Storia

Il CD ha 40 anni e sta tornando

Il 17 agosto 1982 veniva pubblicato il primo album masterizzato su compact disc. Dopo essere stato sconfitto dalla musica in streaming e aver subito la rivincita del vinile, per il vecchio formato fisico si apre un barlume di speranza: vendite in ripresa

Soltanto quarant’anni ed è già un relitto. È il compact disc, il cd, che il 17 agosto 1982 lanciò il suo primo vagito con la voce degli Abba. The Visitors il titolo del primo album pop masterizzato su cd, mentre per la commercializzazione vera e propria, incluso il lettore cd, bisognerà aspettare il primo ottobre 1982 con l’uscita di 52nd Street di Billy Joel.

Quarant’anni dopo quei dischetti, pratici e meno fragili dei vecchi long playing, che avrebbero dovuto migliorare la qualità sonora, mandarono in soffitta il vinile. Erano gli anni Novanta, molti abbandonarono vaste collezioni e lasciarono che i giradischi scivolassero nell’obsolescenza. 

Poi la rivoluzione digitale. Che spazza via attività, settori, oggetti. Fra questi anche il cd. Si scoprono le ancor più pratiche piattaforme di streaming, la possibilità di avere alla portata di un click un archivio sterminato di musica, vecchia e nuova. Per il compact disc comincia un lento ma inesorabile declino. E mentre il mercato dei cd precipita verso il basso, quello del vinile comincia sorprendentemente a risalire. Molto probabilmente perché con il cd non è stato mai vero amore. L’antiquato disco nero con il buchetto al centro viene riscoperto prima proprio dagli audiofili, poi dai collezionisti, infine dagli acquirenti occasionali che abbinano con gusto un disco a una bottiglia di vino naturale. Tutti questi elementi si sono combinati per creare un solido mercato per il 33giri, come dimostra il numero crescente di negozi di dischi indipendenti in molte città. La domanda ha persino iniziato a superare l’offerta, tanto da far registrare il sorpasso del vinile sul cd. 

Nei primi tre mesi del 2021, infatti, secondo i dati Deloitte per Fimi, il vinile ha superato il cd per la prima volta dal 1991. Un sorpasso storico che vede il vinile crescere del 121% rispetto allo stesso periodo del 2020 generando maggiori ricavi rispetto al Cd. Quest’ultimo ha fatto registrare un calo del 6%. In un mercato dominato dallo streaming, che copre ormai circa l’80% del fatturato italiano, il vinile rappresenta oggi l’11% di tutte le vendite di musica in Italia.

Una collezione di compact disc

Ciò suggerirebbe che i segni vitali non sono buoni per i cd. Invece. Potrebbe sembrare uno scherzo, ma nel quarantennale della sua prima apparizione sul mercato, il compact disc potrebbe rinascere. E non è nel calcolo dei cicli storici della nostalgia e delle ondate di revival che ogni vent’anni riportano di moda le cose degli anni Ottanta, dei Novanta o dei primi anni 2000, e che hanno rianimato il vinile e le cassette. 

C’è un barlume di speranza per il cd. Il calo delle vendite è rallentato. Non è molto, ma è un inizio. Oggi i dati della Riaa, l’associazione dei discografici statunitensi, dicono che per la prima volta in 17 anni le vendite di cd sono salite da 31,6 milioni di pezzi a 46,6. È la prima volta in diciassette anni, anche se questo è stato quasi interamente dovuto all’album Adele. Il magazine Pitchfork è stato tra i primi ad accennare a un lieve revival del cd, mentre Discogs, il mercato chiave di vendita per la musica online, ha mostrato grandi balzi nel numero di cd venduti negli ultimi due anni, con alcuni fan più giovani che gravitano anche sul formato. E anche in Italia i numeri della Fimi, la Federazione dell’industria musicale italiana, confermano una tendenza al rialzo: le vendite sono cresciute nel 2021 del 10,6% all’interno di un comparto fisico che è invece esploso del 37,8%.

Dischi in vinile in esposizione in un negozio

Alle nuove attenzioni di artisti popolari nei confronti dell’oggetto vinile non è seguito uno sviluppo dell’industria dei vinili, di fatto ancora artigianale. Per stampare migliaia di dischi servono tempo, esperienza e macchine adatte, difficili da trovare. Le poche sul mercato sono state tutte prenotate e le aziende stampatrici devono arrangiarsi con reperti recuperati dagli anni Ottanta. L’offerta, insomma, non riesce a seguire la crescita della domanda, e i prezzi si alzano. «C’è oggi qualcuno in più che cerca il compact proprio per via del prezzo troppo alto di alcuni vinili», confermano alcuni commercianti.

E poi c’è il problema ambientale, al quale oggi molti giovani e diversi artisti sono sensibili. Il vinile è un polimero plastico sintetico: i granuli di PVC vengono scaldati, fusi e trasformati in dischetti simili a quelli dell’hockey, poi pressati e scaldati di nuovo. Il PVC contiene sostanze cancerogene e la produzione genera acque reflue.

Tutto questo, ovviamente, non equivale a un ritorno su vasta scala del vecchio dischetto. Ma la possibilità di un ritorno al passato è balenata quando Neil Young e Joni Mitchell, in contestazione con il podcast di Joe Rogan, hanno ritirato i loro album da Spotify. Una battaglia persa contro un gigante dello streaming, ma, nello stesso tempo, un segnale della precarietà della musica in streaming. Cosa accadrebbe se gli artisti, magari per contestare le magre royalties, decidessero di lasciare le piattaforme? O se Spotify litigasse con un’etichetta discografica? E se Spotify dovesse mai andare giù e fallire? Certo, sembra assurdo. Ma lo era anche per le Major del disco, eppure…

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