevo mai messo nei miei lavori. Sono uscito dalla comfort zone di Banditaliana, per spingermi oltre. In Cicciobomba ci sono la musette (cornamusa del centro della Francia) suonata da Vincent Boniface e la ghironda». E poi i giovani: «Il figlio del mio dentista suona il violoncello, mentre al violino c’è un compagno di classe di mia figlia. Ho riunito un po’ di generazioni attorno a questo album».

Una delle caratteristiche di Riccardo Tesi è proprio quella di andare alla ricerca di scambi di esperienze, di incontri. “Le vie dei canti” lo hanno portato a suonare con Ivano Fossati e Fabrizio De André, a dirigere festival, a comporre per un’orchestra di ottanta elementi, a collaborare con jazzisti come Gianluigi Trovesi ed Elena Ledda, solo per citare alcune delle sue “tappe”. 

«Mi hanno dato forti emozioni le collaborazioni con Fossati, De André e Gianmaria Testa», ricorda. «L’incontro con Fossati è quello che ha avuto una più grande influenza sulla mia carriera, perché mi ha avvicinato alla canzone d’autore e al sistema produttivo: ho conosciuto Stefano Melone, che poi è diventato il produttore ed il fonico di Banditaliana. Dal punto di vista musicale è stato fondamentale la collaborazione con Patrick Vaillant, mandolinista francese. Mi ha spinto a fare cose inusuali con l’organetto, ad andare oltre, suonando cose diverse, scoprendo aspetti segreti dello strumento. Comunque, tutte le collaborazioni ti lasciano qualcosa. Mi piace lo scambio di esperienze con altri musicisti. Da altre persone ti possono arrivare idee, suggestioni. Suonare con Gianluca Trovesi è stata una lezione di musica, e anche con gli Skiantos, anche se d’altro tipo. Con il siracusano Carlo Muratori, ad esempio, ho avuto un bello scambio: è un dei più grandi autori, ha testi bellissimi».

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