Disco

I segnali sonori della “Jungle” di The Blaze

Il nuovo lavoro dei due cugini francesi sin dalla copertina è un chiaro riferimento alla giungla urbana, alle sue ansie, ossessioni, paure. «Cerchiamo un aspetto umano nei luoghi che immaginiamo meno felici, e ne ricaviamo poesia e contrasti». «Facciamo del nostro meglio per trasporre le emozioni più universali possibili, lo facciamo attraverso la nostra musica, le immagini ed i live»
La copertina del disco

C’era tanta attesa per il nuovo capitolo discografico dei due cugini francesi, Guillaume e Jonathan Alric, in arte The Blaze. Si intitola Jungle ed è un chiaro riferimento (sin dalla cover) a quella giungla urbana abitata dagli ascoltatori del duo francese, dove ansie, ossessioni, paure ma anche felicità, frenesia, voglia di danzare sono il mood che permea tutto e tutti. Loro si fanno maestri cerimonieri di tutto ciò, lo fanno con il linguaggio musicale ma anche con quello visuale, si perché, tanta importanza è data ai loro video, che accompagnano i singoli. Il cinema e la fotografia sono d’altronde le loro passioni ed è per ciò che aggiungerei che l’estetica gioca un ruolo primario. 

Modernissimi nella proposta musicale, dove superano di un balzo il concetto di “french touch” che continua ad esserci ma come nota di fondo. Certo è musica da ballare, ma resta evidente il loro sforzo di uscire dalle maglie scontate di certa ambient-house per cercare accostamenti, magari inconsapevoli, con un maestro della EDM come Brian Eno. Musica da club, sì ma introspettiva, cerebrale, dominata da droni elettronici e fendenti di Roland TR808, che attraversano il cielo dell’urbe dei The Blaze. Così musica ed immagini funzionano come una vera e propria pellicola cinematografica.

«Facciamo del nostro meglio per trasporre le emozioni più universali possibili, lo facciamo attraverso la nostra musica, le immagini ed i live», dichiaravano qualche tempo fa i The Blaze. «Vogliamo che i nostri ascoltatori possano così costruirsi la loro storia personale e prendere ciò che li possa riguardare di più. Proprio come un film, appunto». 

Dopo un Ep d’esordio Territory (2017) con il relativo video, un impatto visivo pluripremiato, che ha totalizzato quasi 100 milioni di visualizzazioni. Poi è arrivato il loro debut album Dancehall (2018), che ha rafforzato ancora di più il loro status a lungo termine sulla scena musicale internazionale. È seguito un lungo tour mondiale. «Abbiamo trascorso quattro anni suonando live in giro per il mondo», affermano. «E quella esperienza ci ha profondamente segnato. Eravamo disposti a mantenere l’aspetto introspettivo che la nostra musica porta tenendo presente che le persone vengono anche a ballare quando ci vedono dal vivo». 

Così questo nuovo album risulta più solare, più dance oriented ma conservando anche un’aurea mistica. Il suono è come un muro compatto, con una tensione ritmica incessante e costante, che in molti brani parte lenta, in progressione verso un’orgia sonora finale. Impossibile stare fermi ma anche impossibile non riflettere, seguendone i testi. Le linee vocali s’intrecciano e hanno una aurea pastorale. Lullaby apre l’album con un loop minimalista di piano acustico e poi gradatamente il brano si fa deep-house, travolgendo l’ascoltatore. Clash è una lenta progressione pop piena di ottimismo dove i The Blaze svelano il loro desiderio di variare le trame vocali, favorendo armonie, unisoni e assoli, restando però sulla pista da ballo: «Questo è un disco per ballare, per i festival, per pogare», dicono i due artisti.  Arriva così il primo singolo Dreamer ed è fedele alla loro estetica: sottolinea la loro volontà di riconnettersi alle proprie radici, con il desiderio di ritrarre la vita di chi è ai margini. Nel video, bellissimo, nel ruolo del “sognatore” c’è Birane Ba, valente attore di colore della contemporanea nouvelle vague della commedia francese, in questo caso anche cantante, che offre una performance intrisa di determinazione e liberazione. Girato nel Sahara Senegalese all’insegna di una integrazione completa tra la band ed il personaggio protagonista: «Cerchiamo un aspetto umano nei luoghi che immaginiamo meno felici, e ne ricaviamo poesia e contrasti». Questa traccia racchiude tutta la filosofia e la spinta creativa dell’intero lavoro: energica, magnetica. 

Madly è un galoppo sonico con i cori all’unisono adatto a viaggiatori solitari nel buio della notte: «Per questo album, abbiamo davvero immaginato come sarebbe suonata la nostra musica dal vivo. Viaggiare, sentire davvero il pubblico e osservando le loro reazioni, ci ha spinto verso questa estetica». Haze è una canzone pop mid-tempo, vagamente acida, distopica, sorretta da un loop ritmico ipnotico. Una delle perle di questo lavoro.

Lonely è un’altra taccia dove risulta evidente la ricerca musicale del duo francese d’integrazione tra ritmica, melodia e progressione di accordi. Syren è una piccola perla preziosa di questo sorprendente album con incastri ritmici perfetti e trascinanti, dal sapore techno che si fa stordente fino al finale, dove lo stop improvviso arriva a svegliarti da un rischio concreto di estasi ipnotica. 

Guillaume e Jonathan Alric, in arte The Blaze (foto Sarah Makharine)

Con Bloom ed Eyes restiamo nella “forma canzone” che cerca l’equilibrio tra la pista da ballo e la voglia di comunicare sentimenti e richiedere riflessioni a chi ascolta. Dust è la traccia che chiude degnamente l’album: inizia con una sequenza elettronica sulla quale s’innesta una vocalità quasi mistica poi il ritmo prende il suo posto gradatamente in una progressione, che già abbiamo ben conosciuto ed apprezzato, nell’intero album. Tutto si fa sintetico, ma non mancano accordi melodici che ci danno speranza che da qualche parte ci sia un’uscita positiva: niente è perduto. 

Album di sperimentazione, certamente, che resta costantemente sintonizzato con l’attualità del mondo dove convivono il bene ed il male. Pensato da due francesi nella migliore tradizione della loro sensibilità artistica. Ma c’è spazio, eccome, di pensare anche a lasciarsi andare verso forme di moderne danze tribali senza ausili alchemici se non la stessa onda sonica del disco, che basta ed avanza. Da fine marzo The Blaze ricominciano un nuovo tour mondiale (con tappa anche per due weekend all’importante festival di Coachella, in California, che misura le frontiere della musica moderna contemporanea) che li porterà anche in Italia il 15 luglio a Roma e forse anche a Milano.

C’è vita sul pianeta The Blaze? Lo scopriremo solo vivendo, intanto godiamoci questo modernissimo lavoro di musica contemporanea.

Le date del tour

03.28 – EVENTIM APOLLO, London/UK

03.31 – ARENA VELODROM, BERLIN/DE l SOLD OUT

04.02 – CEREMONIA, Mexico City/MX

04.05 – LA SEINE MUSICALE, Paris/FR l SOLD OUT

04.14 – 1015 FOLSOM, dj set, San Francisco/US

04.16 – COACHELLA, Indio/US

04.23 – COACHELLA, Indio/US

05.13 – SANDBOX FESTIVAL, dj set, Hurghada/EG

06.02 – WE LOVE GREEN, Paris/FR

07.01 – DOWN THE RABBIT HOLE, Ewijk/NL

07.07 – BILBAO BBK LIVE, Bilbao/SP

07.13 – DOUR FESTIVAL, Dour/BE

07.15 – VIDEOCITTA, dj set, Rome/IT 

07.20 – MUSIC I LEJET, Tisvildeleje/DK

07.22 – LES NUITS SECRETES, Aulnoye Aymeries/FR

07.25 – LES NUITS DE FOURVIERES, Lyon/FR

07.29 – LES ESCALES, Saint-Nazaire/FR

08.25 – FESTIVAL ROI ARTHUR, Bréal Sous Montfort/FR 

08.31 – KALORAMA FESTIVAL, Lisbon/PT

09.02 – CALA MIJAS FESTIVAL, Mijas/SP

09.03 – SUPERBLOOM, Munich/DE

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